Le liste invotabili e Ginevra Bompiani

Paolo Flores d’Arcais



Domenica, alle urne, non ci sono liste votabili. Per una ragione o per l’altra (le ho esposte via via su MicroMega e sul sito) sono tutte invotabili. E qualcuna anche oltre, poiché mette pesantemente a rischio la Costituzione repubblicana (il pre-fascismo di Salvini, che con Meloni e ciò che resta di Berlusconi supera il 40%, soglia con cui alle politiche si prende tutto e si può cambiare la Costituzione stessa).

Eppure bisogna votare. Non votare non è tecnicamente possibile. Chi non si reca ai seggi o annulla la scheda o la lascia in bianco, crede di non votare, ma dal punto di vista della rappresentanza il suo “non voto” sanziona invece il voto degli altri. In termini di rappresentanza, tecnicamente, è come aver diviso il proprio suffragio nelle proporzioni in cui ha votato il resto dei cittadini. Chi non vota è come se si facesse rappresentare per un terzo da Salvini, un quarto o un quinto da Di Maio e da Zingaretti, ecc. A mio parere tutti invotabili, e Salvini (con Meloni e cascami di Berlusconi) oltraggioso per la democrazia repubblicana (nata dalla Resistenza), che mette a repentaglio (nella beata cecità di troppi).

Cosa votare, allora, visto che sottrarsi al meccanismo di essere rappresentanti è un’illusione?

Personalmente non voterò “cosa”, ma voterò “chi”: voterò Ginevra Bompiani, anzi “Ginevra Roberta Bompiani”, come scritto nelle liste che ciascuno troverà affisse nei seggi della Circoscrizione centro. Una signora di straordinaria cultura e di caratura e coerenza democratica certissime (cosa sempre più rara). Per farlo dovrò votare la lista “la Sinistra”, esercizio faticoso e imbarazzante, poiché promossa e controllata dalle micro nomenklature dei residui tipo Rifondazione. So benissimo che votando una donna di assoluta indipendenza e di cristallino spirito critico, rischio poi di far eleggere un Fratoianni, cioè la più stantia politica di nomenklatura gruppuscolare. Ma altre possibilità non ne vedo.

Non si tratta del “meno peggio”. Se le liste fossero tutte di personalità della società civile come Ginevra Bompiani, e di coerenza per “giustizia e libertà”, vivremmo in un’altra Italia, una sinistra ci sarebbe (non solo come flatus vocis) e Salvini non sarebbe mai diventato una figura rilevante (nemmeno Di Maio).

Si tratta, piuttosto, di lucidità nella disperazione. Perché la situazione attuale non offre nessuna speranza, è doveroso non nasconderselo. Molti sostengono che andrebbe votato il M5S, visto che lo scontro è oggi interno al governo, il rischio per la democrazia è Salvini più le altre due destre di odio per la Costituzione antifascista, e il movimento fondato da Grillo l’unico katéchon possibile. A prima vista sembra realistico e ragionevole, a patto di ipotizzare un M5S in grado di interpretare la propria rimonta elettorale (dovuta alle posizioni “di sinistra” prese nell’ultimo mese). Il che non è: hanno già detto che vogliono continuare con questo governo.

E allora resta solo la via della lucida disperazione, della testimonianza e della resilienza, come oggi si dice, perché un nome di valore della società civile nelle liste “la Sinistra” si trova in ogni circoscrizione. Disperazione temporanea e resistenza intransigente, continuando ad agire, ciascuno nel raggio più o meno angusto delle sue possibilità di influenza, perché maturi il brodo di coltura dove dei trentenni e dei ventenni facciano nascere al più presto – probabilmente “al meno tardi” – quella sinistra egualitaria e illuminista, antipartitocratica e laicissima, di cui l’Italia ha bisogno come d’ossigeno.

(24 maggio 2019 – ore 19 e 30)






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