Lavoro e crisi capitalistiche
Guglielmo Forges Davanzati
In questo libro Riccardo Bellofiore – professore di Economia Politica all’Università di Bergamo – si occupa della categoria del lavoro e della liberazione dal lavoro, e lo fa a partire dallo studio delle teorie del valore in Smith, Ricardo, Marx e da una peculiare rilettura di Sraffa e di Keynes.
L’obiettivo è fornire una rivisitazione del contributo di questi autori, accomunati, pur nelle diverse declinazioni delle loro teorie, dal tentativo di espellere dall’analisi della formazione dei prezzi variabili soggettive riconducibili alle preferenze esogene dei consumatori e accomunati anche dalla centralità attribuita al lavoro umano nell’analisi delle dinamiche capitalistiche.
Il libro si propone anche di fornire e chiavi di lettura per comprendere a fondo le dinamiche che spingono il capitalismo a crisi ricorrenti.
Il libro raccoglie una serie di contributi già pubblicati dall’autore dal 1983 a oggi: saggi scritti in un continuo confronto con i principali maestri dell’autore, ovvero Claudio Napoleoni, Augusto Graziani e Hyman Minsky. In tal senso, lo si può rubricare nella lista (ormai sempre più esigua) di studi che si collocano nell’ambito di quella che è possibile definire “alta teoria”: una teoria economica che interagisce con la Storia, la Filosofia, la Politica e con altre scienze sociali su un massimo livello di astrazione.
Si è ben lontani dunque dalle mode della scienza economica dei nostri tempi: mode che spingono sempre più nella direzione della ricerca del dato empirico e nella sua elaborazione con tecniche econometriche sempre più sofisticate e che, al tempo stesso, rendono l’Economia sempre più ‘imperialistica’. In altri termini, la scienza economica dei nostri tempi – assumendo come campo d’indagine lo studio di problemi di allocazione di risorse scarse fra usi alternativi dati – si autolegittima a occuparsi di qualunque scelta venga effettuata da individui razionali e perfettamente informati. Spesso questi esercizi cadono nella totale irrilevanza, dal momento che né spiegano fenomeni, né prevedono, né sono utilizzabili per prescrizioni di politica economica. Li caratterizza la totale depoliticizzazione del discorso economico e la supposta superiorità delle tecniche statistiche sulla teoria.
In questo contesto, il ritorno ai classici è benvenuto. Il libro è strutturato in otto capitoli e due appendici.
Il primo capitolo è dedicato ad Adam Smith e in particolare alla sua teoria del valore. Bellofiore rileva che è innanzitutto impossibile leggere la Ricchezza delle Nazioni senza tener conto delle riflessioni smithiane contenute nella Teoria dei sentimenti morali e che, in secondo luogo, è estremamente riduttivo ricondurre Smith a un puto apologeta del mercato e del capitalismo. Da questo punto di vista, Smith è innanzitutto un teorico del superiore potere contrattuale del capitalista sul lavoratore nel mercato del lavoro e della tendenza propria della comunità dei masters a comprimere i salari. Si recupera anche lo Smith che vede nella divisione del lavoro un fattore sì di crescita economica ma anche di ‘ottusità’ dei lavoratori.
Ciò beninteso non vuol dire attribuire a Smith una compiuta analisi del capitalismo come formazione sociale intrinsecamente conflittuale, ma considerare la sua opera propedeutica alla costruzione della teoria economica ricardiana e poi marxiana. I capitoli successivi sono dedicati a Ricardo e a Marx. Qui, Bellofiore – nel continuo dialogo con Hegel e filosofi contemporanei – restituisce una teoria del valore che, in particolare, in Marx è monetaria e macro-fondata. In altri termini, l’autore suggerisce di rileggere Marx alla luce della sequenza D-M-D’ (denaro, merce, denaro), con anticipazione dei salari monetari e realizzazione di un sovrappiù monetario al termine di ogni circuito economico.
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Il capitolo quinto, dal titolo “La solitudine di un maratoneta” – è dedicato ai controversi rapporti fra Piero Sraffa e il marxismo. L’autore propone una rilettura dell’opera di Sraffa che, distanziandosi dalle visioni neoricardiane, imputa a Sraffa una implicita adesione alla teoria del valore che rinvia, a sua volta, alla dimensione ‘macrosociale’ della stessa, così come presente in Marx (si vedano, in particolare, le pp. 273 ss.). Qui Bellofiore si cimenta – in linea con Graziani – in una battaglia teorica contro la vulgata neoricardiana, che tende ad assumere la superiorità teorica di Ricardo (e di Sraffa) rispetto a Marx, relegato da alcuni interpreti come un prosecutore delle teorie di Ricardo.
Il lettore avrà la possibilità di approfondire in dettaglio una tesi nuova nel panorama del marxismo contemporaneo: tesi che rilegge Marx alla luce della teoria del circuito monetario così come elaborata da Augusto Graziani a partire dagli anni settanta del Novecento.
Sul piano della politica economica, la posizione di Bellofiore è ascrivibile a quella che veniva definita ‘conflittualista’ (in contrapposizione alla visione ‘compatibilista’): si tratta in sostanza di recuperare il Keynes della socializzazione della produzione, degli investimenti e della finanza e di intervenire sulla distribuzione del reddito a partire da mutate condizioni politiche, creando le condizioni affinché la classe operaia possa decidere in ordine al cosa, al quanto e al dove produrre, ovvero possa determinare la scala e la composizione merceologica della produzione.
In trecento fitte pagine di rivisitazione critica della categoria del lavoro, Riccardo Bellofiore si conferma economista non allineato, non conformista e fuori dal coro, così come lo è stato nelle sue numerose pubblicazioni: a partire dalle sue analisi sulla teoria del circuito monetario per passare alle sue riflessioni sulla crisi dell’Unione Monetaria Europea per terminare, anche con il libro qui segnalato, al recupero degli economisti classici secondo una chiave interpretativa diversa da quella normalmente adottata.
Va rilevato, in conclusione, che il volume qui segnalato si presta anche a usi didattici, soprattutto nei corsi di Economia Politica nei quali i docenti pongono attenzione alla dimensione storica e politica della disciplina.
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