Lega e Cinquestelle: tragicommedia all’italiana
Petra Reski
“Questa non è l’Italia che conosciamo”, ha lamentato Bullmann – un’affermazione audace, visto che per più di due decenni gli italiani sono stati governati da un uomo che intrattiene ottimi rapporti con la mafia, che è stato condannato per frode fiscale, che è ed è stato indagato per falso in bilancio, associazione mafiosa, corruzione di giudici e coinvolgimento negli attentati e che soltanto generosi tempi di prescrizione e 60 leggi ad personam, cucite su misura, hanno salvato dalla condanna. O forse provano nostalgia per Matteo Renzi che è riuscito a incidere pochissimo sul Trattato di Dublino, esattamente come i suoi predecessori da Berlusconi a Monti fino a Letta? Della serie: Arrangiatevi da soli a risolvere la questione dei migranti!
La farsa con i “colonialisti”
E già, le scaramucce tra l’Italia e la Francia altro non sono se non schermaglie: le elezioni europee sono alle porte. Ecco che il vice premier Luigi di Maio e la star dei Cinque Stelle Alessandro Di Battista hanno ritenuto opportuno solidarizzare con i gilet gialli e bollare Macron come un colonialista, visto che Macron, a sua volta, ha utilizzato toni piuttosto pesanti nei confronti degli italiani: “tutti populisti e la lebbra d’Europa”, ha tuonato il Presidente francese, mentre al contempo, al di là del confine, egli dà ordine alla polizia francese di prelevare brutalmente dai treni i migranti (tra cui anche donne in stato di gravidanza) e di riportarli in Italia.
I rapporti tra la Francia e l’Italia sono sempre stati tesi: nella memoria degli italiani rimane impressa la “dottrina Mitterrand”, grazie alla quale Mitterrand concesse il “diritto di asilo” ai terroristi italiani e si rifiutò di consegnare perfino gli assassini condannati in via definitiva – tra cui Cesare Battisti che in Italia è stato condannato all’ergastolo per due omicidi e che soltanto a gennaio di quest’anno, a distanza di alcuni decenni dalla fuga, è stato arrestato in Bolivia e consegnato all’Italia.
Il ministro degli Interni si veste da poliziotto
Tramite l’attacco alla Francia i Cinque Stelle speravano di distogliere l’attenzione da Salvini e di attirarla su di sé e con ciò di dirottarla sulle loro conquiste: sulle riforme della giustizia, come una legge anticorruzione, e soprattutto sul reddito di cittadinanza che, in fondo, è una specie di legge Hartz IV. E il che rappresenta il minimo in un Paese in cui al Sud la mafia continua a tenere in ostaggio gli abitanti, visto che sono i boss a decidere chi avrà un lavoro e chi no.
Matteo Salvini, l’uomo forte della Lega, non aveva certo intenzione di lasciare campo libero al suo partner di coalizione, ed eccolo all’aeroporto di Roma in attesa dell’arrivo del duplice assassino mentre indossa l’uniforme della Polizia. Poi un tweet su Macron che ama definire “signorino”: “In Francia hanno un pessimo Governo e un pessimo Presidente della Repubblica che rifiuta i profughi al confine” – con ciò Salvini era sicuro di strappare l’applauso degli italiani. In seguito, ha per giunta invitato a Roma il ministro degli Interni francese che, piccato, ha fatto sapere che non si lascia chiamare a rapporto. Quando Parigi ha richiamato dall’Italia il suo ambasciatore, a quel punto la crisi è stata perfetta.
L’uomo del fare
Lanciare il sasso e nascondere la mano è la specialità di Salvini, motivo per cui i suoi attacchi a Macron gli sono tornati utili, mentre i Cinque Stelle con Luigi Di Maio per il loro incontro con i gilet gialli sono stati accusati di essere dei sovversivi.
Matteo Salvini è in perenne campagna elettorale, cosa che non gli dispiace affatto, visto che come ministro degli Interni non deve dimostrare granché e che i suoi sostenitori si accontentano facilmente: per essi è sufficiente che Salvini si vesta da poliziotto/carabiniere/pompiere e si presenti come l’uomo dell’ordine. Non batterebbero ciglio se tra qualche tempo dovesse fare la sua comparsa come Papa, frate o domina. Per i suoi fan non fa alcuna differenza se Salvini twitta sulla nutella, i profughi sulle navi da salvataggio o il tratto dell’alta velocità TAV (il totem delle lobby e della Lega): Salvini è considerato l’uomo del fare – e del momento.
Diversamente vanno le cose per i Cinque Stelle – tanto più che sono consapevoli che la sconfitta elettorale in Abruzzo non è stata un dato anomalo e che i loro ex elettori sono rimasti a casa. Nemmeno il mantra del Partito Democratico che ha perso più di loro funziona più: in Abruzzo alle elezioni politiche del 2018 i Cinque Stelle hanno ottenuto quasi il 40 per cento dei voti, ora si sono fermati solo al 19,5 per cento – hanno perso quindi la metà dei voti. Una perdita che fa tanto più male se consideriamo che in Abruzzo Matteo Salvini ha fatto fare al suo partito un balzo dal 0 al 27 per cento. E poi alla fine sbeffeggiava anche i Cinque Stelle: no, no, queste elezioni regionali, così Salvini, non avranno ripercussioni sulla coalizione di governo, no, no, il Governo non è in pericolo – parole che sono suonate come quelle di una domina che, a intermittenza, fa finta di essere la tenera amante che sfruttando il turbinio dei sentimenti contrastati è sicura di ottenere più efficacemente l’asservimento.
I Cinque Stelle come la foglia di fico
In Sardegna si voterà già la settimana prossima – motivo per cui Salvini ha ricevuto a Roma gli allevatori sardi che hanno versato in strada il loro latte in segno di protesta contro l’importazione del latte rumeno. I Cinque Stelle, invece, rimangono immobilizzati dallo shock – e prendono atto, esterrefatti, di come Salvini ignori la spietata analisi costi-benefici sul tratto dell’alta velocità TAV, or ora elaborata da una commissione di esperti – e anzi, li irride (“strani dati”) perché sa che alle spalle ha le lobby.
Per i Cinque Stelle, invece, la battaglia contro il TAV fa parte del mito delle origini, se perdono anche questa battaglia, essi perdono il loro più grande pregio, la credibilità. Salvini non ha di questi problemi, dopotutto i Cinque Stelle per lui rappresentano la foglia di fico per arrivare al potere e per potersi sbarazzare del passato decennale al fianco di Berlusconi. Contro di lui i Cinque Stelle avrebbero potuto giocarsi proprio questa carta, visto il risultato elettorale quasi due volte tanto quello ottenuto dalla Lega. Essi, invece, voltano le spalle ai loro stessi temi: ecco che in Puglia i Cinque Stelle si sono piegati al piano di distruzione del Governo regionale. Esso prevede che gli olivi autoctoni e secolari vengano rimossi e rimpiazzati da coltivazioni di olivi superintensive, ad alto rendimento ed alto uso chimico, che sono stati sviluppate in laboratorio e sono protette da brevetto: chi si difende contro l’abbattimento del proprio olivo, rischia la galera.
Nessuna vittoria in qualunque caso
Per i Cinque Stelle perfino il motto che vanno tanto sbandierando “stessi diritti per tutti” si rivela una questione spinosa, in queste settimane, infatti, essi dovranno decidere se i magistrati potranno procedere contro l’ordine di Salvini di trattenere i profughi sulla nave Diciotti. Se votano “sì”, secondo i loro valori fondamentali, Salvini avrebbe un pretesto per rompere la coalizione. Se votano “no”, perdono la loro innocenza – e i propri valori perché si accodano alla lunga serie di politici per i quali importa solo proteggere la propria casta.
Salvini tutto solo al timone non renderebbe un grande ser
vizio all’Europa.
(Traduzione dal tedesco di Stefano Porreca)
(18 febbraio 2019)
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