Le veglie per le vittime dell’omofobia e la vocazione ecumenica degli omosessuali credenti

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Tutto è iniziato un anno fa. Erano i giorni in cui si celebravano i funerali di Matteo Moreno, un ragazzo di 17 anni che si è gettato dalla finestra, perché non ce la faceva più a sopportare i compagni che lo prendevano in giro: l’ennesima vittima dell’omofobia! E forse non era nemmeno gay!
Un gruppo di giovani omosessuali si era dato appuntamento in una piccola chiesa del centro storico di Firenze. Durante la preghiera è emersa con forza una domanda: «È mai possibile che i nostri pastori, di solito così loquaci quando si parla di omosessualità – erano i giorni in cui veniva lanciato il Family Day – non abbiano detto una sola parola per condannare il clima che ha provocato la morte di questo adolescente disperato?».
Occorreva fare qualche cosa! E così è nata l’idea di organizzare una veglia per le vittime dell’omofobia il 28 giugno dello scorso anno.
La cosa è subito piaciuta: qualcuno ha pensato di andare direttamente a Firenze; qualcun altro ha pensato invece di darsi da fare nella propria città, approfittando dell’ospitalità di alcune comunità valdesi; qualcuno ha addirittura provato a chiedere ospitalità alla Chiesa cattolica, ma si è sentito rispondere che la data del 28 giugno (giornata dell’orgoglio omosessuale) si prestava troppo al rischio di strumentalizzazioni.
A distanza di un anno gli organizzatori, che nel frattempo hanno dato vita a un piccolo portale dedicato a Fede e omosessualità (www.gionata.org), hanno deciso di riproporre la veglia in una data meno carica di storia, ma ugualmente significativa: l’anniversario della morte di Matteo. E hanno scoperto che il 4 Aprile del 1968, Martin Luther King pagava con la vita il suo impegno per superare il pregiudizio e la paura. Sono così riemerse, in numerosi incontri di preghiera, le parole da lui pronunciate davanti a migliaia di persone davanti al Lincoln Memorial di Washington: «Io ho sempre davanti a me un sogno! Che un giorno questa Nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali. E’ questa la nostra speranza!».
A Milano, ad esempio, abbiamo pensato di unire a questa grande speranza anche la nostra speranza di superare una volta per tutte il clima di disprezzo e di violenza che circonda le persone omosessuali. Qualcuno, con una punta di malizia, ha osservato che, forse, Martin Luther King non sarebbe stato d’accordo con le nostre idee sull’omosessualità. Ma è stata proprio sua moglie Coretta King a sostenere la continuità tra il movimento del marito e il movimento di liberazione omosessuale. Poco prima di morire aveva infatti scritto: «Continuo a sentire gente che mi dice che non dovrei parlare dei diritti di gay e lesbiche, ma solo attenermi alla questione della giustizia razziale. Io esorto caldamente queste persone a ricordare che Martin Luther King ha detto che qualsiasi forma di ingiustizia è una minaccia per qualsiasi forma di giustizia».
E così la marea dei gruppi che hanno aderito all’iniziativa dei ragazzi di Firenze è pian piano cresciuta e ha varcato i confini europei. In particolare, in America Latina, sono state numerose le veglie che hanno avuto come protagonisti alcuni gruppi che lavorano per vincere il clima di esclusione che ancora circonda le persone omosessuali: in Cile i protagonista delle veglie sono stati i membri di Affirmation, il movimento che coordina e raccoglie i Mormoni omosessuali che non accettano l’omofobia della loro chiesa: sono state ben nove le veglie che hanno proposto in varie città del Paese. In Perù, in Uruguay e in Venenzuela i protagonisti sono stati invece i membri delle Chiese cattoliche indipendenti che si sono staccate dalla Chiesa di Roma, perché non ne condividono il pessimismo sui temi eticamente sensibili.
In Italia le adesioni alle veglie sono venute da realtà diversissime tra loro. Oltre ai gruppi di omosessuali credenti che operano in numerose città, hanno mandato la loro adesione: chiese di varie denominazioni, tra cui parrocchie veterocattoliche, chiese battiste e comunità valdesi; realtà ecclesiali come il movimento Noi siamo chiesa di Milano e il Gruppo Pax Christi di Bologna; associazioni culturali di varia denominazione e circoli legati al cattolicesimo di base. C’è stata poi la novità delle quattro veglie che sono state ospitate da comunità cattoliche: in particolare a Cremona è stato lo stesso vescovo della città ad offrire una chiesa del centro storico, chiedendo di ricordare, insieme alle vittime dell’omofobia, anche tutte le altre vittime delle discriminazioni e delle ingiustizie. D’altra parte lo spirito che ci animava nell’organizzare le veglie era quello di scoprirci fratelli nella preghiera.

Gianni Geraci
Gruppo del Guado – Cristiani Omosessuali Milano

(11 aprile 2008)



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