L’attualità del Concilio Vaticano II
Raniero La Valle
, da il manifesto, 12 ottobre 2012
C’è il rischio che il Concilio sia mal ricordato. Perché non si tratta di commemorarlo come un evento buono o cattivo, che abbia fatto bene o male alla Chiesa e al mondo. Se i cinquant’anni dal Vaticano II dovessero essere celebrati così, sarebbero passati invano. Perché vorrebbe dire che esso è finito, è un oggetto del passato, da dare in mano agli storici e ai cerimonieri. Invece il Concilio è il modo in cui essere cristiani oggi.
E pertanto va interrogato come un evento in corso, capace di svelare significati e prospettive che prima non si erano colte, non note nemmeno a quelli che il Concilio lo fecero.
Il Concilio parla della Chiesa di oggi, e di che cosa può essere. Come era la Chiesa di ieri ce lo siamo dimenticato, e ce ne rinfrescano la memoria quelli che in nome della Chiesa di Lepanto parlano all’Infedele, quelli che da Ecône ripetono il verbo dello scisma di Lefebvre. A sentirli, a partire dall’esperienza e dalla cultura di oggi, si direbbero degli estremisti, degli intolleranti, degli esponenti di piccole minoranze impaurite e assediate. Ma non sono affatto estremisti o settari, sono semplicemente lo specchio della chiesa di ieri. Era la Chiesa che alla Rivoluzione francese addebita tutti i mali degli ultimi due secoli, dalla libertà di coscienza al terrorismo; era una Chiesa che giustamente parlava latino, perché tanto le preghiere della liturgia non doveva capirle chi le faceva, ma Dio a cui erano rivolte; una Chiesa che odiava il mondo pensando così di preservare se stessa, una Chiesa tutta Papa e niente vescovi e popolo, una Chiesa senza Sacra Scrittura, perché ai cattolici non venisse in mente di cercarne il senso al di là di quello letterale o allegorico consentito.
E se vogliamo usare le parole dell’Abbé de Cacqueray, responsabile della Chiesa lefebvriana per la Francia, in un sermone del 2009, la Chiesa cattolica com’era e com’è sarebbe il luogo esclusivo della vera religione; «conseguentemente tutte le altre religioni o per meglio dire quelle che per abuso di linguaggio sono chiamate religioni, non possono venire da Dio, sono delle favole, sono delle affabulazioni, sono delle menzogne, sono delle trasgressioni, sono delle perversioni della religione vera; certo esse possono detenere alcune verità ma in tal caso queste verità si trovano in queste religioni come prigioniere, come schiave di sistemi erronei, e hanno conservato delle particelle di verità al solo scopo di poter meglio sedurre e ingannare gli uomini, in quanto il solo falso non sarebbe in grado di attirarli». E se così è detto delle religioni, figurarsi cosa dovrebbe dire la Chiesa di ideologie e culture.
Se la Chiesa fosse rimasta questa, non avrebbe potuto salvare la Tradizione, a cui giustamente i tradizionalisti sono attaccati, perché la fede sarebbe diventata impredicabile agli uomini e alle donne di oggi, e forse sarebbe stata ingoiata in quelle guerre di religioni e scontri di civiltà in cui, secondo i profeti e gli artefici di sventura, dovrebbe andare a concludere la globalizzazione «postmoderna».
Ma la Chiesa non è più così. Certamente, riguardo alla riforma istituzionale della Chiesa, il Concilio è rimasto inadempiuto, le strutture sono di poco imbellettate e della collegialità neanche a parlarne. Ma proprio nella sua finalità «pastorale» ha rinnovato e «aggiornato» il racconto della fede e ha avuto un esito potente innescando un processo, di cui oggi non possiamo conoscere gli sviluppi, di riconciliazione dell’umanità con Dio.
I detrattori del Concilio dicono che a causa sua le chiese oggi sono vuote, i seminari deserti e i monasteri sono diventati troppo larghi. Ma queste statistiche parlano della secolarizzazione, assai più che della Chiesa del Concilio. Le vere statistiche non si possono fare, ma secondo la specifica finalità della Chiesa, dovrebbero chiedersi non se le chiese sono più vuote, ma se i cieli sono più pieni, cioè in che misura l’offerta di salvezza arriva agli uomini di oggi. Secondo la Chiesa rimpianta dai tradizionalisti la maggior parte degli esseri umani ne sarebbe esclusa: ebrei, musulmani, atei, modernisti, liberali, comunisti, divorziati, coppie di fatto, tutte le donne della pillola e degli aborti, e anche tutti i bambini, di famiglie cristiane o no, morti senza battesimo. La Chiesa di cui è detto che ciò che lega in terra è legato anche in cielo, aveva molto stretto i legami, rischiando non tanto i seminari deserti, ma i cieli deserti.
Il Concilio della stessa Chiesa ha fatto una Chiesa di misericordia, di speranza e di apertura. Ne ha ripreso tutta la tradizione, ha riletto tutti i concilii, ha preso atto di quanto fosse cresciuta nei secoli, grazie alla riflessione dei vescovi e di tutti i credenti, la comprensione del Vangelo e delle Scritture, ed è diventata capace di dire parole nuove al mondo, che forse lo aiuteranno non solo per il cielo ma anche per la terra. Può darsi che solo poche di queste parole finora siano state dette, ma nell’anniversario del discorso di Papa Giovanni alla Luna, si può pensare che nuove e più alte parole verranno.
(12 ottobre 2012)
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