L’orgia del potere

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Di tutta la repellente vicenda Ruby (e di quelle innumerevoli che l’hanno preceduta), è rimasto ignorato ed in disparte l’aspetto più macroscopico e grave.
L’innominato ed i suoi caudatari, reggicoda e lustrascarpe, servendosi dei mezzi di comunicazione di massa hanno accusato i PM di persecuzione gratuita, di violazione della legge, di operare per finalità politiche, di spargere accuse consapevolmente infondate, e, infine e trionfalmente (per stuzzicare l’orgoglio dell’elettore), di voler sovvertire l’esito del voto popolare.

Premesso, incidentalmente, che il voto popolare non è un’autorizzazione a delinquere, dobbiamo sottolineare con forza che questi attacchi sono delle enormità inconcepibili che assumono la valenza di una sovversione gravissima dell’ordine costituzionale.

Queste espressioni (che provengono, addirittura, da posizioni di estrema responsabilità istituzionale come ministri di governo) minano gravemente le fondamenta stesse dello Stato e costituiscono un attentato pericolosissimo ai diritti primari dei cittadini.

A quei Magistrati che, turandosi il naso, si assumono il gravoso onere di mettere le mani nella graveolente melma sparsa dal reponsabile del governo di questo Paese, a costoro, dunque, va tutta la nostra stima, la nostra riconoscenza e gratitudine per l’ingrato compito di dover, da soli, assumere sulla loro persona (fragile, di fronte allo strapotere dell’insolente sovvertitore piduista), il carico pesantissimo di difendere i principi di base che salvaguardano lo Stato di diritto e cioè i diritti di tutti i cittadini. I nostri diritti, primo fra tutti quello dell’eguaglianza di fronte alla legge, chiunque sia colui che la infrange.

Quelle affermazioni non sono soltanto oscenamente mistificatorie, sono sopratutto massimamente eversive, anche perchè, provenendo da sedi istituzionali, la gente comune – ignara ed inconsapevole – seduta davanti allo schermo televisivo, se le beve tutte. E le avalla anche perchè non dispone di nessun contraddittore con identica autorevolezza formale che le respinga e contesti con il dovuto disprezzo e sdegno.

Se l’imputato Vallanzasca avesse all’epoca esternato consimili accuse, avrebbe immediatamente incassato massimo ludibrio e pesante denuncia penale (art. 272 c.p. "propaganda ed apologia sovversiva": da sei mesi a due anni).

Nel caso che ci occupa, questo compito spetta in primo luogo alla politica, perchè è in gioco la salute della Repubblica.

Lasciamo perdere il gregge delle pecore belanti intorno al distributore di mangime, qui colpisce, ed è inaccettabile, il desolante deserto delle opposizioni. Questa gente ha fallito il compito basilare affidato dal popolo ai suoi rappresentanti: la tutela delle istituzioni democratiche, dell’impianto costituzionale esistente.

Ma grave è anche la responsabilità dell’informazione. Non basta dare notizia di un fatto se non se ne chiarisce al contempo la natura. Un conto è segnalare “è caduto un vaso in strada”. Un altro specificare che questo pesava due tonnellate, che è caduto per insipienza del manovratore di una gru e che sono rimaste schiacciate sei persone. Scopo primario dell’informazione è fornire alla gente la possibilità di formarsi un giudizio. E la valutazione di un evento può essere effettuata solo se le sue implicazioni vengono rese note.

Dobbiamo qui richiamare ciò che è il fulcro del sistema giuridico-istituzionale? Di fronte ad una notizia di reato, il Magistrato ha il dovere – di fronte a tutta la collettività – di verificare la rispondenza delle voci alla realtà di fatto, di controllare se questo fatto accertato viola la legge, di indagare per trovarne il responsabile, per infine avviarlo al processo affinché il Magistrato deliberante lo punisca e venga così ristabilito il quadro della legalità sul quale si basa un Paese civile.

La libertà di tutti si basa sull’osservanza delle leggi. “E’ massima vergogna che in uno stato di diritto si trasgrediscano le leggi. I vincoli che esse pongono sono il fondamento della libertà e la fonte della giustizia” (Cicerone). In uno stato di diritto, soggiungiamo noi, chi governa serve le leggi ed il ruolo rivestito, non li asservisce ai propri interessi.
Rispettare la legge significa rispettare chi le applica e chi le fa rispettare, cioè i Magistrati. Significa, altresì, rispettare la collettività nel suo complesso.

Quel tizio innominato, variamente definito mandrillo, satrapo, eliogabalo, sultano, ecc., sul piano soggettivo appare palesemente affetto da una sete infinita di potere, che compensi una personalità evidentemente immatura e fragile. Per chi consepisce il potere come un privilegio e non come una responsabilità (e ciò può rientrare nel quadro delle malattie psichiche della personalità), esso viene a rappresentare soltanto una gratificazione personale, a lui riservata per le sue eccezzionali doti e che – pertanto – può essere gestita a piacimento e senza limiti. Non ce ne sarà mai abbastanza: questo potere crea sete di potere.
E non se ne configura mai l’abuso, appunto perchè è privo di confini.
(E chi non ha la consapevolezza dei limiti non prova il sentimento della vergogna – che è percezione della violazione di una regola, etica o civile – e pretende, anche, l’impunità).

Questa interpretazione del potere, lo rende infatti una prateria senza orizzonti. Diviene una droga esaltante che morbosamente auto-eleva il soggetto, così eccitato, al disopra di tutte le regole, morali, civili ed etiche, in un delirio sconfinato di onnipotenza.

Per una certa grezza e deteriore subcultura, massima espressione di questo potere è, in particolare, poter disporre del corpo altrui, la più intima, segreta, inviolabile, importante pertinenza dell’essere umano.

Da notare che, nel caso, ben misero risulta il puro piacere sessuale di avere rapporti (chimicamente indotti) con una moltitudine di puttane. Non tanto è ciò espressione di personale analfabetismo del sesso, quanto di qualcosa che va ben oltre la sessualità per inquadrarsi in una patologia della personalità. Una personalità che si inebria e gode non del contatto fisico, ma della perversione di poter assistere allo spettacolo di tanti esseri umani a disposizione totale della propria volontà, in una orgia sfrenata di potere.

Ma non è la patologia clinica che qui ci interessa. La nostra vivissima preoccupazione attiene alla custodia dell’integrità delle istituzioni democratiche.

Il pericoloso connubio, da un lato, tra l’arrogante e mistificatoria denigrazione della Magistratura (e della sua funzione istituzionale), presentata dagli orpelli delle poltrone occupate e, dall’altro, l’ottusa ignoranza della gente comune, lasciata allo sbando cognitivo dal sistema politico, è tale da generare insanabili devastazioni dell’ordine civile.
Un degrado che ci avvia su un sentiero che porta diritta la nostra collettività al livello degli staterelli africani dominati dai dittatorelli alla Bokassa, custodi non della loro gente, ma dei più loschi interessi.

Angelo Casella

(22 gennaio 2011)

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