Sartre e le sardine. Una lettura filosofica del movimento
Angelo Cannatà
Sono passati ormai molti giorni dalla manifestazione delle Sardine a piazza San Giovanni e si può provare a ragionare, con gli strumenti concettuali della filosofia, su un movimento che, piaccia o no, rappresenta una grande novità nel panorama politico italiano. San Giovanni era piena; e piena era l’agorà di tante altre città: ma cosa sta accadendo davvero (dopo anni di passività) nelle piazze d’Italia che improvvisamente si riempiono di cittadini attivi protagonisti della vita politica? Provo a capirlo con l’aiuto di un classico della filosofia: Critica della ragione dialettica.
Il testo di Sartre è illuminante. I cittadini che manifestano nelle piazze d’Italia con questo strano simbolo ittico, prima di essere movimento/gruppo erano, per usare le parole della Critica, “una pluralità di solitudini irrelate”.
Non spaventi il linguaggio: la riflessione di Sartre si fa gradualmente lucida e chiara: il movimento è l’uscita dalla serialità-inerte, in nome della responsabilità, di un pericolo comune (in Italia: la destra, Salvini), di un bisogno: “il gruppo si costituisce per l’oggetto comune che determina la sua praxis” (Cr, II, p.16).
E’ un punto importante. Nella fase aurorale -scrive Sartre- il movimento è inarrestabile, i cittadini ritrovano la capacità d’agire “secondo un fine”, di farsi protagonisti della storia: “la parola d’ordine non è obbedisci! Chi mai obbedirebbe?” (Cr, II, p. 42): nessuno ordina e nessuno esegue, “tutti sono nello stesso tempo sovrani e gregari” (è accaduto a Roma: “Va ripensato il decreto sicurezza”, dice Santori. Dalla piazza lo correggono: “Non ripensare, abrogare”; e lui subito si adegua: “Sì, abrogare”). Santori: “leader e gregario” insieme; “la reciprocità è mediata dal movimento”. Sartre parla di “gruppo in fusione”. La compattezza del movimento è data dal suo essere in atto: persone che s’identificano in piazza, tra loro, gruppo che si dà parole d’ordine aggreganti: “non violenza, solidarietà, partecipazione, antifascismo, Costituzione.”
Poi, certo, occorre specificare e sorgono i problemi: “La violenza verbale sia equiparata a quella fisica”, legge Santori dal podio: è una tesi che “non resisterebbe – dice Spinelli – al giudizio di nessuna Corte internazionale, europea o nazionale”. E’ così. Ma al di là dei contenuti, molte sono le difficoltà che le Sardine hanno di fronte: “la tensione rivoluzionaria non dura in eterno”: ecco una verità, presente nella Critica, con la quale il movimento dovrà fare i conti.
Insomma, le Sardine sono nate in Emilia in vista delle elezioni. E dopo? “Cade l’evidenza del telos comune” -scrive Sartre- “e il gruppo-movimento si dissolve”, o, se riesce, prova a salvare se stesso. Come?
Il gruppo nato per un fine, si proporrà come fine: il movimento si trasformerà in istituzione. L’alternativa e la dispersione. E l’irrilevanza. Dall’assemblea romana le Sardine dicono: “niente liste elettorali”. Per quanto tempo ancora potranno affermarlo senza perdersi? I Girotondi (di Flores d’Arcais e Moretti) non si trasformarono in istituzione e finirono nel nulla. I 5 Stelle fecero un altro percorso, ma adesso inevitabilmente divengono (è cronaca di questi giorni) partito-istituzione con “18 dirigenti-facilitatori”. Il conflitto, direbbe Sartre, è tra libertà e necessità.
Tema delicato conciliare la libertà individuale (es.: il diritto dell’Onorevole Paragone di contestare il movimento) con la necessità, il rispetto delle regole, che l’organizzazione impone. Dice il Sartre: l’organizzazione vede nei soggetti liberi da una parte il proprio strumento di esistenza; dall’altra un problema per la sua unità. Problema complesso. Ma non eludibile. Istituzionalizzare il movimento attraverso una segreteria politica, è per i 5 Stelle necessario ma rischioso (vale anche per le Sardine): l’esito dipende dai protagonisti: se “istituzionalizzare la sovranità” (Cr, pp.250-257), significherà soltanto aumentare la disciplina, il controllo, l’autorità, è la fine: in ciascuno prevarrà la paura “che il gruppo si dissolva, e che il gruppo lo dissolva”.
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