Le scuse di Marta
di Pierfranco Pellizzetti, da "Il Secolo XIX"
Nella triste vicenda denominata senza troppa fantasia Lanternopoli, lascia perplessi la linea comunicativa scelta dalla sindaco Vincenzi, all’insegna del vittimismo: “mi hanno pugnalata alla schiena” (semmai parte lesa è la democrazia civica e – al limite – il buon gusto), “sono dei Giuda” (nonostante che di Gesù Cristi con canonici apostoli qui non se ne vedono). Linea culminata con “le scuse alla città”. Quasi si trattasse della condanna inflitta a Galileo (di cui papa Wojtyla chiese perdono) o dell’Olocausto (per cui Willy Brandt si inginocchiò davanti al Muro del Pianto).
Francamente la personalizzazione lamentosa rivela soltanto vassallaggio psicologico verso chi ha tutto l’interesse a criminalizzare la Giunta comunale genovese per accelerarne la caduta. E – sempre francamente – l’auspicata femminilizzazione della politica non significa certo il trionfo dell’emotività. Semmai, la riduzione del tasso di ferino nel discorso pubblico, per la ripresa di una politica rettamente intesa.
Per questo si gradirebbe rapidi cambi di taglio argomentativo, che andassero dritto al concreto del problema dicendo: “nel primo anno abbiamo ruotato gli assessori e sostituito i vertici amministrativi municipali. Proprio per questo i millantati titoli per favorire malversazioni a danno dell’interesse pubblico si sono rivelati pure vanterie tra ghiottoni a banchetto”. Tié! “Le vanterie sono diventate qualcosa di molto più concreto in altre sedi? Vuol dire che là non è stato fatto quanto noi abbiamo realizzato in casa nostra”. Ri-tié!
Semmai, in materia di dialogo civico, l’autocritica della sindaco deve andare ancora più in profondità: non aver trasmesso efficacemente l’idea della rivoluzione in corso nelle regole amministrative cittadine facendola diventare pensiero condiviso. Perdendo tempo in eventi sostanzialmente rituali come le Conferenze tra notabili che non hanno funzionato da incubatore di futuro. In sostanza, parate di “bella gente”.
Ancora: il solito vizio di ragionare da “one-woman-show”, circondandosi di troppi “collaboratori-tappezzeria” e di qualche “fiore all’occhiello” da esibire nei dì di festa.
E il suo consulente? Era stato ingaggiato per realizzare Grandi Eventi festivalieri, visto che di effimero certamente se ne intende. Si è allargato troppo raccontando balle? Nessuno glielo aveva chiesto e mal gliene incolse.
Ma non ha torto chi dice che l’antropologia discontinua della “Nuova Stagione” vincenziana puntava molto sul femminile e sul giovanile. Il femminile lo salvi lei, raddrizzando l’argomentazione e rizzando la schiena, visto che non ha nessuna ragione per incurvarla. Per quanto riguarda il giovanile, ci si renda conto che un bel po’ di questi under 40 trafficoni vengono su dai vari Sud (ossia, le aree più arretrate del Paese) e dalle periferie. Gente che fa coincidere la modernità con l’uso frenetico del telefonino ipertecnologico e la divisa da venditore Publitalia. Che pensa di essere giunta nell’Olimpo degli intoccabili se – colta da improvviso benessere – può fare il giro dei locali costosi ordinando quella tal bottiglia di annata esclusiva (generalmente un vinaccio “acchiappacitrulli”). Dunque, un sistema di valori arcaici – il solito familismo amorale – calato in forme che si presumono ipermoderne.
Questi ragazzotti sono ciò che sono perché ormai la politica è diventata la melassa immonda di mediatico rancido e immagine come la può concepire l’ultima delle “veline”. Dunque, furberia a go-go e ostentatività da arrampicatori sociali.
Ma i ragazzi di periferia e di provincia possono migliorare se passati al filtro di una politica alta, che separi le meschinità dai pensieri nobili. Imparare. Non per niente l’icona del gusto novecentesco – Coco Chanel – era figlia di un contadino bretone.
Anche per questo la sindaco ci proponga una vera politica civica, che recuperi in positivo il flop dei mesi scorsi sulla visione del porto-città. Può farlo ritrovando quell’antica fierezza operaia per cui i figli dovevano studiare e comportarsi bene quale primaria via del riscatto. Una storia che conosce. E dovrebbe anche ricordarsi come questa città sapesse selezionare aristocrazie del merito. Proletarie e borghesi.
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