Mafia. Da Polsi a Palermo, la Chiesa senza coraggio

Raffaella Cosentino

Le parole contano, il luogo in cui vengono pronunciate anche. Il Papa a Palermo delude tutti. A Polsi il vescovo non usa mai la parola ‘ndrangheta. "La Chiesa deve interferire", dice don Ciotti. "L`appoggio indiretto dei sacerdoti ai mafiosi è un dato inquietante". "I mafiosi alla festa di Polsi sono tra la gente, non isolati da loro", spiega il magistrato della DDA reggina Michele Prestipino. Esistono ancora due chiese contrapposte. E una immensa zona grigia.

, da terrelibere.org

Una condanna forte, chiara e netta dei mafiosi. E` questo quello che è mancato nelle parole di Papa Ratzinger a Palermo durante la visita del 3 ottobre. Nell`Angelus mattutino al Foro Italico, rivolto alla città, il Papa ha parlato di ‘criminalità organizzata` e denunciato genericamente il ‘male`, pur ricordando il sacrificio di don Pino Puglisi. Questo ha generato nel pomeriggio una dichiarazione dei ragazzi di AddioPizzo che esprimevano delusione perché non era stata pronunciata la parola ‘mafia`. Anche Rita Borsellino ha dichiarato il suo disappunto “per la mancanza di forza` del discorso del Papa. Opinione ripresa dal quotidiano inglese “The Independent` che accusa Benedetto XVI di essere stato solo ‘allusivo` nel suo discorso.

Nel pomeriggio, durante l`incontro in piazza Politeama con i giovani, Ratzinger cambia registro e dice chiaramente che “la mafia è una strada di morte incompatibile con il Vangelo`, addita Rosario Livatino come modello per i giovani e sulla strada del ritorno verso l`aeroporto di Punta Raisi, lascia una preghiera e un mazzo di fiori sulla stele di Capaci che ricorda la strage per uccidere il giudice Giovanni Falcone. Si celebrano le vittime e i martiri. Ma i carnefici? Perché dovrebbero essere toccati da questo discorso di Ratzinger? Le parole di papa Wojtyla ad Agrigento, il 9 maggio del 1993, dopo le stragi, lasciarono il segno perché più che santificare le vittime innocenti, erano rivolte a condannare i colpevoli, con l`accento sul vero ‘pentimento` quello che porta a collaborare con la giustizia, a prendersi la responsabilità in prima persona del male commesso. Giovanni Paolo II, con le sue parole, lasciò nudi i mafiosi, svestiti per sempre della copertura di consenso sociale della sottocultura mafiosa ammantata di simboli religiosi.

L`appello di don Ciotti: “la chiesa deve interferire`
Oggi, in un momento cruciale nel contrasto alle mafie, la Chiesa resta divisa al suo interno. C`è chi per questo ideale ha dato la vita con grande passione religiosa e civile, come don Peppe Diana e don Pino Puglisi, chi si impegna in prima linea come i preti di Libera, ma anche chi ha comportamenti ambigui, chi indossa la tunica ma appoggia i mafiosi. Tra i due estremi c`è una zona grigia del ‘non ci interessa, non ci riguarda`, che non prendendo reale coscienza del suo ruolo nella società italiana, non si rende conto di prestare il fianco con il suo ‘non ci importa`. Per questo sarebbe necessario un messaggio di unità da parte della somma gerarchia ecclesiastica.

“Quello che credevamo superato nel mondo cattolico, si è ripresentato con fatti di estrema gravità` ha detto don Luigi Ciotti a metà settembre durante un incontro a Roma dal titolo Sotto le due Cupole. Chiesa, religione e mafia.

Il campanello d`allarme suonato dal fondatore di Libera è chiaro: “L`appoggio indiretto dei sacerdoti ai mafiosi è un dato inquietante. Negli ultimi mesi sono accadute 7-8 vicende gravi che coinvolgono il mondo della Chiesa in quei territori, soprattutto in Calabria sono successe cose gravi`. E ancora: “Le mafie stanno cercando di infiltrarsi nelle associazioni dei movimenti cattolici`. Secondo don Ciotti “al di là dell`impegno positivo di tanti sacerdoti, è necessario che dall`alto arrivi una lezione chiara e forte. La chiesa deve interferire, deve sporcarsi le mani per la verità e la giustizia`.

I simboli
La mafia e la fede vivono di simboli. Palermo è un luogo decisivo per la lotta alla mafia, così come Polsi, il santuario mariano dell`Aspromonte, è un posto simbolico di potere per la ‘ndrangheta, la mafia italiana – in questo momento – più ricca, potente e diffusa. “A Polsi anni fa abbiamo fatto il campo nazionale di formazione di Libera – ha raccontato il sacerdote a capo di Libera – nei giorni della festa del 2 settembre, un segno verso la bella gente che c`è in Calabria`. L`aneddoto prosegue con don Ciotti portato via da un elicottero perché durante la prima giornata un uomo era entrato in sala armato. Ma nonostante i summit della ‘ndrangheta, il santuario non va chiuso secondo don Luigi. “Se partiamo da quel punto di vista, chiudiamo tutte le chiese in giro – mi dice al termine dell`incontro – bisogna chiamare le cose con il loro nome e i segni sono importanti ma bisogna vedere che gesti fare. Nessuno si deve nascondere dietro Dio o la Madonna`.

L`importanza rivestita da Polsi per la ‘ndrangheta si può riassumere in due concetti: mimetizzazione e uso dei simboli della fede per rafforzare il controllo. Me lo spiega il magistrato Michele Prestipino che ha lavorato a Palermo e ora è alla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. “Polsi è un luogo scelto dalla ‘ndrangheta per le sue riunioni annuali da lungo tempo. Ci sono intercettazioni anche di vent`anni fa che lo confermano – racconta – c`è una mimetizzazione nella grande festa di popolo, tra le migliaia di persone si confondono i capi della ‘ndrangheta, che sono tra la gente, non isolati da loro; a questo si aggiunge il problema dell`utilizzazione dei simboli della fede per rafforzare il controllo`.

(8 ottobre 2010)

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