L’Italia è sempre più plurale, laica e secolarizzata

Raffaele Carcano

Eh sì, il paese cambia. Eccome se cambia. E non nella direzione che ci viene naturale pensare che stia cambiando quando leggiamo i giornali e guardiamo la televisione, e constatiamo che Matteo Salvini occupa l’intero orizzonte del dibattito politico. Dal sondaggio che l’Uaar ha commissionato alla Doxa, infatti, emerge un’Italia più plurale, laica e secolarizzata.

Ormai si può descrivere il panorama religioso del paese dividendolo in tre: cattolici praticanti, cattolici non praticanti, altri. L’Italia è però un paese molto più plurale soprattutto perché tanti privilegi della religione che un tempo fu di stato (ma che a livello istituzionale rimane egemone quanto prima) sono ormai messi in discussione dalla maggioranza stessa della popolazione.

L’Italia è dunque sempre più laica. L’83,4% dei cittadini ritiene che sia molto o abbastanza importante il principio costituzionale di laicità dello stato, il 61,5% è favorevole a separare l’azione di governo dalla religione, mentre il 45% vorrebbe rivedere il concordato, o quantomeno aggiornarlo in una direzione laica. Dati estremamente eloquenti.

Ma le cifre sono altrettanto significative quando si arriva ai costi pubblici della Chiesa. La maggioranza assoluta del campione chiede che gli immobili di proprietà religiosa siano tassati a prescindere, e altri tre su dieci vogliono che siano quantomeno tassati quelli che producono reddito: in totale, pertanto, abbiamo un iperbolico 84% degli italiani che il governo potrebbe accontentare recuperando i miliardi di euro mai corrisposti sull’Ici ecclesiastica. Sono in maggioranza anche i contrari a finanziare le scuole private o la costruzione di nuove chiese. Sei cittadini su dieci chiedono infine di intervenire contro l’obiezione di coscienza all’aborto, riducendola o addirittura eliminandola. Tutti temi che non sono all’ordine del giorno delle agende parlamentari.

A fare impressione sono soprattutto le bassissime percentuali raccolte dai super-clericali: c’è, ovviamente, ancora una parte consistente della popolazione che laica non è, ma gli estremisti alla Pillon raccolgono consensi estremamente limitati. Forse perché l’Italia si secolarizza, anche se non alla velocità di altre nazioni. Papa Bergoglio sarà anche simpatico a tanti non credenti, ma non riesce proprio a convertirli – esattamente come non li ha convertiti un leader religioso altrettanto simpatico, ma protagonista delle cronache internazionali da molto più tempo: il dalai lama. Il numero di atei continua a crescere, quello dei cattolici continua a calare, e il fatto che i primi siano mediamente molto più giovani dei secondi fa pensare che la tendenza potrà soltanto accentuarsi, nei prossimi anni.

E non ci sono solo gli atei e gli agnostici: ci sono tanti credenti che non appartengono ad alcuna confessione religiosa, e ci sono i fedeli delle confessioni di minoranza. Una ricchezza che andrebbe enfatizzata: l’Italia non è mai stata così polifonica dai tempi dell’ascesa al trono di Costantino.

Ma c’è un ulteriore aspetto del sondaggio che deve attirare la nostra attenzione: gli italiani si rivelano ancora più laici quando sono a conoscenza dei privilegi della chiesa. Perché sono purtroppo troppi i connazionali che – complici forse il diluvio di pubblicità per l’8×1000 e il diffuso, incondizionato apprezzamento per il volontariato – pensano che tante attività pubbliche svolte dagli enti religiosi siano realizzate gratis, anche se non è quasi mai così. A riprova, l’unico dato in controtendenza rispetto al sondaggio che l’Uaar fece effettuare cinque anni fa è quello sull’ora di religione: allora fu spiegato che i docenti sono scelti dai vescovi ma pagati dai contribuenti, questa volta no.

Non a caso, una situazione analoga la possiamo verificare anche nel contemporaneo sondaggio sull’eutanasia che l’Swg ha svolto su incarico dell’associazione Luca Coscioni. Non stupisce dunque che l’orientamento laico emerga netto, ma confusamente. Sarebbe indispensabile, su questi temi, maggiore comunicazione da parte delle istituzioni pubbliche e dei mezzi d’informazione. Purtroppo, ci tocca invece leggere del presidente Rai che vorrebbe assumere ancora più giornalisti cattolici. Come se la Chiesa non occupasse già ora che l’emittente di stato dedica alla religione. Senza alcuna voce critica. A spese esclusivamente nostre.

Tuttavia, per avere una politica migliore, un giornalismo corretto, una classe dirigente consapevole che l’Italia unanimemente cattolica fa parte di un passato ben poco glorioso, occorre che qualcuno glielo faccia capire. I sondaggi danno voce ai cittadini, ma sono poi decisivi gli elettori e l’attivismo. I risultati ottenuti costituiscono una ragione in più per impegnarsi nella costruzione di un futuro ancora più laico.
(14 maggio 2019)






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