Marco Travaglio: Troppi Galli nella Loggia

MicroMega

di Marco Travaglio, da l’Unità, 2 luglio 2008

Dopo aver elencato sul Corriere quelle che, a suo dire, sono le "patologie" della giustizia all’origine dei processi a Berlusconi, Ernesto Galli della Loggia scrive: "Aspetto precisazioni da Marco Travaglio". Eccomi. 1) "L’obbligatorietà dell’azione penale" per il politologo, è scaduta nel "più totale arbitrio d’iniziativa del pm", non più "guardiano autonomo e imparziale della legge", ma "padrone discrezionale e incontrollabile della stessa". Voglio essere buono e far finta che sia vero (non lo è,ma fa niente). La soluzione sarebbe, se non ho capito male, quella praticata altrove: l’azione penale discrezionale. Bene, anzi male (Dio ci aiuti dalle priorità fissate dai partiti sui reati da perseguire e da ignorare): nei paesi ad azione penale discrezionale, Berlusconi avrebbe subìto gli stessi processi che ha subìto in Italia. In nessuna democrazia infatti si trascurano i reati per cui è stato rinviato a giudizio: corruzione della Guardia di Finanza, corruzione di giudici, corruzione del testimone, corruzione di un dirigente tv, finanziamenti illeciti a Craxi, frodi fiscali e falsi in bilancio su 1500 miliardi di lire in società offshore, appropriazione indebita di fondi neri dalle casse di una società quotata. Tutti reati puniti severissimamente e perseguiti con precedenza assoluta in tutte le democrazie. Negli Usa, chi è sospettato di averne commesso uno solo finisce in manette e, dopo la condanna, gettano via la chiave. Se poi, per assurdo, fosse il capo del governo, si dimetterebbe all’istante, altrimenti verrebbe cacciato con l’impeachment. Per evitare processi, al premier non basta abolire l’azione penale obbligatoria: dovrebbe proprio smettere di commettere reati. Che non dipendono dal sistema giudiziario. Dipendono da lui. 2) Nei processi italiani -sostiene Galli della Loggia- manca la"terzietà" del giudice, che "è amico e/o collega del pm". Ammesso e non concesso che l’unicità di carriera produca giudici appiattiti sui pm (e non è così: dal 30 al 50% delle richieste dei pm viene respinta dai giudici), il caso Berlusconi è proprio la prova del contrario: tutti i processi a suo carico si sono finora conclusi con sentenze liberatorie. Quasi nessuna afferma che fosse innocente, anzi quasi tutte lo dicono colpevole. Ma l’ha sempre fatta franca: due volte per amnistia; tre perché aveva depenalizzato il suo reato; altre volte perché i giudici si son rifugiati nell’ insufficienza di prove (casi Guardia di Finanza e Squillante) o nelle attenuanti generiche con prescrizione incorporata (caso Mondadori), anche a costo di violentare la logica e le carte. Se finora è mancata la terzietà dei giudici, è perché erano appiattiti sull’imputato, non sul pm. 3) Galli della Loggia denuncia "il protagonismo mediatico-politico dell’apparato giudiziario e in modo speciale dei pm". Anche questa è una balla: i pm non fanno i processi per diventare famosi, diventano famosi perché fanno certi processi. Come del resto Falcone e Borsellino. Certo, sarebbero meno famosi se non processassero mai politici, banchieri, imprenditori, prelati, spioni. Ecco, se queste categorie non fossero così dedite all’illegalità, avremmo meno pm famosi e meno cronache giudiziarie in prima pagina. Dipende dagli imputati, non dai pm. Ma mi voglio rovinare: facciamo finta che il"protagonismo mediatico-politico" esista. Bene, anche questo con i processi a Berlusconi non c’entra. E’ colpa di qualche pm malato di protagonismo se la Ariosto ha raccontato che Previti pagava i giudici per conto di Berlusconi e poi son saltate fuori le prove? Se Mills ha scritto al suo commercialista di essere stato comprato da "Mr.B" per "salvarlo da un mare di guai" in tribunale e il commercialista l’ha denunciato? Se, intercettando un giro di fatture false, i pm di Napoli si sono imbattuti in Saccà e nei suoi traffici femminil-affaristici con l’amico Silvio? 4) Berlusconi, per Galli della Loggia, ha subìto "un’immane mole di procedimenti giudiziari, più di chiunque altro nella storia d’Italia". Il Cavaliere ha avuto una trentina di indagini, da cui sono nati una quindicina di processi. Pochi, se si pensa che è stato iscritto alla P2, ha avuto in casa un mafioso travestito da stalliere, s’è fatto proteggere da un politico corrotto come Craxi, si porta appresso da 40 anni un noto corruttore di giudici come Previti e un celebre amico di mafiosi come Dell’Utri. Comunque c’è chi lo batte (a parte la Fiat che, con Mani Pulite, ebbe molti più arresti e perquisizioni che la Fininvest): Francesco Saverio Borrelli è stato iscritto 319 volte nel registro degl’indagati della Procura di Brescia, Di Pietro 64, Davigo 36, Colombo e la Boccassini 30, anche su denuncia di Berlusconi e dei suoi cari. Si sono lasciati indagare senza fiatare, han chiesto ai pm di fare presto e alla fine sono stati sempre assolti o archiviati. Perché erano innocenti. Berlusconi invece, nel ’94, sentendo il fiato dei pm sul collo, si buttò in politica per buttarla in politica, avviando ogni sorta di pratica ostruzionistica, nelle aule processuali e in quelle parlamentari, per rallentare, bloccare e cancellare i suoi processi. Come dice Luttazzi, "mai visto un innocente darsi tanto da fare per farla franca".La patologia della nostra giustizia, caro Galli della Loggia, è la lentezza dei processi. Che però, per Berlusconi, è manna dal cielo. Tant’è che da 15 anni si prodiga per aggravarla. Per lui i processi sono ancora troppo veloci: ora ne sospende 100 mila per rinviare il suo. Queste le mie precisazioni. Serve altro?

(2 luglio 2008)



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