Legge di bilancio povera e inefficace, “mancano i soldi” come dice il Governo? Falso! I soldi sono solo bit

Enrico Grazzini

La manovra del governo Conte 2 – al di là delle buone intenzioni di Roberto Gualtieri, il ministro europeista dell’economia – non è credibile, è povera e illusoria, e soprattutto non è espansiva: l’economia italiana non crescerà. La retorica governativa punta a parole sull’espansione dell’economia, sugli investimenti sostenibili, sul calo delle tasse e sulla riduzione del costo del lavoro: ma è destino che sindacati e Confindustria protesteranno per le mancate promesse di un piano programmatico fondato su aspettative iper-ottimistiche, insufficiente e fragile, che non può alimentare l’economia reale.

Il problema è che il debito pubblico è elevato e il “conto del Papeete” è salato: mancano le risorse monetarie – si giustifica il governo – per finanziare tutti gli investimenti pubblici realmente necessari per lanciare il New Deal verde annunciato dal premier Giuseppe Conte. L’importante – dice ancora il governo Conte 2 – è avere bloccato la Flat Tax proposta dal leader della Lega Matteo Salvini, e lo scontro con l’Unione Europea e con i mercati. Invece questo non basta. Il popolo italiano è logorato da anni di stagnazione, di austerità e di crisi e non può accontentarsi del “meno peggio”. Se il nuovo governo non riuscirà a colpire il bersaglio della crescita e dell’occupazione, la destra estrema di Salvini e soci potrà vincere facilmente le prossime elezioni.

È l’economia, stupido!!! Per questi motivi il governo Conte dovrebbe lanciare progetti non convenzionali ma più efficaci per svoltare effettivamente, e non solo retoricamente. Il governo potrebbe e dovrebbe creare legittimamente nuove risorse monetarie per finanziare lo sviluppo verde, pur rispettando le regole di Maastricht. Senza aumentare il deficit pubblico potrebbe creare una sua quasi-moneta emettendo Titoli di Sconto Fiscale facilmente convertibili in euro (e completamente differenti dai fallimentari minibot della Lega). Solo mobilitando parecchi miliardi di euro grazie ai TSF il governo può alimentare una manovra realmente espansiva, conquistare un ampio consenso del Paese, e rilanciare finalmente i consumi, gli investimenti, il welfare e l’occupazione.

Il piano del governo Conte non è espansivo: il PIL resta fermo

Che cosa prevede innanzitutto la Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza, NADEF, presentata dal governo verde-rosa in vista della nuova Legge di Bilancio? Secondo le previsioni del NADEF il Prodotto Interno Lordo reale crescerà quest’anno solo dello 0.1% (cioè praticamente nulla!) e l’avanzo primario di bilancio – entrate meno uscite dello stato. al netto del costo del servizio sul debito pubblico – sarà pari all’1.3% sul PIL: quindi, come da 25 anni fino a oggi, anche nel 2019 i cittadini avranno pagato più tasse di quanto lo Stato spende per i servizi ai cittadini. Nonostante l’avanzo primario di bilancio, per finanziare il servizio del debito, cioè per pagare gli interessi sul debito pubblico, lo stato deve chiedere soldi al mercato finanziario e fare deficit per circa il 2,2% del PIL. Il debito pubblico continua ad aumentare ed è arrivato a quasi il 136% sul PIL, mentre l’Italia è ferma. Le famiglie stringeranno ancora la cinghia. Le prospettive per il futuro, cioè per il 2020-21-22 non sono più brillanti: non si sa come né perché il PIL reale crescerà dello 0,6% nel 2020 e poi dell’1% circa negli anni successivi. La disoccupazione rimarrà intorno al 10%. L’avanzo primario di bilancio è destinato a crescere fino all’1,5% nel 2022, mentre il deficit pubblico diminuirà fino all’1,4%. Grazie all’aumento dell’avanzo primario, e poi al calo degli interessi sul debito pubblico e alla leggerissima crescita del PIL reale, il debito pubblico dovrebbe cominciare a calare (?) dal 135,7% del PIL attuale al 131,4% nel 2022. Nessuna svolta positiva per il futuro: le previsioni restano fumose e ottimistiche, e del resto dipendono prevalentemente da variabili esogene, cioè da fattori internazionali non controllabili e imprevedibili (dinamica del commercio internazionale, guerre, crisi finanziarie, ecc).

L’IVA viene sterilizzata con un gioco delle tre carte: l’ammontare totale (21miliardi) verrà finanziato dall’aumento del deficit pubblico per 14 mdi e dalla lotta all’evasione fiscale che – non si sa come- dovrebbe fruttare altri 7 miliardi (ma nessuno ci crede). Il paradosso è che l’aumento dell’IVA è stato promesso all’inizio dall’ultimo Governo Berlusconi e poi dai governi successivi qualora fosse stato incrementato eccessivamente il deficit pubblico; e che, per mantenere gli impegni pregressi sul deficit, il governo ricorre a altri 14 miliardi di deficit pubblico! Su una manovra complessiva di 30 miliardi, il resto sono briciole. Per gli investimenti, il taglio del cuneo fiscale, gli asili nido, ecc. rimane ben poco.

Affermare che la manovra è espansiva è o un clamoroso falso o frutto di retorica enfatica, di fantasia e di illusione. Il governo Conte, nonostante le richieste dei sindacati e della CGIL di Maurizio Landini, non si avvia neppure a ridistribuire la ricchezza esistente, ad applicare una patrimoniale per colpire i super-ricchi della finanza e i grandi patrimoni. E magari non riesce neppure a rimodulare l’IVA tassando di più il lusso e meno i prodotti indispensabili per i poveri. Del resto non è neppure detto che una patrimoniale (invocata inutilmente dalla sinistra) potrebbe da sola fare svoltare l’economia e fare crescere il Paese. Per rivitalizzare l’economia occorre una scossa pari al 2-3% del PIL, una scossa di circa 30 miliardi di euro. Neppure la patrimoniale – che comunque Conte ha garantito che non si farà – potrebbe aggiustare i conti pubblici. Così la crisi continua.

Non si vincono i consensi popolari e non si contrasta la crisi solo facendo lotta ai contanti e promettendo manette agli evasori fiscali. Da sempre i governi vogliono recuperare miliardi dall’evasione fiscale, ma per ottenere l’ambizioso obiettivo occorrono anni. Del resto l’elusione fiscale è incoraggiata dalla stessa eurozona: i capitali delle grandi corporation, degli oligopolisti del web e della grande finanza migrano in Olanda, Lussemburgo, Irlanda, e liberamente anche in Svizzera, Regno Unito, Stati Uniti e nei paradisi fiscali dove si pagano meno tasse. In base alle regole iperliberiste di Maastricht, i capitali non hanno vincoli di movimento dentro e fuori l’eurozona.

Le illusioni di rilancio da parte dell’Unione Europea e della BCE

In questa finanziaria c’è tanta dichiarata buona volontà ma non c’è nessuna svolta. Se le manovre economiche del governo dei leader quadripartito (Di Maio, Zingaretti, Renzi, Speranza) saranno queste, Matteo Salvini e la sua (cattiva) compagnia di destra estrema avranno gioco facile a incitare la piazza alla protesta e a guadagnare nuovi consensi verso la repubblica presidenziale e i pieni poteri all’uomo forte.

Le regole del gioco politico sono chiarissime: il populismo di destra vince se la democrazia e le forze progressiste, se i partiti e le elite al governo, dopo anni di austerità, disoccupazione, emigrazione di massa da parte dei giovani, non sono capaci di difendere i cittadini e procurare finalmente un reddito dignitoso e sicuro.

In realtà le attese del governo riposano su una grande illusione: quella che – una volta finita la paura dell’Italexit – la speculazione finanziaria grazi l’Italia, lo spread scenda e quindi il peso del debito pubblico diminuisca, e che perciò l’Italia possa continuare a galleggiare lungo tutta la legislatura come un tappo sul mare.

Conte e Gualtieri puntano a una Europa diversa, in grado di rilanciare la domanda aggregata e gli investimenti. La speranza è che alla fine anche le elite di Berlino, Parigi, Francoforte e Bruxelles (in ordine decrescente di importanza) si convincano a dare un po’ più di respiro all’economia dell’eurozona soffocata dall’austerità. Ma anche questa è una pura illusione: nessuno grazierà l’Italia. Le prospettive invece volgono al peggio: ormai tutti gli economisti annunciano un’altra imminente grave crisi globale. L’eurozona sta peggio delle altre regioni del mondo ed è sull’orlo della recessione. Il galleggiamento dell’Italia è quasi impossibile. Occorrerebbe una manovra di vera e decisa svolta, una manovra anti-convenzionale.

I soldi nell’eurozona non mancano: le banche hanno due triliardi di liquidità

La “scusa” del governo per non svoltare è la stessa da molti anni, e certamente non è di poco conto: l’Italia ha troppo debito pubblico e “mancano i soldi” per fare ripartire l’economia, l’occupazione e i redditi dei cittadini. Mancano i soldi per fare ripartire l’economia. Ma anche questo è solo frutto di piatto conformismo intellettuale e di adeguamento al pensiero unico liberista-eurista che impera soprattutto in Italia.

Non è vero che “mancano i soldi” per migliorare la vita dei cittadini: questa è una falsità grossolana. Dal lontano 1971 – da quando il presidente americano Nixon denunciò il gold standard – la moneta nel mondo ormai non è più agganciata all’oro, cioè a una quantità limitata e quasi fissa di valore, ma è moneta cosiddetta “fiat” che si crea e si moltiplica a piacere semplicemente digitando la tastiera di un computer. La moneta è indispensabile ma non è una risorsa naturale scarsa, come l’oro e il petrolio. La moneta è solo una serie di bit. Quindi in teoria non dovrebbe mancare mai per gli ospedali, la ricerca, la scuola, il diritto alla casa, le strade e i ponti, delle pensioni dignitose, per l’Internet veloce, insomma per il benessere dei cittadini.

La mancanza di moneta è semplicemente una questione politica: più precisamente una questione di pol
itica monetaria. La Banca Centrale Europea ha salvato le grandi banche (e anche le maggiori corporation europee) gonfiandole di liquidità. Ma, come noto, il Trattato di Maastricht impone invece alla Banca Centrale di non finanziare gli stati e le amministrazioni pubbliche. Così le banche sono piene di moneta e gli stati sono poveri di moneta. Inoltre Berlino ha imposto con il Fiscal Compact il pareggio di bilancio agli stati dell’eurozona. Queste regole anti-stato e pro-crisi impongono in pratica di segare la spesa pubblica, cioè il ramo che sostiene le economie dei Paesi. La crisi dell’eurozona è diventata strutturale e costante. Se vuoi abbattere la spesa pubblica, se non finanzi gli investimenti pubblici, se punti a crescere solo grazie alle esportazioni e non grazie alla crescita endogena della domanda interna, se vuoi tagliare il costo del lavoro e i redditi delle famiglie, allora è chiaro che di conseguenza anche gli investimenti produttivi calano, e che prima o poi le economie vanno in recessione.

La BCE è impotente e gli investimenti pubblici europei sono una chimera

In questa drammatica situazione toccherebbe quindi ai governi, e al governo italiano in particolare, intervenire per ridare fiato all’economia e aumentare i redditi delle famiglie. Anche perché la BCE è sostanzialmente impotente. Lo ha affermato a più riprese anche Mario Draghi, il governatore uscente della BCE. Draghi ha chiarito esplicitamente che l’espansione monetaria e il Quantitative Easing non bastano per rilanciare l’economia reale e “salvare l’euro”. La BCE ha stampato moneta per 2,6 migliaia di miliardi a favore delle grandi banche, e le banche, piene di liquidità, hanno gonfiato i mercati finanziari e alimentato le borse e i mercati speculativi, ma i soldi sono arrivati poco o nulla all’economia reale. La BCE ha salvato indirettamente gli stati dell’eurozona comprando dalle banche i titoli di debito degli stati dell’euro: ma non è riuscita, nonostante la grande espansione monetaria, a risolvere la crisi dell’economia reale. Lo stesso Draghi avverte che la politica monetaria sta esaurendo le sue cartucce: i tassi di interesse non possono scendere troppo sotto lo zero perché altrimenti nessuno metterebbe più i soldi in banca. Draghi invoca allora l’avvio di consistenti manovre di espansione fiscale in Germania e a livello europeo.

Tutti – compreso il governo Conte e il ministro Gualtieri – vorrebbero che finalmente la Germania si decida a rilanciare gli investimenti interni e traini così l’Europa; tutti desiderano che l’eurozona finanzi un grande programma di investimenti, pari ad almeno il 3-4% del PIL europeo. Ma molto difficilmente Berlino deciderà di abbandonare le strategie di austerità e di pareggio di bilancio; molto difficilmente la Commissione UE guidata dalla Ursula von der Leyen si distanzierà dal rigido governo tedesco. L’eurozona è ferma ed è nuovamente sull’orlo della recessione.

Il governo italiano ha allora il diritto e il dovere di difendere e sviluppare l’economia nazionale e di fronteggiare la situazione con un Helicopter Money basato sull’emissione di Titoli di Sconto Fiscale.

Dopo il quasi fallimento del QE, avanza la proposta dell’Helicopter Money

Ormai a livello internazionale, dopo il quasi fallimento del QE, è avviato il dibattito sulla possibilità (o necessità) che le Banche Centrali debbano effettuare manovre di Helicopter Money per uscire dalla “trappola della liquidità”. Finalmente oggi si comincia a discutere l’ipotesi che per superare la prossima incombente crisi le BC debbano “gettare soldi dall’elicottero”, ovvero offrire moneta direttamente agli attori dell’economia reale – individui privati, imprese ed enti pubblici – anche senza l’intermediazione delle banche. La proposta dell’HM comincia ad essere sotto i riflettori non solo degli studiosi ma anche delle banche centrali e delle maggiori società finanziarie, come BlackRock. L’ipotesi di HM è stata ventilata anche da testate autorevoli e di ampia diffusione, come il Financial Times e l’Economist.

Ma è difficile, se non impossibile, che la BCE voglia e possa fare dell’HM per finanziare gli stati, per finanziare gli investimenti pubblici e le famiglie come sarebbe necessario. La Germania si oppone ferocemente e testardamente a ogni manovra espansiva, e non accetterebbe mai la distribuzione di “moneta gratis”.

Il governo può creare quasi-moneta con i Titoli di Sconto Fiscale

Tocca allo stato nazionale intervenire. In effetti l’emissione da parte del governo di moneta fiscale – o di Titoli di Sconto Fiscale – e la loro assegnazione gratuita a famiglie, imprese e enti pubblici, sarebbe un Helicopter Money fatto dallo stato.

La situazione dell’economia e della società italiana è drammatica e richiede misure non convenzionali. Investimenti, consumi e spesa pubblica non riprendono. La domanda aggregata è caduta. L’Italia ha un PIL inferiore al 4% dopo circa 12 anni dall’inizio della “grande crisi globale”. La disoccupazione è stabilmente al 10%.

Da 25 anni l’Italia presenta un bilancio pubblico in avanzo primario – cioè i cittadini pagano più tasse di quanto lo stato spende per i servizi sociali -. L’austerità italiana dura da 25 anni. Viviamo da 25 anni al di sotto dei nostri mezzi. Eppure l’avanzo primario di 25 anni non è bastato per diminuire il debito; anzi, nonostante l’avanzo primario, ogni anno, lo stato, solo per pagare gli interessi sul debito, è costretto a chiedere soldi ai maggiori operatori finanziari, ovvero ai signori della moneta, i veri padroni dell’euro. L’oligarchia finanziaria da 25 anni ricava ogni anno dai 60 agli 80 miliardi di interessi sul debito pubblico italiano. È chiaro che in questa situazione l’economia nazionale non può crescere. Continua invece a crescere inesorabilmente il debito pubblico; mentre il PIL nazionale, dopo più di dieci anni dall’inizio della crisi, è ancora inferiore al 4-5% di prima della crisi. Un disastro.

Occorre uno shock, una svolta radicale. Da qui la proposta dell’Helicopter Money fatto dal governo. Da qui la proposta alternativa della moneta fiscale nella forma di emissione dei Titoli di Sconto Fiscale.

Lo stato italiano dovrebbe intervenire urgentemente per ridare liquidità al sistema emettendo NON una moneta alternativa all’euro ma un titolo di Stato che rimetta in circolazione nell’economia reale l’enorme quantità di denaro congelata nelle riserve del sistema bancario. Bisogna mettere benzina nel motore per farlo ripartire. Poi, una volta che il motore riparte, si può migliorare, aggiustare, correggere, ecc. Se il motore parte si può recuperare l’evasione fiscale, aumentare gli investimenti verdi e diminuire il cuneo fiscale. Ma se il motore non parte non si può fare nulla.

Lo Stato dovrebbe emettere Titoli di Sconto Fiscale convertibili in euro che consentirebbero di uscire finalmente dall’austerità che sta impoverendo il Paese, che sta alimentando il peggior populismo xenofobo, abbruttendo la società civile e rovinando la democrazia.

I Titoli di Sconto Fiscale, TSF, sono dei titoli che danno diritto ai loro possessori di ridurre i pagamenti dovuti allo stato (fisco, tariffe, contributi, ecc.) dopo tre anni dall’emissione, cioè al quarto anno. I TSF verranno distribuiti gratuitamente, e quindi senza aggiungere debito, a famiglie, enti pubblici e imprese. I TSF andrebbero assegnati in maniera aggiuntiva – e non sostitutiva – ai redditi in euro per sostenere la domanda aggregata. Lo stato potrebbe così fina
lmente alimentare i consumi, gli investimenti e la spesa pubblica.

Le emissioni di TSF potrebbero partire da un livello pari al 1-2% circa del PIL annuo – circa 20-30 miliardi di euro – e essere modulate e calibrate nel tempo in modo da assicurare alti livelli di occupazione senza però produrre una inflazione superiore al 3-4%, né scompensi nei saldi commerciali esteri.

I TSF, esattamente come tutti gli altri titoli di stato, come i Bot e i CCT, potranno essere ceduti immediatamente sul mercato finanziario in cambio di euro e possono subito incrementare la capacità di spesa dell’economia. Essendo titoli a breve-media scadenza garantiti dallo stato per “pagare” le tasse, i TSF saranno scambiati sul mercato finanziario con un minimo tasso di attualizzazione. 100 euro di TSF equivarranno in pratica a 100 euro, o poco di meno. Grazie a questa conversione, nell’economia reale circoleranno quindi gli euro come mezzo di pagamento e non monete parallele.

I TSF non generano debito né al momento dell’emissione né in quello dell’utilizzo. Infatti all’emissione lo stato non sborsa soldi e soprattutto, a differenza con quanto farebbe emettendo BOT e BTP, non chiede soldi al mercato finanziario e ai primary dealer – le grandi banche d’affari che comprano all’ingrosso il nostro debito pubblico -. Così lo stato comincerà ad affrancarsi dalla dominanza dei “signori della moneta”. Gli operatori finanziari da parte loro non correranno alcun rischio perché non sborseranno soldi per comprare i titoli del debito dello stato. Non essendo trattati sul mercato primario dei titoli di stato, ovviamente i TSF non sono soggetti a interessi e spread. Inoltre i TSF non possono essere computati come debito perché il governo s’impegna non a rimborsarli in euro ma soltanto a concedere sgravi sulle tasse future.

Nel periodo che va dall’emissione dei TSF fino alla loro maturazione entrerà in funzione il moltiplicatore del reddito: ogni nuovo euro in circolazione genererà un forte aumento del PIL reale e un incremento dell’inflazione. Dopo tre anni dall’emissione dei TSF, la crescita del PIL nominale indotta dal moltiplicatore e dall’inflazione darà luogo a un aumento del gettito fiscale che compenserà il deficit potenziale dei TSF. Quindi non ci sarà incremento di deficit pubblico, ma anzi eventualmente surplus fiscale. La manovra proposta aumenterebbe significativamente il PIL, produrrebbe surplus di bilancio pubblico, e alla fine si ripagherebbe grazie all’incremento dei ricavi fiscali.

I TSF godranno prevedibilmente di buona valutazione da parte delle agenzie di rating perché sono titoli pienamente utilizzabili per "pagare le tasse" anche se lo stato fallisse nei suoi debiti in euro. Anche se lo stato italiano non fosse più in grado di restituire i suoi debiti in euro, sarà ancora in grado di onorare gli sgravi fiscali. Di sicuro al 100% c’è solo la morte, ma è chiaro che i TSF sono titoli assai più sicuri dei BOT e dei BTP.

Ma se i TSF avranno un buon rating, o comunque un rating più che sufficiente, la BCE li accetterà come collaterale. Così anche le banche li accetteranno volentieri; e difficilmente gli investitori potrebbero sanzionare con forti aumenti di spread gli stati che emettessero TSF. I mercati promuoverebbero i TSF vedendo che aumentano il PIL e riducono fin dal primo anno il rapporto debito pubblico/PIL. Gli investitori finanziari avrebbero maggiori garanzie che lo stato italiano sarà in grado di pagare i suoi debiti. Anche la Commissione UE non potrebbe obiettare nulla sul piano regolamentare.

Ma come potrebbe essere eseguita la manovra basata sui TSF? Ai cittadini i TSF saranno attribuiti in proporzione inversa al reddito, privilegiando ceti sociali disagiati e lavoratori a basso reddito per incentivare i consumi e per ragioni di equità sociale. Alle aziende le assegnazioni saranno attribuite principalmente in funzione dei costi di lavoro, per migliorare la loro competitività ed evitare che l’effetto espansivo crei un peggioramento dei saldi commerciali esteri. Una quota importante dei TSF verrà utilizzata per un Piano del Lavoro finalizzato a realizzare infrastrutture immateriali e materiali e a rafforzare il welfare.

Le emissioni di TSF potrebbero partire da un livello pari al 2% circa del PIL annuo: l’incremento della domanda farà inizialmente crescere il PIL intorno al 2-3%, fino al recupero dell’”output gap” prodotto dalla crisi.

Un governo ambizioso, intelligente e coraggioso potrebbe, sul piano tecnico, emettere TSF nel giro di poche settimane. Questo progetto non richiede riforme dei trattati dell’Unione Europea e non implica di chiedere soccorso ad altri Paesi o alla Troika. Emettere TSF è una decisione che ogni governo dell’eurozona potrebbe e dovrebbe prendere con grande consenso sociale. L’eurozona diventerebbe molto più flessibile grazie alla cosiddetta (quasi)moneta fiscale. Questo progetto offre inoltre l’enorme vantaggio di potere essere essere attuato rafforzando la moneta unica europea di fronte alle altre valute internazionali, come il dollaro, yen, yuan, pound. La cosiddetta moneta fiscale dovrebbe essere considerata come l’ancora di salvezza di un’eurozona strutturalmente fragile e sempre sull’orlo del precipizio.

(9 ottobre 2019)





MicroMega rimane a disposizione dei titolari di copyright che non fosse riuscita a raggiungere.