Le ragioni del voto di protesta di un torinese di estrema sinistra
Dopo aver espresso il mio consenso, al primo turno, alla proposta politica rappresentata da Giorgio Airaudo, ho deciso di votare Chiara Appendino, candidata del M5S, pur essendo un elettore di estrema sinistra.
Innanzi tutto ho protestato contro un PD che, sia a livello locale sia nazionale, ha promosso e testardamente sostenuto la realizzazione del progetto per la costruzione del Treno ad Alta Velocità in Val di Susa.
In secondo luogo ho voluto "protestare" contro una legge elettorale maggioritaria a doppio turno già in vigore da anni – quella per l’elezione dei sindaci – ed una legge elettorale che sta per entrare in vigore e rischia di consegnare il potere esecutivo e quello legislativo ad una forza politica (qualunque essa sia) che rappresenterebbe probabilmente una ristretta minoranza – il cosiddetto "ITALICUM", una "legge truffa" elevata al l’ennesima potenza. Il mio voto all’Appendino ha voluto significare che se mi si chiede solo e costantemente un voto "utile", ossia un voto con cui a priori non ho la possibilità di esprimere né le mie idee né di tutelare i miei interessi materiali, non resterò a casa per recitare tra le quattro mura della mia abitazione un onanistico “ritiro sull’Aventino”, ma voterò sempre il nemico del mio nemico (salvo il caso eccezionale in cui fossero in discussione la libertà di stampa, di associazione politico-sindacale, di sciopero).
Detesto la retorica concernente il "diritto" dell’elettore a conoscere, la sera delle elezioni, chi lo governerà. Disprezzo la retorica altrettanto antidemocratica contro l’idea che il governo del Paese non debba esser affidato ad una coalizione di forze politiche che si forma in Parlamento DOPO le elezioni in nome della guerra ad ogni forma d’inciucio. Discorsi e pratiche politiche che possono solo favorire l’affermazione di un potere oligarchico e di forze politiche nella sostanza centriste che hanno e propongono una concezione paternalistica della tutela degli interessi materiali delle classi meno abbienti.
Infine e soprattutto ho voluto esprimere il mio desiderio di poter sconfiggere quello che oggi incarna il ruolo di nemico principale delle classi meno abbienti, ossia il PARTITO cosiddetto DEMOCRATICO: non a causa della arroganza di Renzi e della classe dirigente che egli ha imposto a quella forza politica, ma per le politiche che da decenni il PD e i partiti da cui deriva hanno promosso – politiche che hanno trovato nell’azione di Renzi e dei renziani il loro logico proseguimento.
Mi riferisco:
1) alla politica delle privatizzazioni d’importanti settori dell’economia e della gestione dei beni comuni;
2) alla progressiva riduzione dei diritti dei lavoratori giunta sino all’abrogazione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori (lo scettro regio – il potere sulla “vita” e sulla “morte” lavorativa del lavoratore dipendente – al padrone non l’ha restituito Berlusconi, ma il PD, minoranza interna di "sinistra" compresa, che in Parlamento ha votato il jobs act);
3) alla soggezione incondizionata alle politiche economiche liberiste della BCE, del Fondo monetario internazionale e della Commissione europea (approvazione del fiscale compact e della modifica costituzionale che ha introdotto l’obbligo del pareggio di bilancio; la legge Dini nel 1995 e la legge Fornero di riforma del sistema pensionistico, la legge concernente le nuove procedure per il salvataggio delle banche che scarica anche sui correntisti i danni provocati dalla finanza ombra ecc.);
4) la posizione favorevole del governo al trattato per l’integrazione del mercato europeo con quello statunitense;
5) la PESSIMA legge della “buona scuola”;
6) le riforme costituzionali del centrosinistra prima e del PD ora, dalla revisione del Titolo V alla riforma sulla quale saremo chiamati a pronunciarci mediante il referendum di ottobre.
Un partito che continua a presentare la globalizzazione come un’opportunità da cogliere ed assecondare e che vede nella diminuzione dei salari e nell’aumento dello sfruttamento della merce forza lavoro il modo più semplice e "naturale" per aumentare la competitività delle imprese.
Un partito che riesce a giustificare la sua pretesa collocazione a sinistra soltanto quando si rapporta all’estrema destra xenofoba sull’immigrazione o all’estrema destra clericale sulla questione dei diritti civili degli omosessuali, ma che non riesce ad attestarsi a difesa nemmeno di quei pochi e minimi principi solidaristici presenti nelle Rerum Novarum di Leone XIII del 1891 che hanno ispirato il cattolicesimo democratico italiano del primo Novecento e che, al contrario, pretenderebbe di "trattare" solo con un sindacato che si rendesse disponibile a interpretare il principio della collaborazione tra le classi nei termini di una totale accettazione della riduzione a merce della forza lavoro.
Al rottamatore e ai rottamati del PD il messaggio giunga forte e chiaro: quello da rottamare è il PD.
A noi ora spetta il compito di lavorare per fondare una nuova forza politica che promuova le ragioni del Socialismo, senza inutili divisioni tra partiti comunisti costituiti dagli amici e dai parenti dei loro leaderini o ex dirigenti del PD che in questi ultimi anni hanno votato in Parlamento di tutto per poi scoprire “l’altro ieri” che la disuguaglianza sociale è nel frattempo aumentata e le politiche europee l’hanno – ma pensa un po’ che strano! – enormemente favorita.
Giovanni Paiano, Torino
(27 giugno 2016)
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