LE PAROLE DELLA LAICITÀ – Famiglia
Edoardo LombarVallauri
Il senso in cui oggi in Italia viene usata la parola famiglia è spesso un senso truffaldino, abusivo, che provoca (come minimo) una profonda irritazione in chi se ne rende conto. Può essere interessante descrivere da vicino il tipo di procedimenti che determinano questo risultato. Per farlo, occorre un preambolo su alcuni meccanismi generali di costituzione dei significati.
Il valore delle espressioni linguistiche è veicolato solo in parte dal significato che le parole hanno sul dizionario, detto significato convenzionale, e dalle regole della grammatica che determinano il significato composizionale degli enunciati. Moltissimo senso è affidato ai significati impliciti che il destinatario aggiunge mettendo in relazione l’enunciato con il contesto. Ad esempio, se diciamo che Gianna ha finito il suo libro, non diciamo se ha finito di leggerlo, di scriverlo, di rilegarlo, al limite di mangiarlo (se Gianna è una capra); ma il destinatario integrerà questa porzione di senso in base a informazioni contestuali.
Un tipo particolarmente interessante di integrazione del significato "a cura del destinatario" sono quelle che negli anni 1960 il filosofo del linguaggio britannico Paul Grice ha chiamato implicature conversazionali. Questi significati scaturiscono dal fatto che i parlanti sono abituati a interpretare qualsiasi messaggio come utile e cooperativo. Ad esempio, nel seguente dialogo, se preso letteralmente, il parlante B non avrebbe risposto alla domanda del parlante A:
A – È tornato Gianni da Parigi?
B – Poco fa ho visto una bici rossa davanti al negozio di fiori
Eppure A capisce che Gianni è tornato da Parigi, collegando la risposta ai fatti a lui noti che Gianni ha una bici rossa ed è fidanzato con la fioraia. Questo avviene perché A dà per scontato che B sia stato cooperativo, cioè abbia voluto produrre un enunciato che ha senso in quel contesto: dunque, che mediante il suo enunciato abbia voluto rispondere alla domanda di A sul ritorno di Gianni da Parigi. Allora, partendo dalla bici e dal fioraio, A cerca del significato da aggiungere, che renda l’enunciato di B utile e sensato. Addirittura, se non sa niente della bici e del legame con la fioraia, potrà dedurre che esse hanno attinenza con Gianni proprio dal fatto che vengono introdotte nella risposta di B. Il contesto è comunque molto importante, perché se invece i due parlanti sapessero che ad avere una bici rossa è Piero, rivale di Gianni nel cuore della fioraia, la risposta significherebbe che Gianni non è tornato da Parigi.
Le ragioni per cui usiamo spessissimo enunciati dove parte del senso viene integrato mediante implicatura sono molte. Una è che così diamo più informazioni: se nel dialogo qui sopra il parlante B avesse solo detto Sì, è tornato, avrebbe risposto alla domanda di A ma non gli avrebbe detto da dove traeva l’informazione. Un’altra è questa: se a introdurre un certo contenuto non è l’emittente ma il destinatario, è molto meno probabile che quest’ultimo lo metta in discussione. Se qualcuno ci dice qualcosa espressamente, siamo portati a riconoscere la sua intenzione di influenzarci, e non ci fidiamo. Quindi, se si tratta di un contenuto discutibile, ce ne accorgiamo e lo rifiutiamo. Se invece lo stesso significato siamo noi stessi a costruirlo aiutandoci con il contesto, cioè se in buona parte gli autori di quel contenuto siamo proprio noi, tendiamo a prenderlo per buono. [1]
Forse l’impiego più invasivo dell’implicatura è quello che non si limita a indurre un contenuto nella mente dei destinatari, ma addirittura ridefinisce il linguaggio. E qui veniamo al destino della parola famiglia. In questo recentissimo esempio di propaganda politica e ideologica, il messaggio non nasconde di essere schierato, e apparentemente la Lega Nord si limita da un lato a difendere con forza la famiglia, dall’altro a dichiararsi contraria ai matrimoni omosessuali; entrambe le cose a viso aperto.
Ma l’effetto persuasivo più importante è un’altro, ed è ottenuto nascondendolo nel contenuto implicito. Infatti l’accostamento delle due dichiarazioni esplicite (Giù le mani dalla famiglia – No a matrimoni omosessuali) genera l’implicatura che queste siano fra loro attinenti, e quindi, crucialmente, che famiglia sia solo quella "regolare" nata da una coppia dei due sessi. Se difendere la famiglia è coerente col rifiutare i matrimoni omosessuali, se ne implica che le coppie omosessuali non sono famiglie. Allo stesso modo, se durante un ricevimento in casa di amici una madre dice al figlio: "Comportati in modo educato: non toccare quel soprammobile", il ragazzino (le cui idee sono in formazione) si convincerà che toccare i soprammobili in casa degli altri è maleducazione. Qui, i meno attenti fra i destinatari della propaganda della Lega saranno portati a identificare la famiglia in modo assoluto ed esclusivo con quella tradizionale; e lo saranno di più che se la Lega dicesse apertamente: è famiglia solo quella di una coppia eterosessuale. Certo, quando si rivolge a chi ne è già convinto, la Lega può parlare apertamente; ma nel caso degli indecisi, degli ancora influenzabili, l’affermazione esplicita genera reazione critica e possible rigetto, mentre l’implicatura arriva più facilmente a stabilire quel contenuto fra le loro convinzioni.
Insomma, questo messaggio fa parte di una vasta strategia che mira a definire il significato stesso di famiglia, appropriandosi della parola per condurre tutti a pensare che "famiglia" sia solo quella. Questo è un effetto persuasivo che influenzerà la mentalità e le future scelte dei destinatari molto più efficacemente delle semplici, aperte dichiarazioni di preferenze antiomosessuali contenute nella parte esplicita del messaggio.
L’efficacia dell’implicatura e la sua "neutralità", cioè la sua capacità di mettersi al servizio di qualsiasi punto di vista, si rivelano nell’esempio immaginario, leggermente ma decisivamente modificato rispetto a quello originale, che proponiamo qui sotto.
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