Dal lavoro la sfida a Berlusconi

MicroMega

di Emilio Carnevali

Sarebbe un errore liquidare il congresso costitutivo del Pdl come la solita, debordante, liturgia berlusconiana di celebrazione ed incoronazione del capo. Innanzitutto perché questa innegabile dimostrazione di forza giunge nel bel mezzo di una gravissima crisi economica che in Europa ha fatto già saltare più di un governo e che qui da noi, al contrario, non sembra far altro che rafforzare il consenso dell’esecutivo.
I dati che fotografano la realtà e le previsioni per il prossimo futuro sono impressionanti: il calo del Pil nel nostro Paese per il 2009 è stimato dall’Ocse al 4,3% mentre la disoccupazione passerà dal 7,4% del 2008 all’9,9% per arrivare al 10,9% nel 2010. A fronte di una situazione così allarmante il nostro governo non ha fatto praticamente nulla. Stati Uniti, Cina e Giappone hanno varato politiche fiscali espansive di ingente portata, non così l’Europa – edificata sui dogmi rigoristi di Maastricht – che sta a guardare sperando di succhiare il benefico effetto sulle esportazioni prodotto dal supporto altrui alla domanda interna. L’Italia è ultima fra gli ultimi, avendo destinato alle misure anticrisi anche meno (0,5% del Pil) di quanto hanno destinato Germania (2,8%), Spagna (2%), Regno Unito (1,4%), Francia (1,3%), Olanda (1%) e Polonia (0,8%).
Nonostante ciò il consenso del governo tiene e, anzi, sembra addirittura rafforzarsi. Capire perché ciò avviene – al di là del noto (ma non per questo da sottovalutare) strapotere del premier sul mondo dell’informazione – sarebbe indispensabile per cercare di costruire una opposizione efficace. Ricordiamoci innanzitutto che la campagna elettorale del 2008 ha segnato una netta discontinuità rispetto al passato, con un Berlusconi non più prodigo di mirabolanti promesse (ad eccezione di una proposta-bandiera molto popolare, per quanto altamente regressiva, come quella dell’Ici sulla prima casa) e un Veltroni che parlava di un "nuovo miracolo economico". Il volto del governo uscente era quello di Prodi e Padoa Schioppa, ovvero quello della tecnocrazia di Bruxelles. Quello del governo Berlusconi ha preso sempre più le sembianze dell’immaginifico ministro Tremonti, che con i suoi strali contro il "mercatismo" della sinistra ha dato una serie di risposte, per quanto rimaste relegate al piano del simbolico, alle paure di vasti settori del mondo del lavoro (un tempo asse portante della visione e del progetto politico della sinistra) comprendenti i lavoratori poco qualificati – costretti a misurarsi con la concorrenza diretta degli immigrati e con la vasta ristrutturazione industriale indotta dalla globalizzazione – e la piccola e media impresa a basso contenuto di capitale – sempre più in difficoltà a competere con i bassissimi costi del lavoro delle economie emergenti come la Cina. Il centrodestra ha inoltre condito la sua strategia con dosi massicce di terrorismo (nel senso letterale di "metodo di governo fondato sul terrore" – Devoto Oli) dalle esplicite connotazioni razziste e xenofobe.
È significativo il fatto che al congresso di scioglimento di An le parole che più sono risuonate dal palco, oltre a "Patria" e "Sicurezza", fossero "Socialità" e "Comunità". Tra le invettive più feroci ci sono state quelle contro i banchieri italiani in fila alle primarie per votare il segretario del Partito democratico (immagine che, effettivamente, è piuttosto significativa).
Anche al congresso del Pdl i toni erano piuttosto diversi dalla retorica turbocapitalistica delle origini di Forza Italia (fra i primi a denunciare, in tempi non sospetti, questo "cedimento culturale" c’è stato, non a caso, il "Chicago boy" Antonio Martino). Con questo non si vuole affermare che Berlusconi abbia anche solo attenuato i tratti smaccatamente classisti che da sempre caratterizzano la sua politica. La controriforma dei contratti, lo smantellamento del testo unico sulla sicurezza, l’attacco al diritto di sciopero, sono solo tre fra le più recenti iniziative che ci mostrano cosa c’è dietro la retorica neosocialisteggiante del campo berlusconiano (retorica, per altro, molto simile a quella corporativista del regime fascista).
Ma questa retorica è efficace, vince, produce un consenso sempre più maggioritario. La risposta dell’opposizione parlamentare a tutto questo è stata debolissima, praticamente inesistente (compresa quella dell’Italia dei Valori, che ha presentato delle proposte anticrisi del tutto inadeguate). Sul testamento biologico nel Pd ci sono state polemiche a non finire, e giustamente, visto che la laicità dovrebbe essere un valore sul quale in un moderno partito di cultura liberale non dovrebbero esserci dubbi. Ma sulla mancata partecipazione allo sciopero generale di metalmeccancici e funzione pubblica della Cgil nessuno ha detto niente, nonostante sia stata la prima volta nella storia repubblicana che il maggiore partito dell’opposizione non aderisce a uno sciopero del maggior sindacato italiano. Da questo punto di vista la scomparsa dal parlamento delle formazioni di sinistra, che con tutti i loro limiti qualche proposta di buon senso sulla crisi in questi mesi l’hanno tirata fuori, non ha certo contribuito a mantenere il tema del lavoro e della politica economica al centro del dibattito politico.
Sabato scenderà in piazza la Cgil. È un appuntamento importante per il Paese e fondamentale per la ricostruzione di un movimento di opposizione al governo Berlusconi. Speriamo che da qui possa ripartire una controffensiva. Ne abbiamo dannatamente bisogno.

(1 aprile 2009)



MicroMega rimane a disposizione dei titolari di copyright che non fosse riuscita a raggiungere.