Le orde di Silvio Sauron, Signore degli anelli e di molto altro
di Pierfranco Pellizzetti
Nello spaghetti-fantasy della politica italiana, le orde di Silvio Sauron, signore degli anelli e di molto altro, sono composte in larga misura da orchi e orchetti: i Maurizio Gasparri e le Laura Ravetto, già descritti con grande efficacia da Andrea Scanzi su questo stesso schermo, insieme agli Antonio Capezzone e i Maurizio Lupi. Orridi mostri e mostriciattoli ululanti e senza storia, che ci fanno fremere di orrore e indignazione per la loro belluinità. Ma anche intimamente ridicoli, perché li sappiamo creati dalla melma e che torneranno melma alla scomparsa del loro creatore.
Ben più inquietanti e – tutto sommato – tragici sono i Nazgúll al loro fianco; cavalieri-fantasma che una storia personale pure ce l’avevano, ma che sono stati ridotti così dall’incantesimo-maleficio scaturito dal semplice contatto con il loro Signore e le sue arti seduttive; cui hanno venduto l’anima per un miserevole “tessoro”.
Anche principi perduti, come il più insigne di quei Nazgúll: Lucio Colletti, il filosofo marxista che trascorse penosamente gli ultimi anni dell’esistenza intristendo in Parlamento sui banchi di Forza Italia; affondando nello squallore della frequentazione ininterrotta di giullari e cerebrolesi, di Gollum tipo Sandro Bondi.
Che pena. La stessa pena che procura ogni apparizione televisiva di un fantasma con un certo passato quale Fabrizio Cicchitto. Uno che, da giovane emergente socialista, poteva vantare l’onore di essere stato preso a ceffoni niente meno che da Riccardo Lombardi; quando il vecchio Gandalf della politica democratica e progressista di un tempo che fu, lo cacciò dalla Sinistra PSI avendo saputo della sua presenza nelle liste della loggia P2 del Maestro Venerabile Licio Gelli (una sorta di Saruman antemarcia, il mago malvagio pronto ad allearsi con Sauron).
Ora Cicchitto, pur di restare alla corte del Signore scuro, si è adattato al compito di vice titolare dell’ufficio “colpi bassi e porcate”. In maniera sempre più fantasmatica, tanto da subire un’ulteriore metamorfosi: quella in un disco rotto, che ripete all’infinito l’immutabile repertorio di sconcezze. E il ghigno da invecchiato ragazzotto petulante qualche volta si increspa in una piega amara, forse nell’improvvisa consapevolezza della miseria in cui è precipitato. Anche i servi-Nazgúll riescono a ricordare? Forse mantengono ancora un barlume di consapevolezza che l’orda si è ingrossata con l’arrivo dei pirati della Lega, sempre “pronti al loro lavoro di coltello”. Mentre – nel frattempo – il gigantesco ragno Shelob, mutazione genetica dell’avvocato Ghedini, tesse la sua tela avvelenata di cavilli per catturare i poveri, teneri, hobbit del Partito Democratico. Mentre fa azione di disturbo un alleato a intermittenza di Silvio Sauron: quel Marco Pannella pronto persino a lasciarsi morire pur di rientrare nel tubo catodico televisivo; ma anche disponibilissimo ad abbandonare la difesa delle mura incontaminate di Minas Thirith in cambio di una sempre più precaria visibilità (e per continuare nelle sempre più faticose giravolte che, in passato, gli consentirono di spillare un po’ di quattrini perfino al Signore dell’anello). Tanto per stare sempre nei giochi da vero rieccolo e – così – gratificare col protagonismo un parossistico narcisismo. Come quando, agli albori di Tangentopoli, raccoglieva all’ora del cornetto la confraternita dei parlamentari inquisiti, di cui e delle cui malefatte si era eletto difensore.
Ora, beneficiato di un po’ di spazio mediatico dal massiccio Gimli e accolto ad Annozero, bofonchia la formula magica cui, dalla notte dei tempi, affida la propria sempre più problematica sopravvivenza: “siamo in un regime in cui tutti sono uguali (tranne me)”. Dunque l’indistinguibilità teorizzata di Silvio Sauron dai suoi perdenti avversari. Bella mossa! Silvio Sauron ringrazia per i fumogeni che rafforzano gli obnubilamenti magici e magari…
Un altro patetico disco rotto, che gira a vuoto nella speranza di qualche inutile voto alle elezioni europee.
Comunque sia, la differenza sostanziale tra lo spaghetti-fantasy e il classico fantasy di John Ronald Tolkien è che non si vedono all’orizzonte né Aragorn, né Legolas; e neppure il coraggioso Frodo, in marcia per gettare nelle fornaci del Monte Fato l’anello del maleficio con cui Silvio Sauron ha sottomesso al proprio volere la vita e il destino di tutti noi.
PFP
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