Massimo Dary: Il debito della Banca d’Italia verso tre servitori dello Stato
L’intervento di Massimo Dary al convegno "Etica pubblica e poteri di controllo: la vicenda Baffi, Sarcinelli, Ambrosoli" organizzato dal SIBC (Sindacato Indipendente Banca Centrale) a Roma il 22 ottobre scorso.
di Massimo Dary, Segretario Responsabile S.I.B.C.
Grazie a tutti di essere venuti. Sono orgoglioso di essere qui ad aprire i lavori di questo convegno, che ricorda fatti molto importanti della nostra storia di dipendenti della Banca d’Italia, ma anche della nostra storia di cittadini. Fatti avvenuti trent’anni fa, quando buona parte di voi neanche erano nati, o erano tanto piccoli da non poter certo capire il senso di quegli accadimenti. Questo convegno servirà a descrivere i fatti, i protagonisti, le persone, le tre grandi persone che hanno dato tutto per il senso dell’etica, il senso del dovere, il senso della moralità.
Stasera, vorrei prima di tutto ringraziare alcune persone che ci hanno fatto il grandissimo onore di essere presenti. Inizierei dalla signora Baffi Della Torre, che è la vedova del professor Paolo Baffi, (applausi) ed è qui presente insieme ai figlioli e al fratello. Il prof. Baffi è stato un grande governatore della Banca d’Italia ma anche un grande economista, un esperto di moneta, professore universitario – io stesso sono stato esaminato da lui. Siamo veramente contenti che la signora sia venuta. Ci fa un grande onore.
Sono poi presenti il dottor Vincenzo Desario, che è stato Direttore Generale della Banca d’Italia ma che nel 1979 era presente nella Vigilanza, risultando forse, nel suo ruolo, una delle persone più incisive in quel periodo. (applausi)
Sono presenti anche il Direttore dell’UIF Giovanni Castaldi, (applausi) insieme a Claudio Clemente, funzionario generale della Banca d’Italia (applausi). Non sono due presenze casuali. Sono due presenze che abbiamo voluto, abbiamo chiesto e che siamo onorati di avere. Lo vedrete dagli atti del convegno e dalle parole che ci diremo: in qualche modo, anche loro hanno vissuto una vicenda non dissimile – meno drammatica, perché la democrazia oggi è più radicata. Anche loro hanno vissuto sulla loro pelle il prezzo di voler rispettare le regole, di essere rispettosi delle regole e della trasparenza.
E’ arrivato ora, è qui presente anche il funzionario generale della Banca d’Italia dottor Carlo Pisanti. (applausi)
Farò ora un breve excursus storico sugli avvenimenti e qualche commento, per poi passare la parola ai quattro relatori che – anche loro – ci hanno fatto il grande onore di essere presenti. Ve li presento brevemente, anche se non ce n’è bisogno: ho visto la marea delle persone che già si sono riversate su di loro per complimentarsi per quello che sono, per quello che sono state e per quello che vorranno essere in futuro.
Abbiamo qui presente il figlio di Giorgio Ambrosoli, . (applausi) Abbiamo presente il magistrato , che fu uno dei protagonisti delle indagini di allora, (applausi) ma protagonista in seguito di tutte le indagini dove c’è stato da fare pulizia. E poi , sul quale non ho parole (applausi). Stiamo attendendo , giornalista ed editorialista di grande fama che sarà qui a minuti e che si occupò a lungo della vicenda Baffi-Sarcinelli con tutti i contorni (P2, Sindona) che andremo poi ad esaminare.
E’ la mattina del 24 marzo 1979 quando i Carabinieri, al comando del Colonnello Campo, varcano il portone di via Nazionale 91, per notificare una comunicazione giudiziaria all’allora Governatore Paolo Baffi (che non poteva essere tratto in arresto per motivi di età) ed eseguire il mandato di arresto nei confronti di Mario Sarcinelli, Vice Direttore Generale della Banca nonché responsabile della Vigilanza sugli istituti di credito. A emettere i due provvedimenti, sono due giudici romani, il giudice istruttore Alibrandi e il pubblico ministero Infelisi.
Il Vice Direttore Generale Sarcinelli verrà scarcerato solo dopo che il Governatore Baffi avrà firmato quello che lui stesso definì “l’atto più avvilente al quale sono stato chiamato nella mia vita”, vale a dire la sospensione di Sarcinelli dagli incarichi riguardanti la Vigilanza. Tra Sarcinelli e Baffi c’era una piena fiducia, una piena sintonia, una stima totale, proprio perché stavano portando avanti una particolare opera di rinnovamento all’interno della Banca.
L’intervento della magistratura fu un fatto plateale, volutamente plateale, come un monito a chiunque avesse voluto ostacolare – attraverso una puntuale applicazione delle regole esistenti – i disegni di criminalità finanziaria dei vari Sindona, Calvi, Gelli e via dicendo.
Le infondate accuse a Baffi e Sarcinelli – interesse privato in atti d’ufficio e favoreggiamento personale, relative a una vecchia vicenda di finanziamenti concessi da due banche, l’IMI e il Credito Industriale Sardo al Gruppo Rovelli – cadranno completamente, dopo due anni, con il pieno proscioglimento degli imputati. Nel frattempo, però, i provvedimenti della Procura di Roma paralizzarono di fatto la Banca d’Italia, impedendole fra l’altro di adottare celermente provvedimenti amministrativi nei confronti del Banco Ambrosiano. Fu così che Roberto Calvi poté proseguire i suoi criminosi maneggi finanziari e le malversazioni che porteranno l’Ambrosiano stesso alla bancarotta.
Nel 1986, il faccendiere Pazienza affermerà davanti ai magistrati che l’incriminazione di Baffi e Sarcinelli era stata decisa dalla Loggia P2 (Calvi, Ortolani, Gelli).
Per capire meglio quegli avvenimenti, è bene fare un breve cenno alla storia di quel periodo. Siamo nel pieno degli anni di piombo, quelli della strategia della tensione, tra il rapimento Moro in via Fani, del 1978, e la strage di Bologna del 1980. Tutta l’attenzione dei giornali e dell’opinione pubblica è concentrata sulle Brigate Rosse e Nere, sugli attentati terroristici.
Profittando di questa situazione per rimanere nell’ombra, faccendieri di prima grandezza mettono in atto una trama di “eversione” finanziaria, che vede protagonisti – a vario titolo – Sindona, Gelli, Calvi, l’Italcasse, la Banca Privata, il Banco Ambrosiano, Rovelli, i fratelli Caltagirone: una bella compagnia. Una trama che si assicura la compiacenza di una buona parte del mondo politico grazie al finanziamento occulto ai partiti. Stiamo parlando dello scandalo del finanziamento occulto ai partiti che emerse allora, per essere poi subito insabbiato. Riapparirà con grande evidenza alla fine degli anni ’80, e negli anni successivi, quando la politica di allora sarà spazzata via dall’inchiesta di Mani Pulite. Ma nel frattempo, fiumi di denaro erano passati attraverso le banche per finanziare in maniera occulta i partiti.
Pochi giorni prima dell’incriminazione di Baffi e Sarcinelli, il 20 marzo 1979 viene ucciso il giornalista Mino Pecorelli e Sindona è incriminato negli Stati Uniti per bancarotta. Cominciava ad incrinarsi il suo impero, comi
nciavano a venir meno i suoi appoggi. Quattro giorni dopo, i magistrati della Procura di Roma incriminano Baffi e Sarcinelli nei modi che abbiamo accennato poc’anzi. Dopo pochi mesi, l’11 luglio, il terzo eroe di questa vicenda pagherà il prezzo più alto, per aver svelato tutti i segreti della Banca Privata di Sindona. Giorgio Ambrosoli fu assassinato dai sicari della Mafia. Giorgio Ambrosoli era stato nominato commissario liquidatore della Banca Privata proprio dalla Banca d’Italia.
Questi – in estrema sintesi – sono i fatti, il contesto storico. Qualcuno si chiederà: perché oggi noi del Sindacato Indipendente Banca Centrale siamo qui a rendere omaggio a tre uomini coraggiosi? Forse perché questi tre uomini coraggiosi rappresentano quello che tutti vorremmo essere, uomini che non si piegarono davanti a minacce e ricatti, pur sapendo a cosa andavano incontro. Penso che il figlio dell’avvocato Ambrosoli ci potrà ricordare come suo papà sapesse da tempo di essere in grave pericolo, conoscesse le minacce che incombevano sulla sua persona. Sapevano tutti benissimo a cosa andavano incontro. Scrisse Marco Vitale, in quei giorni drammatici, sul Giornale di Indro Montanelli: “Professionista è colui che, sempre, subordina tutto se stesso agli scopi dell’ordinamento e dell’istituzione in cui opera, allo scrupoloso rispetto delle regole, tecniche e deontologiche, del suo mestiere. Sempre meno sono, in tutti i campi, gli uomini che servono il proprio mestiere nell’interesse del pubblico”.
Chi meglio di noi, che operiamo nell’Autorità di controllo per antonomasia, sa che una vigilanza attenta e indipendente previene dissesti finanziari le cui maggiori conseguenze sono pagate dalla collettività? Proprio la crisi finanziaria che stiamo vivendo in questi ultimi anni ci fornisce un’importante lezione da imparare. I vigilanti devono avere un’alta reputazione: la fiducia dei cittadini non nasce solo dalle capacità tecnica di conoscere bene le banche e i mercati, ma anche dalla forza di intervenire senza guardare in faccia nessuno. Occorre che chi controlla sia ritenuto al di sopra di ogni sospetto.
Proprio per questo, con l’avvento del professor Baffi e del dottor Sarcinelli, la Banca d’Italia abbandonava, nella gestione della regolamentazione e supervisione, l’accondiscendenza al disegno dirigistico di allocazione del credito, con tutto il suo fardello di rischi di inefficienza e corruzione.
La politica di vigilanza si avviava verso una configurazione più consona a una moderna economia di mercato. Con una lezione fondamentale: integrità e stabilità devono essere facce di una stessa medaglia.
Nel 1976, Paolo Baffi è il primo Governatore a dedicare un paragrafo delle Considerazioni Finali al tema della vigilanza, precisando che “è opportuno che nell’esercizio della propria autonomia l’Istituto di emissione si conformi a parametri che assicurino la razionalità e la trasparenza nel suo comportamento”.
La nuova filosofia della vigilanza, voluta da Baffi e Sarcinelli, si riflette in una azione ispettiva più incisiva, sottoponendo all’ispezione, tra il ’75 e il ’78, una quota del sistema creditizio più che doppia rispetto all’analogo periodo precedente. Tutte le banche devono essere ispezionate con gli stessi criteri; nessuna differenza tra pubbliche o private, grandi o piccole.
L’imparzialità del vigilante è una bussola cui il Governatore Baffi, il Vice Direttore Generale Sarcinelli non hanno inteso rinunciare: fino all’anno orribile del ’79.
L’anno in cui le vite dei nostri eroi, uomini normali che rifiutavano di piegarsi, furono spezzate.
Il legame tra le figure di Baffi, Sarcinelli e Ambrosoli è quindi fortissimo, inscindibile. Erano uomini per i quali il proprio lavoro, l’etica personale e il modo di essere cittadini trovavano una sintesi armonica.
E’ per ribadire l’importanza di questi ideali che il Sindacato Indipendente Banca Centrale ha voluto fortissimamente questo Convegno. A trent’anni di distanza, forse alcune storie sono ancora scomode, d’intralcio, da evitare. Forse, i confronti sarebbero imbarazzanti per tanti. Ma fare Sindacato è anche questo: proporre dei valori, dei principi.
Non c’è attività sindacale senza cultura, conoscenza, valori, ideali.
Questi tre nomi sono i nostri valori, i nostri ideali, i nostri punti di riferimento.
Grazie.
(9 dicembre 2009)
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