MicroMega 2/2019: “Un’altra Europa è necessaria” – Presentazione e sommario

Guido Caldiron

Il nuovo numero di MicroMega in edicola, libreria, ebook e iPad da giovedì 21 marzo


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PRESENTAZIONE

In vista delle elezioni per il rinnovo del parlamento europeo, il 26 maggio prossimo, MicroMega ha deciso di dedicare il nuovo numero (in edicola dal 21 marzo) all’Europa, quella che c’è e quella che dovrebbe esserci, nella consapevolezza che quanto oggi è possibile fare si riduce a un lavoro di resistenza immediata contro l’onda nera dei prefascismi e a un lavoro di radicamento culturale di non immediata lena per quanto riguarda i valori fondanti dell’Europa possibile e necessaria.

Il numero si apre con il dialogo tra Olivier Blanchard, capo economista del Fondo monetario internazionale negli anni che videro lo scoppio della crisi globale, ed Emiliano Brancaccio, docente di Politica economica, che si confrontano sul capitalismo e i mercati, sulle disuguaglianze e i problemi dell’eurozona, a partire dal motto thatcheriano ‘Tina-There is no alternative’.

Alle questioni economico-finanziarie è dedicata anche la prima sezione del numero nella quale Enrico Grazzini ci spiega perché la moneta unica è un chiaro esempio di eterogenesi dei fini e perché è destinata a crollare; Guido Salerno Aletta ci illustra come gli Stati, privati della sovranità monetaria, siano di fatto completamente alla mercé dei mercati; Riccardo Realfonzo chiarisce perché è semplicistico pensare che le colpe del mancato funzionamento dell’Ue siano da addebitare interamente all’euro e come la soluzione non sia quindi l’abbandono della moneta unica; Vladimiro Giacché punta il dito contro il trattato di cooperazione firmato recentemente da Francia e Germania che va in direzione contraria alla tanto proclamata necessità di una maggiore integrazione europea ed Eleonora Romano ci spiega perché è necessario andare «oltre il pil» come misura del benessere per definire politiche realmente efficaci per combattere le disuguaglianze: un passaggio quanto mai necessario anche per valutare l’impatto delle politiche europee.

Una seconda parte del numero è incentrata sulla questione “migrazioni”: Lucio Caracciolo sottolinea la necessità di elaborare strategie di gestione del fenomeno di lungo periodo nella consapevolezza che finché le ingiustizie in questo mondo saranno così macroscopiche non si potrà impedire a nessuno di mettersi in cammino alla ricerca di un futuro migliore; Lisa Pelling spiega come una seria politica di ‘frontiere aperte’ porterebbe concreti benefici economici e sociali, sia ai paesi di destinazione sia a quelli di origine, invitando la sinistra a fare propria questa battaglia; Annalisa Camilli ci racconta le altre “Riace” sparse per l’Europa; mentre Ahmad Mansour mette in guardia da una gestione naïf dell’immigrazione, che può mettere a rischio alcuni valori portanti delle nostre democrazie, a partire dalla libertà di espressione, di coscienza e dai diritti delle donne.

Al “cuore nero dell’Europa” è dedicata un’altra sezione del numero con i saggi – che traccia una mappa dell’Internazionale nera che si sta diffondendo rapidamente in Europa e che minaccia di metterne in discussione le fondamenta democratiche – e , che mette a confronto i populismi di Orbán e Kaczyński.

Della questione ambientale e delle sfide che l’Unione europea ha di fronte sotto questo profilo parla Luca Manes sottolineando come il problema sia tutto sul piano politico e come anche in questo campo l’Europa stia mostrando di abdicare velocemente ai propri princìpi e impegni pur di favorire alcuni interessi specifici o gruppi di potere transnazionali. Sul tema si confrontano poi i due leader tedeschi Annalena Baerbock e Christian Lindner in un faccia a faccia tra due visioni del futuro.

Ma il numero di MicroMega in edicola dal 21 marzo non finisce qui. Loris Caruso e Davide Vittori ci raccontano quelle nuove forme politiche – a sinistra della socialdemocrazia – che si stanno sperimentando in altri paesi europei (e che in alcuni casi si sono imposte come soggetti importanti) mentre Wojciech Przybylski e Natalia Żaba gettano un fascio di luce sui movimenti che stanno inondando le strade e le piazze di diversi paesi dell’Europa orientale – a cominciare dalla Serbia e dalla Romania – e che reclamano più democrazia e meno corruzione; Jürgen Habermas delinea come l’Ue potrebbe guadagnare capacità di azione politica e recuperare il sostegno dei propri cittadini; Francesca Bria spiega come l’Europa potrebbe diventare leader nello sviluppo di tecnologie digitali che abbiano come obiettivo non solo la sicurezza o l’innovazione commerciale ma soprattutto quella sociale e pubblica; Alessandro Capriccioli illustra la necessità di intraprendere con decisione la strada di una rigorosa laicità se non vogliamo rimanere schiacciati fra la deriva fascioconfessionale alla Orbán e le trappole multiculturaliste che accettano l’oppressione delle donne; David Broder ci racconta i retroscena della Brexit; Tomas Miglierina fa un quadro del Belgio, il piccolo ma cruciale paese dell’Ue che ha fatto della gestione dei particolarismi il proprio marchio di fabbrica.

Chiude il numero, per la sezione “Nostra patria è il mondo intero” un reportage dal Brasile che illustra come i primi vagiti della presidenza di Jair Bolsonaro in Brasile non lascino sperare nulla di buono neanche in materia di politica culturale.
IL SOMMARIO
DIALOGO
Emiliano Brancaccio / Olivier Blanchard – Pensare un’alternativa
Dal capitalismo ai mercati, dalle disuguaglianze ai problemi dell’eurozona passando per la crisi del 2008-9: Olivier Blanchard, capo economista del Fondo monetario internazionale proprio negli anni che videro lo scoppio della crisi globale, ed Emiliano Brancaccio, docente di Politica economica e autore di un manuale dal significativo titolo Anti-Blanchard, si confrontano a 360 gradi in questo dialogo, a partire dal motto thatcheriano ‘Tina-There is no alternative’.

ICEBERG 1 – a chi appartiene l’Europa?

Riccardo Realfonzo – L’Europa malata e le riforme necessarie
L’Unione monetaria europea cresce poco, registra elevati valori della disoccupazione e, soprattutto, al suo interno si accentuano sempre più gli squilibri macroeconomici. Ma pensare che le colpe di questo mancato funzionamento siano da addebitare alla moneta unica è una spiegazione semplicistica, così come semplicistico sarebbe il rimedio al male, ovvero l’abbandono dell’euro. Gran parte dei problemi è infatti imputabile al quadro delle politiche monetarie e fiscali. La soluzione non è quindi l’euroexit ma proseguire nel percorso di unificazione europea, passando a una fase ben più impegnativa, che è quella dell’unione politica e fiscale.

Enrico Grazzini – Perché l’euro prima o poi crollerà
Adottata il 1° gennaio del 1999 allo scopo di completare e rafforzare il mercato comune, di procedere in senso federalista verso l’integrazione europea anche sul piano fiscale e politico, di far convergere nello sviluppo le economie dei diversi paesi aderenti, a distanza di vent’anni il meno che si possa dire è che la moneta unica ha deluso le aspettative, presentandosi come un chiaro esempio di eterogenesi dei fini: ha avuto infatti conseguenze ampiamente inaspettate e molto diverse rispetto alle intenzioni iniziali. E di certo così non potrà durare ancora a lungo.

Vladimiro Giacché – E l’Europa si fermò ad Aquisgrana
Nell’Ue gli Stati sono tutti uguali ma due sono più uguali degli altri. Francia e Germania hanno firmato un trattato di cooperazione che abbraccia settori diversi, dalla difesa alla cultura, dalla cooperazione regionale all’economia e ai problemi ambientali, e che prevede meccanismi di consultazione e intesa preventiva tra i due virtualmente su ogni materia in discussione nel consesso europeo. Un accordo che mette in questione gli equilibri dell’Unione e che va in direzione contraria alla tanto proclamata necessità di una maggiore integrazione europea.

Guido Salerno Aletta – Abbattere i totem del mercato sovrano   
La sovranità appartiene ai mercati, che la esercitano nei loro esclusivi interessi. Potrebbe essere l’incipit della nostra nuova Costituzione. Di certo è il fondamento della costituzione materiale su cui è stata eretta l’Unione europea. Gli Stati, privati della sovranità monetaria, sono infatti completamente alla mercé dei mercati, mentre si dovrebbe riequilibrare i processi di sviluppo tra le varie aree dell’Unione, uniformare la tassazione sugli utili delle imprese e modificare lo statuto della Bce in modo che possa agire come una vera banca centrale, sul modello della Fed statunitense.

Eleonora Romano – Dimmi cosa misuri e ti dirò che politiche fai (Superare il pil per combattere le disuguaglianze)   
Per diversi decenni il prodotto interno lordo è stato la stella polare della politica economica, ma fu il suo stesso inventore a mettere in guardia da un simile approccio: il pil più che indicare il benessere di una nazione misura infatti la performance economica e, se non è accompagnato da altri indicatori in grado di rappresentare la complessità del benessere, è fuorviante. Una questione da anni al centro di un ampio dibattito, a livello nazionale e internazionale.

ICEBERG 2 – noi e gli altri

Lucio Caracciolo – Migrazioni e democrazia
Fino a che le disuguaglianze fra Ordolandia e Caoslandia saranno così drammaticamente enormi, i flussi migratori dal Sud del mondo verso il Nord saranno destinati ad aumentare e nessuna chiusura dei porti potrà fermarli. I nostri politici farebbero bene a farci i conti per elaborare strategie di gestione del fenomeno di lungo periodo, invece che alimentare paure, con la colpevole complicità dei media e la partecipazione straordinaria delle mafie nostrane che, spesso in combutta con imprenditori interessati a spremere il lavoro non protetto, organizzano su commissione i viaggi e ne traggono mirabolanti profitti.

Lisa Pelling – Frontiere aperte: è possibile e anche utile
Sulla questione immigrazione l’egemonia nel dibattito pubblico è indubbiamente in mano alle destre. La sinistra sembra afona, messa all’angolo con l’accusa di ‘buonismo’. Eppure una seria politica di ‘frontiere aperte’ porterebbe concreti benefici economici e sociali, sia ai paesi di destinazione sia a quelli di origine. Ciò che serve è una strategia precisa e una buona capacità di comunicazione.

Ahmad Mansour – Del razzismo di sinistra e dei giocattoli   
La critica alla religione come strumento di dominio è sempre stato un classico della sinistra. Eppure di fronte all’islam, in nome del rispetto delle minoranze, essa diventa improvvisamente afona. Il che si traduce di fatto in un sostegno alle visioni più fondamentaliste e in una sostanziale indifferenza, quando non addirittura ostilità, nei confronti di quei musulmani che portano avanti una critica anche radicale alla loro stessa religione e cultura. Ahmad Mansour, psicologo musulmano di origini arabo-israeliane, che da tanti anni vive e lavora in Germania, è molto chiaro: “Chi accetta che una bambina musulmana a scuola impari di meno rispetto a una non musulmana – per esempio perché non può partecipare alle lezioni di nuoto – è un razzista, che gioca con il futuro di quella bambina. Chi pensa che le strutture patriarcali dentro la comunità musulmana non possano essere criticate perché questo potrebbe ‘ferire’ i musulmani, non prende i musulmani sul serio e non li considera uguali a sé”.

Annalisa Camilli – Non solo Riace. Viaggio nell’Europa che non si arrende all’odio
Quello di Riace – il paesino calabrese che ha sperimentato un modello di accoglienza su piccola scala, oggi messo in ginocchio dalle inchieste della magistratura e dalle pressioni del governo – non è un caso isolato. In giro per l’Europa diverse sono le realtà in cui singoli, associazioni e amministrazioni locali hanno messo in piedi sistemi di accoglienza capaci di tenere insieme umanità e pragmatismo.

LABIRINTO
Jürgen Habermas – L’Europa che mi sembra necessaria
I sentimenti antieuropeisti che oggi serpeggiano un po’ in tutta l’Ue non dipendono tanto dalla questione migrazioni, ma risalgono alla crisi del 2008 e scaturiscono dalla realistica percezione che l’unione monetaria non sia più un vantaggio per tutti i paesi membri. Il Sud dell’Europa contro il Nord e viceversa: mentre i ‘perdenti’ si sentono trattati ingiustamente, i ‘vincitori’ respingono tali imputazioni e continuano a pretendere politiche di austerità. L’unico modo in cui l’Unione potrebbe guadagnare capacità di azione politica e recuperare il sostegno dei propri cittadini sarebbe attraverso l’istituzione, a livello europeo, di poteri e risorse economiche per programmi democraticamente legittimati miranti a contrastare l’acuirsi delle divergenze economiche e sociali tra gli Stati membri.

Francesca Bria – Quale politica digitale per l’Europa
L’Europa ha oggi davanti a sé una grossa opportunità: diventare leader nello sviluppo di tecnologie digitali che abbiano come obiettivo non solo la sicurezza o l’innovazione commerciale ma soprattutto quella sociale e pubblica, attivando così una necessaria riforma del welfare alla luce dei nuovi cambiamenti produttivi ed economici. Il capo dell’Ufficio innovazione tecnologica e digitale del comune di Barcellona ci spiega come, in questo campo, l’Europa potrebbe ambire al ruolo di leader mondiale.

Alessandro Capriccioli – L’Europa scelga: laicità o barbarie   
Sono due i principali assi su cui valutare il grado di laicità di un paese: da un lato il livello di secolarizzazione, ossia di concreta separazione fra Stato e Chiesa/Chiese, dall’altro quello di garanzia dei diritti individuali, dall’aborto alle relazioni omosessuali passando per l’eutanasia. Su entrambi i fronti nessuno dei paesi europei si può dire compiutamente laico. E, se non vogliamo rimanere schiacciati fra la deriva fascioconfessionale alla Orbán e le trappole multiculturaliste che accettano l’oppressione delle donne, è urgente intraprendere con decisione
la strada di una rigorosa laicità.

David Broder – Brexit: una storia infinita?
L’impossibilità dopo il referendum di trovare una soluzione duratura (e tanto meno consensuale) affonda le proprie radici nella storia stessa della vita politica britannica. Se per i primi paesi coinvolti nel progetto europeo o per quelli dell’Est integrati negli anni Duemila, l’Europa ha rappresentato, almeno per un certo periodo, una promessa di pace e democrazia combinata con la crescita economica, i britannici non hanno mai vissuto questa positiva esperienza di integrazione.

Tomas Miglierina – Lo strano caso del Belgio   
Ci sono solo due cose a rappresentare l’unità politica del Belgio: il re e Bruxelles. Nato da una convergenza di interessi particolari, questo piccolo ma cruciale paese dell’Ue ha fatto della gestione dei particolarismi il proprio marchio di fabbrica. Per molti decenni la divisione più importante nella società è stata quella politico-confessionale fra cattolici, liberali e socialisti. Il tramonto delle ideologie ha reso tutto questo poco più che un ricordo, e oggi è lungo le identità linguistico-territoriali (in particolare nella dialettica tra le Fiandre olandofone e la Vallonia francofona) che si struttura lo Stato.

ICEBERG 3 – ambiente chiama Europa

Luca Manes – Inquinamento: la sfida più urgente
Tracciando una mappa dell’inquinamento dell’Unione europea è difficile parlare di Stati ‘buoni’ e di altri ‘cattivi’ in maniera netta. Le emissioni di CO2 da sempre sono legate al pil e i grandi paesi inquinano di più in termini assoluti e hanno tutti inoltre grandi aziende petrolifere che svolgono un ruolo centrale nella promozione dei combustibili fossili. Quel che è certo è che il problema è tutto sul piano politico e anche in questo campo l’Europa sta mostrando di abdicare velocemente ai propri princìpi e impegni pur di favorire alcuni interessi specifici o gruppi di potere transnazionali che vogliono raschiare il fondo del barile prima di cambiare.

Christian Lindner e Annalena Baerbock in conversazione con Christiane Grefe e Petra Pinzler – ‘Anche lei vuole abbandonare i combustibili fossili, o no?’   
In Germania la questione ambientale è ormai al centro del dibattito politico, tanto da aver determinato il successo dei Verdi in alcune recenti elezioni regionali, proiettando il partito ecologista verso un probabile successo anche alle prossime europee. In questo dialogo la leader dei Verdi si confronta con il presidente dell’Fdp, la formazione liberale tedesca. Un faccia a faccia tra due visioni del futuro: è sufficiente affidarsi a meccanismi di mercato per ridurre le emissioni di CO2 o è necessario un deciso intervento dall’alto?

EPPUR SI MUOVE

Wojciech Przybylski e Natalia Zaba – Europa dell’Est: cittadini in piazza   
In Italia quasi non se ne parla, ma da alcuni mesi le strade e le piazze di diversi paesi dell’Europa orientale – a cominciare dalla Serbia e dalla Romania – sono inondate di cittadini che reclamano più democrazia e meno corruzione. Si tratta di movimenti spontanei che ancora non hanno trovato uno sbocco politico e che però potrebbero rappresentare l’inizio di una nuova ondata democratica in tutta Europa.

Loris Caruso e Davide Vittori – A sinistra della socialdemocrazia: cosa si muove fuori dall’Italia   
L’idea che la congiuntura storica in cui ci troviamo favorisca i movimenti di destra è un alibi per la sinistra italiana, incapace ormai da diversi anni di mettere in campo un progetto credibile e in grado di attrarre consenso. Stante la medesima congiuntura, in altri paesi europei si stanno sperimentando infatti nuove forme politiche che si sono imposte come soggetti importanti, in taluni casi giungendo fino al governo. Invece di piangersi addosso, sarebbe dunque il caso di cominciare a guardarsi attorno, criticamente.

ICEBERG 4 – il cuore nero dell’Europa

Guido Caldiron – Non è populismo è fascismo del terzo millennio
Poco interessati a richiamarsi al passato, i nuovi movimenti dell’estrema destra europea sono accomunati da alcune parole chiave: difesa dell’identità, rifiuto dell’immigrazione, ostilità nei confronti di Bruxelles. Dallo ‘Stato illiberale’ di Orbán (vero e proprio modello di tutti i movimenti di estrema destra europei) ai nazionalisti francesi di Marine Le Pen, dal governo nero-blu di Vienna fino al fascioleghismo di Matteo Salvini, una mappa dell’Internazionale nera che si diffonde rapidamente in Europa e che minaccia di metterne in discussione le fondamenta democratiche.

Sławomir Sierakowski – Orbán e Kaczynski: populismi a confronto
Nonostante gli Stati dell’Europa orientale vengano continuamente accomunati dagli osservatori esterni, essi sono in realtà assai diversi tra loro, così come diverse sono le forme di populismo che vi hanno preso piede. Se quello di Orbán, in Ungheria, è un populismo ‘pragmatico’, quello di Kaczynski, in Polonia, ha una forte componente messianica, forgiata nella storia del paese. E diverso è anche il loro stato di salute. In Polonia, i populisti verranno probabilmente sconfitti alle urne. In Ungheria invece è essenzialmente impossibile.

NOSTRA PATRIA È IL MONDO INTERO

Mario G. Losano – Bolsonaro mette il bavaglio agli insegnanti
Dalla repressione nelle università – attuata già prima del completamento delle elezioni, quando al ballottaggio i rapporti di forza erano ormai chiari – al progetto di legge che mira a controllare gli insegnanti delle scuole: i primi vagiti della presidenza di Jair Bolsonaro in Brasile non lasciano sperare nulla di buono neanche in materia di politica culturale. E quello brasiliano rischia di non rimanere un caso isolato, come dimostra l’analoga operazione lanciata in Germania dal partito di estrema destra Afd, che ha aperto un portale online invitando allievi e genitori a denunciare le azioni o le asserzioni degli insegnanti contrarie a esso.


(14 marzo 2019)





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