Macron e l’invito ad essere se stessi

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Alcuni passaggi del “discorso della vittoria” di Emmanuel Macron di ieri sera meritano, credo, una particolare riflessione: personalmente, li ritengo molto più importanti di tanti particolari “scenografici” sottolineati a iosa dai mezzi di comunicazione (la spianata del Louvre scelta come luogo simbolo; la passeggiata solitaria alla maniera di Mitterand accompagnata dalle note dell’Inno alla gioia che precede la Marsigliese; ecc…).

Anzitutto, il costante richiamo all’Europa e al mondo, che sono non solo spettatori attenti ma giudici di ciò che è avvenuto e che avviene in Francia: in tempi in cui è diventato un facile sport “sparare” contro l’Europa dei burocrati e dei ragionieri, Macron non ha mai ascoltato le sirene del facile nazionalismo e dello pseudo-patriottismo, cavalcato invece a spron battuto dalla sua rivale (che, riconoscendo la propria sconfitta, ha appunto commentato: Ora la sfida è tra patriottisti e mondialisti).

Le prime parole da Presidente eletto con circa il 65% dei voti superano i provincialismi e cancellano in un attimo tutte le fanfaronate di chi metta al primo posto (in realtà all’unico posto!) il proprio Paese: sapranno trarre qualche utile indicazione da ciò i “patriottisti” di casa nostra? A giudicare dai primi commenti, parrebbe proprio di no!

Poi il trentannovenne Macron ha parlato con passione della “difesa dello spirito dell’Illuminismo”: grazie alla sua formazione filosofica, ha guardato con consapevole gratitudine alla tradizione storica del suo Paese, patria dei Lumi.

L’Illuminismo è stato un momento straordinario, forse irripetibile nella storia del Vecchio Continente: l’età in cui una ragione “calda”, filantropa, solidale, ha spazzato via le assurde ingiustizie dell’Ancien Régime, ha posto le basi per un incredibile progresso giuridico, economico, sociale e ci ha insegnato a rispettare e onorare i diritti “naturali, sacri e inalienabili” dell’essere umano in quanto tale.

Una lezione non solo da non dimenticare, ma da ripetere e applicare quotidianamente: cosa che, di questi tempi, non sta esattamente avvenendo in tutta Europa.

E coerentemente con “lo spirito dell’Illuminismo” Macron ha parlato del bisogno di un “nuovo umanesimo”: questo è, a parer mio, l’aspetto essenziale, che dovrebbe animare una nuova visione della politica di tutti i Paesi europei, non certo solo della Francia.

Se non si torna a puntare – realisticamente e non utopisticamente – sull’umanità, a ripensare alle priorità individuate in tempi recenti, a rimeditare – anche e non da ultimo – sulle scelte educative e sulle offerte formative da proporre alle nuove generazioni, non si imposteranno ed affronteranno in modo giusto le sfide del nostro tempo, globalizzato e complesso.

Infine, Macron afferma con convinzione: “Tutti si aspettano che noi siamo noi stessi”. Appunto. L’Europa e il mondo si aspettano che la Francia sia se stessa.

Rivendicare la propria identità e al tempo stesso sentirsi parte di un complesso più grande, la Francia nell’Europa, senza avvertire contrasto, ma anzi sentendo forte la contiguità tra la propria orgogliosa appartenenza ad una grande Nazione e la consapevolezza di essere europei.

È anche questa, in fondo, semplicemente una questione di cultura!

Senza la quale, la politica si immiserisce, si corrompe, diventa o pura chiacchiera o pura prevaricazione.

Stefano Casarino

(9 maggio 2017)



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