Lo “Schiavo di Roma”, nuova maschera nella Commedia dell’Arte
Ai personaggi della Commedia dell’Arte italiana, sempre amatissima da poveri e signori, negli ultimi dieci anni si è aggiunta una nuova maschera post-moderna, nata nel Nord della penisola e creata dal brianzolo Umberto Bossi, geniale artista circense. La maschera, tuttora impersonata dal suo stesso creatore, si chiama lo "Schiavo di Roma" e sta sostituendo, nel favore della popolazione di quelle regioni, i vecchi Arlecchino, Balanzon, Brighella, Pantalone e compagni.
Sulla scena lo Schiavo di Roma appare completamente vestito di verde, porta gli occhiali, ha il viso storto (naturalmente è una maschera) e si presenta tenendo il dito medio della mano destra diritto verso l’alto, senza abbassarlo mai. Per tutto il tempo che resta in scena inveisce contro Roma e i romani e, da buona maschera della commedia dell’arte, fa ogni sorta di allusione scurrili, collegando il dito diritto al "foro" romano e al Colosseo, che chiama spiritosamente "Culosseo".
Fino a pochi anni fa il Bossi, alias Schiavo di Roma, è stato capace di eseguire sul palcoscenico capriole, piroette e salti mortali. Uno di questi, strabiliante per la difficoltà, fu il Ribaltone, che lo Schiavo di Roma era in grado di fare in senso orario e antiorario. Molte altre maschere post moderne della Commedia dell’Arte italiana – l’elenco sarebbe troppo lungo per indicarle qui – hanno imitato e cercano di imitare l’esercizio del Ribaltone ma con risultati meno stupefacenti.
Una volta all’anno, nell’Italia del Nord, questo grande artista circense indice la grande festa degli "Schiavi di Roma", come fosse la festa degli Arlecchini o dei Pulcinella. Ad essa partecipano moltissime persone, tutte con almeno qualche cosa di verde indosso in onore della loro amatissima maschera. Numerosi partecipanti, che amano portare sulla testa elmi vistosamente cornuti, sono anche travestiti da guerrieri dell’antico Nord, vichinghi e celtici. Le corna, per gli "Schiavi di Roma", sono un’allusione alla loro sorte disgraziata di schiavi dei quiriti, parte farsesco-drammatica che recitano in ogni commedia, senza cambiarla mai.
Durante la grande festa lo Schiavo di Roma, che per gli anni e i malanni non può più fare capriole e piroette, incita i partecipanti a inveire contro Roma che li terrebbe in servitù, a giurare ribellione e vendetta, a minacciare sfracelli, a pretendere, da Roma Ladrona, denaro e ancora denaro. Poi si fa dare, da uno schiavo più verde degli altri, un bicchiere e un’ampolla contenente quella che lui dice essere "sacra acqua del Po", anche se tutti sanno che è un ottimo bianco del Veneto. Soltanto in quel momento, spasmodicamente atteso dalla folla, il grande guitto brianzolo cerca di piegare il dito medio per afferrare meglio l’ampolla e il bicchiere. Per riuscirvi mostra di fare uno sforzo tremendo e doloroso, quasi che la mano sia anchilosata per essere stata tenuta troppo lungamente in una posizione innaturale.
Quando gli astanti vedono che il piegamento è riuscito e la grande Maschera si versa un bicchiere dell’acqua magica che beve alla loro salute, esultano e gridano al miracolo, come a Napoli, quando il sangue di San Gennaro si liquefà nell’ampolla.
Con la creazione dello Schiavo di Roma, il grande artista circense Umberto Bossi, oltre che la sua fortuna, ha fatto, meritatamente, quella della numerosa famiglia e dei molti artisti di contorno.
(28 luglio 2008)
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