Le sardine e il velo, perchè le critiche di MicroMega sono sbagliate
Fernando D’Aniello
Caro Direttore,
da collaboratore, seppur da pochi mesi, alla Rivista ritengo che l’editoriale che ha pubblicato qualche giorno fa sia profondamente sbagliato, nei toni oltre che nel contenuto. Lei scrive: «Sul “palco” delle sardine a san Giovanni a Roma ha preso la parola anche una donna con il velo islamico. Una sardina orgogliosa di esibire il velo», tuttavia, aggiunge: «le sardine non possono enunciare come programma l’attuazione della Costituzione e poi affidare questo messaggio a una donna che indossi il velo islamico». Tutto questo sintetizzato dal titolo La sardina con il velo no. Dai toni più pacati, ma di contenuto in parte simile è l’editoriale di Cinzia Sciuto: Care Sardine, non si risponde alla croce con il velo.
La sardina in questione sembra si chiami Nibras e ha affermato di essere musulmana.
Lascio da parte quello che mi appare come un inutile paternalismo verso un movimento giovane, senz’altro acerbo e che deve fare ancora tanta strada per crescere, e mi concentro sui veri problemi del Suo editoriale. Parto dal tono: era proprio necessario scimmiottare i peggiori rappresentati della destra e del populismo citando il Corano che “più o meno alla lettera” (sic!) confermerebbe la svalutazione della donna?
Inutile negare che alcuni concetti come libertà e democrazia hanno nell’Islam un senso molto diverso da quello della filosofia occidentale (ad esempio perché nel mondo musulmano la parola di Dio è sempre presente nel sociale) ma fare dell’Islam una dottrina compatta, come se dal suo inizio sino agli ultimi secoli non ci siano state scuole diverse, discussioni, scontri all’interno del mondo musulmano è operazione che andrebbe lasciata a quegli estremisti che amano citare pezzi del Corano, paragonarlo al Mein Kampf e richiamarsi alla superiorità dei valori occidentali.
Veniamo alla presunta laicità che Lei vede in pericolo perché una ragazza sale sul palco e con la sua sola presenza velata la metterebbe in discussione. Mettiamo da parte considerazioni giuridiche, per quanto importanti (quella ragazza è salita su un palco e ha preso la parola: a mia memoria non è previsto un codice di abbigliamento per i cortei e nessuno si è mai indignato se alle manifestazioni, anche più radicali o progressiste, abbia parlato un sacerdote, con o senza collarino) e proviamo a concentrarci sulla Sua accusa.
Se il movimento è espressione di una generazione, allora ne conterrà tutte le realtà, le potenzialità e persino le contraddizioni. Che nel nostro paese vivano oggi cittadine e cittadine musulmane e che alcune di esse decidano di indossare un velo può essere un problema quando decidono di accedere a ruoli pubblici (una professoressa può portare il velo? È questione di cui si discute in Germania) ma di certo non nella quotidianità della vita sociale. Se “noi” abbiamo scelto di indossare la croce o meno (e indossarla non è proibito), Nibras, come la mia collega e amica Marwa, sceglie di portare il velo perché è così che si autodetermina. Esiste, cioè, anche un uso libero del velo. E se avesse tempo di parlare con queste ragazze, potrebbe avere delle sorprese: la mia amica Marwa (il cui nome richiama una collinetta vicino alla Mecca molto importante per i fedeli), ad esempio, mi ha confessato che sua figlia, che nascerà in Germania, non porterà il velo fino a diciotto anni, solo allora deciderà se indossarlo o meno (e lei si augura che lo faccia) ma non prima.
Quella ragazza, caro Direttore, sembra preoccuparLa perché con la sua sola presenza scardina le Sue certezze sulla laicità: ma come, abbiamo fatto tanto (va detto, spesso, inutilmente) per togliere le croci e ora arriva questa qui con il velo? Si, quella ragazza indossa il suo velo perché la sua autodeterminazione e la sua libertà passano anche attraverso un discorso e una pratica ‘religiosa’, qualcosa che per “noi” può essere incomprensibile ma che non dovrebbe terrorizzarci. Mentre la croce per “noi” è un simbolo di cui possiamo fare a meno, per lei quel velo fa parte della sua identità. Ma per me è molto più importante che questo non le impedisca di far parte di una lotta, superando così il “noi” e il “loro” perché torniamo tutti a far parte di una comunità politica. Che per giunta reclama diritti.
Una comunità plurale, fatta anche di donne che non indossano il velo, di uomini, di cristiani e di musulmani, di atei, dalla quale Lei vorrebbe bandirla per il velo. Si dirà: ma è un simbolo di oppressione, di svalutazione della donna. In alcuni casi. Ma la nostra laicità consiste appunto nel non procedere solo per astrazioni: quella donna, quella lì, quella che Lei ha indicato al pubblico disprezzo (perché, Direttore, sotto un velo c’è sempre una donna in carne e ossa), è forse oppressa? A parte il fatto che sarebbe interessante stabilire quale tribunale popolare laico sia chiamato a stabilirlo ma a me pare proprio di no. La discussione, anche dal punto di vista della nostra Costituzione, finisce qui: che possano esserci altre donne che, invece, sono costrette a indossare il velo ci obbliga a trovare strade perché anche esse possano esercitare liberamente la loro scelta, assicurando, però, anche a Nibras di continuare a esercitare la sua e a vivere pienamente la sua comunità di sardine in lotta.
Cinzia Sciuto obietta che Nibras ha riaffermato la sua identità musulmana, contrapponendola a quella quella di Giorgia Meloni e che, invece, le sardine dovrebbero essere laiche. Ma non si tiene conto di un punto: che una ragazza con il velo salga su un palco e riaffermi la propria identità di appartenente a una minoranza che una parte di questo paese vuole criminalizzare è un fatto ovvio, connesso alla storia di tutti i movimenti politici: solo riaffermando la mia identità posso davvero politicizzarla, costruire alleanze, lottare. Salvini non criminalizza i cristiani o i religiosi, criminalizza i musulmani, i ‘bastardi islamici’ come pure un giornale (?) si è preoccupato di farci sapere. E quella ragazza, sul palco, mi sembra abbia voluto dire: eccomi qui, sono io la musulmana, sono io il mostro che tanti odiano. Del resto, è noto quanto i musulmani siano sotto pressione perché devono integrarsi, adattarsi; ma l’integrazione è sempre qualcosa di reciproco, che chiama in causa anche “noi”. La lotta contro Salvini può assumere un senso se diventa lotta contro ingiustizie, discriminazioni, per diritti, sociali e civili. Per farlo è necessario unire e politicizzare un campo che per sua natura è e resterà plurale.
Il gesto di Nibras è, a mio avviso, è potentissimo. Perché a realizzarlo è la donna cosiddetta oppressa. Che, invece, prende il microfono e come tanti suoi coetanei parla, denuncia, magari sbaglia, dovrà correggersi e ritentare. Che il movimento abbia successo è tutto da vedere, soprattutto perché ha scelto, sino ad oggi, come bersaglio polemico solo Salvini. E in Italia abbiamo già esperienza di movimenti nati contro il potente di turno. Di solito finiscono male. Ma anche qui Nibras ci avrà fatto fare un passo in avanti: anche le ‘povere’ donne ‘oppresse’ possono parlare. Hanno un’opinione. Se ci fermiamo al velo rischiamo solo di non ascoltarle.
Mi ha davvero sorpreso Flores d’Arcais. Il direttore di MicroMega, che parrebbe aver afferrato meglio di altri e degli stessi interessati, il concetto puro di sardina, ne esclude con certezza, in un , la determinazione di sardina “velata”. Quest’ultima sarebbe “nota di concetto” che implica contraddizione. Un po’ come dire “quadro tondo”.
La giovane ragazza, la scandalosa sardina con il velo che ha trovato il coraggio di parlare a piazza san Giovanni, sembra, al direttore di MicroMega, il ricettacolo della contraddizione, una ragazza-ircocervo, A e non-A: è il soggetto di due predicazioni opposte: del Male (l’Islam) e della sardina (il Bene). Prima che politico, è un problema ontologico.
Anche la mia amica micromeghesca Cinzia Sciuto sembra contrariata. “Care Sardine”, scrive in un suo sottile intervento velato di sorpresa e rammarico: a piazza San Giovanni “è mancata la nota della laicità”. Parole forti! Ora, io non posso giudicare perché ero ad Amsterdam, dove, certo, la laicità è una realtà seria che è stata teorizzata e praticata da qualche secolo. Tuttavia, dalla Tv non ho visto a Roma una sfilata di frati salmodianti che innalzavano il simbolo della Sacra Sardina, e non mi è parso di aver avuto notizia di un richiamo unitario alla preghiera o dell’imposizione di un Credo Sardineo. Ho avuto l’impressione che fosse una manifestazione, non un concilio.
In ogni caso, prendo un po’ dai due interventi e vado all’argomento critico essenziale. La Sciuto, tassativa, scandisce: “Non può non far parte del DNA di un movimento democratico che ha a cuore i diritti di tutti, la capacità di svelare il potenziale di alienazione, di eteronomia, di antidemocrazia insito in qualunque religione”. Ora, a questa premessa, che equipara ogni religione a un potenziale nemico della laicità, non mi pare corrispondere alcuna teoria moderna, liberale, della laicità. Non solo, ma il richiamo alla doverosa battaglia indirizzato alle sardine – richiamo che non possono non raccogliere, sempre che siano davvero uno movimento democratico nel DNA – a “svelare il potenziale di alienazione” di ogni possibile religione, e della sardina velata in particolare, mi sembra un “tantinello” riuscito male. Forse un po’ sopra le righe.
Le Sardine sarebbero colpevoli per aver risposto, in breve, con un’identità (la ragazza velata) a un’altra identità religiosa (la Croce della Meloni). Non si risponde, suona infatti il titolo dell’intervento, alla Croce col velo. Se Meloni tira fuori il Crocefisso, tu non tirare fuori la ragazza velata. Ecco questo è il punto filosofico. Però qualcosa non torna. Infatti, le Sardine non hanno opposto un’identità ad un’altra, ma, caso mai, hanno riconosciuto, come vuole il vecchio arnese della tolleranza liberale, l’identità di un’altra persona. Peraltro, la ragazza legge la Costituzione, la fa sua. La differenza tra inclusione e aut aut mi pare sia la differenza tra la tolleranza liberale e Meloni&C.
In risposta alla discriminazione sovranista (per capirci con MicroMega, io non distinguo tra sovranismo di destra e di sinistra: il sovranismo, anzi, il nazionalismo, è sempre la stessa cosa), le Sardine fanno parlare una ragazza musulmana, che indossa, per chi lo vuole notare, anche un velo. Si tratta di un atto di empatia, una forma di “riconoscimento” che è alla base di qualsiasi contratto politico e di qualsiasi convivenza sociale. Tante ragazze musulmane italiane si saranno riconosciute in quella ragazza, e saranno uscite idealmente dal ghetto e dall’isolamento, si saranno sentite parte di quella piazza e, cosa che conta di più, parte della nostra malandata ma simpatica Repubblica.
Il problema sta nell’identificazione che, dalle parti di MicroMega, evidentemente fanno tra i segni esteriori e interiori di un’appartenenza religiosa – qualsiasi essa sia – e il fatto di un’oggettiva offesa alla laicità. Un punto, questo, soprattutto per quanto riguarda i segni esteriori, che è già discutibile per quanto riguarda i luoghi pubblici. Figuriamoci in una manifestazione, che è un evento per il quale non si può evocare la laicità, che riguarda lo Stato. Qui è la confusione più evidente. Io credo che un ebreo abbia tutto il diritto di partecipare in quanto ebreo, con la propria identità, ad una manifestazione che rifiuta l’antisemitismo. O forse no? Allo stesso modo, un cristiano delle tante minoranze cristiane perseguitate, ha il diritto di parlare da cristiano della sua persecuzione.
L’attentato alla laicità si determina quando, nei fatti, le religioni vogliono mettersi sopra lo Stato. Ma questo attentato non può essere già realtà per il fatto stesso dell’esistenza delle religioni. La laicità presuppone la presunta innocenza delle religioni, non il contrario. Altrimenti avremmo una guerra di religione. A ragionare come la Meloni – non solo in economia e sull’Europa, ma adesso anche per i diritti civili e la laicità – è chi invece oppone un’identità ad un’altra, senza assumere che esse possano in generale accordarsi (le religioni non sono compatibili con la democrazia ecc.) nel riconoscimento reciproco che fin qui è stata la laicità liberale.
Si può assumere una tesi che attribuisca alle religioni un’impossibilità strutturale ad essere laiche e democratiche, e che le renda, già da sempre, colpevoli: ma questa non è una tesi laica. Può essere un modo per camuffare l’intolleranza con la difesa della laicità, una forma di fondamentalismo alla rovescia. (Si farebbe miglior servizio a dire apertamente quali sono – e ce ne sono – i problemi con l’islam, piuttosto che prendersela con una giovane sardina velata).
Il punto è che la politica ha a che fare con persone reali. Persone in carne ed ossa. Il contratto sociale non si realizza tra “uni” tutti uguali, tutti illuministi e privi di sentimenti religiosi e di storie personali e di appartenenze, e di debolezze o come volete. Il concetto di laicità che sfodera Flores d’Arcais è astratto, rende tutti uguali a un modello ideale di uomo, un modello irrealistico, che poi è il solito “uomo nuovo” di cui non si liberano gli utopisti (e neanche, ma è un altro caso, i totalitari). Alla fine, è un concetto ragionato in astratto, una tautologia. Un modo di ragionale nel quale, magari non c’è contraddizione, però non c’è neanche realtà (o, come dicono i filosofi, concretezza) e tutto si dissolve in un giudizio analitico, che, sempre i filosofi, come sa bene il caro Flores d’Arcais, dicono “vuoto”. La laicità è politica, è reale e ha a che fare con le persone reali.
Lo scandalo di MicroMega per la ragazza velata offre uno spaccato, qui sì religioso. Mentre le Sardine hanno reso le differenze tutte uguali nel contesto che le ha espresse: sono tutte sardine, dunque tutte laiche, Flores d’Arcais sembra preferire una liturgia politica. Ma per
celebrare che cosa? La laicità si celebra?
Un po’ sopra le righe mi è parso anche l’ammonimento che Cinzia Sciuto indirizza alle Sardine, quando giudica “particolarmente grave”, che, scrive, la “laicità non venga percepita come un vettore intrinseco della democrazia” e questo “in un’epoca in cui i fondamentalismi religiosi, di tutte le fedi, rialzano la testa”. Insomma, facendo parlare la ragazza velata, le Sardine non hanno “percepito” niente meno che “il valore intrinseco” della laicità, non si sono rese conto di favorire l’Isis, il fondamentalismo cristiano.
Le Sardine sarebbero cadute nella miopia, che è alimentata addirittura “sapientemente” da “tutti i fondamentalismi” (nessuno escluso) che sarebbe quella di “identificare persone e credenze”. Io sono d’accordo con Cinzia Sciuto quando scrive che si possono criticare le credenze religiose, rispettando la persona. Ci mancherebbe! Ma questo è un altro discorso. Nessuno assume, e deve assumere, e non lo hanno fatto le sardine, che, in principio, esista un’immunità della religione in quanto religione rispetto alla critica, alle libertà individuali e vedo come fumo negli occhi i cedimenti ad aree protette, a legislazioni particolari, e alla pseudo-tolleranza verso la discriminazione e la barbarie in nome di una legittimazione “culturale” o “religiosa”. Davvero, come piacerebbe dire a Cinzia, “non c’è fede che tenga”.
La questione è che qui pare si abbia il diritto (anzi il dovere!) di escludere da una manifestazione (che, lo ripeto, non è lo Stato) una giovane ragazza velata sulla base esattamente di quello che fa il fondamentalismo: unificare persona e credenza. Il mezzo lapsus che una manifestazione sia poi presa come “Stato” è forse un altro fatto su cui riflettere. Chi ha deciso che cosa ha nella coscienza la ragazza velata? Vi sembra un criterio laico quello di intimidire chi fa parlare una ragazza velata in quanto è velata?
Se una persona si sente cristiana o musulmana, MicroMega non ha nessun diritto di dire che questo implichi, per logica, una contraddizione, l’unità tra il “male” e la sardina. Il rischio dell’inquisitore (a proposito) è dietro l’angolo. Poi, non capisco. MicroMega ha ospitato tonnellate di interessantissimi dialoghi con frati, preti di strada, addirittura con il Papa: non si è mai posta, giustamente, il problema di non ospitare ottime persone, come padre Zanotelli, don Ciotti, perché potenzialmente esplosive dell’alienazione ecc., non le ha svestite delle loro croci o dell’abito talare.
Credo che, laicità non sia attaccare una ragazza velata che esprime una idea da un palco, grazie a Dio non siamo in teocrazia, ma neppure in un regime di ateismo di stato, la posizione contro quella ragazza non è laicità o liberalismo etc, ma pregiudizio giacobino… VERGOGNA!
Per altro, senza voler negare le violenze difficoltà che delle donne musulmane devono vivere, però trovo veramente oscena la pregiudiziale posta contro quella ragazza,o la protervia di voler giudicare tutte le donne musulmane come represse, depresse, oppresse etc, non credo che la giustissima laicità dello stato, passi da simili prese di posizione, come quella di d’Arcais, posizioni illiberali uguale e contraria a quella di certi maschilisti che vogliono imporre alle donne musulmane, questo o quello…entrambe espressioni illiberali, credo che d’Arcais debba solo vergognarsi per un ingiustificato attacco e ostracismo, giustificato per altro da arbitrarie esegesi o giudizi.
Poi da musulmano e italiano, io e con me tanti musulmani autoctoni o migranti, non intendiamo imporre nulla a nessuno, né tanto meno il velo è simbolo di voler imporre qualcosa a qualcuno, ma tanto meno è giusto un ostracismo pregiudiziale, le donne musulmane di tutto hanno bisogno, fuorché di ostracismo o di pregiudizi o di giudizi affrettati, ho molte colleghe musulmane alla università che sono tutt’altro che oppresse, ma credo che per gente accecata come il signor d’Arcais, basti un velo per essere oppeesse, e se non lo è una, però tutte lo sono, o il velo è un vilipendio a costituzione etc o attacco a laicità.
Se come dice d’Arcais, il velo è simbolo della religione che vuole imporre la sua legge a tutti,allora ostracismo laicista del suddetto d’Arcais è un atteggiamento uguale e contrario, perché se la religione non deve imporre la sua legge a tutti, manco il signor d’Arcais dovrebbe pretendere che il laicismo imponga la sua legge a tutti, oppure gente come lui può farlo? Questa è libertà? credo che d’Arcais debba scusarsi per le sciocchezze proferite in modo gratuito e offensivo verso le donne musulmane, con una banale generalizzazione ingiusta,e ribadisco che nessuno di noi musulmani vuole imporre niente, semplicemente vogliamo vivere in tranquillità, senza imporre nulla, ma neppure senza inutili ostracismi e diktat laicisti.
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