Lode al lodo che lede
Il caimano tutto grinta
non fa più nemmeno finta
d’esser nobile statista,
ma con la sentenza in vista
per l’ignobile reato
per il qual vien processato,
corruzione giudiziaria,
la Giustizia manda all’aria.
Senza il minimo pudore
da imputato a accusatore
è passato il Cavaliere,
come dir che col potere
son la Corte gli imputati
ed i pm gli accusati,
anzi i veri malandrini
da mandar coi secondini.
Il suo caso personale
deve uscir dal tribunale,
si risolve in Parlamento
con l’indegno reggimento
dei suoi squallidi lacché.
La Costituzion dov’è?
Giace a terra calpestata,
manomessa, violentata.
Gli han votato i servitori
il cavillo che fa fuori
mucchi di processi vecchi
perché pure il suo sonnecchi
per un anno per lo meno,
ma il premier non è sereno,
poiché, ahimé, il decreto legge
che da Gandus lo protegge
val dal ventiquattro luglio.
Perciò ha l’animo in subbuglio
perché pensa che sia tardi
per fermare i comunardi
magistrati di Milano.
Con Ghedini e con Alfano
salta fur la nuova mossa:
un bel lodo che gli possa
garantir l’immunità
oggi e per l’eternità.
Legge costituzionale?
Non c’è tempo, è naturale.
Anzi è tal l’urgenza che
han pensato i nostri tre
ad un bel decreto legge…
La motivazion non regge,
ma oramai che se ne frega?
O Napolitan si piega
o il conflitto scoppierà
e il caiman si appellerà
a quel popolo italiano
che in un tempo ormi lontano
a Benito aprì le porte:
finalmente l’uomo forte!
Conta poco il presidente,
il Pd non conta niente,
fa Di Pietro quel che può,
rivolgiamoci perciò
ben più in alto, al Padreterno:
“Signor, sii con noi paterno…
Non seguimmo i tuoi precetti
e peccati molto abietti
commettemmo in quantità.
Criticar Sua Santità,
far l’amore, dir bugie
e altre simili follie
non fu certo meritorio.
Meritiamo il purgatorio,
anche lungo, non l’inferno
del Berlusca e il suo governo.
Signor, ti chiediam pietà,
mandaci calamità,
terremoti, fam, tifoni,
ma allontana Berlusconi!”
(26 giugno 2008)
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