MicroMega 8/2020 – Almanacco di filosofia: “Biopolitica: inganno o chiave di volta?” – Presentazione e sommario
Stefano Petrucciani
È principalmente incentrato su Michel Foucault e sul suo concetto di biopolitica, il nuovo almanacco di filosofia di MicroMega, in edicola da giovedì 17 dicembre.
La pandemia ha infatti riportato alla ribalta quel pensiero che fa capo al filosofo francese e che ha avuto un enorme successo negli ultimi decenni, specie in alcuni ambienti del pensiero filosofico-politico di sinistra. Si tratta di un successo giustificato da una reale portata innovatrice? Ne dubita il direttore di MicroMega Paolo Flores d’Arcais che in una lettera a Roberto Esposito, tra i principali esponenti della biopolitica in Italia, si lancia in una appassionata invettiva contro quello che in definitiva non sarebbe altro che contraddizione e vuoto filosofico. Esposito risponde, rivendicando invece la capacità creativa ed ermeneutica di alcuni concetti foucaultiani, senza i quali la comprensione del presente sarebbe ben più ardua. Uno scambio su cui MicroMega ha invitato a esprimersi alcuni fra i più autorevoli filosofi italiani e stranieri: Jean-Luc Nancy, Carlo Sini, Gloria Origgi, Massimo Donà, Carlo Galli, Fernando Savater, Sergio Givone, Miguel Benasayag, Franca d’Agostini, Josep Ramoneda, Maurizio Ferraris e Stephen Holmes.
Ma il nuovo numero di MicroMega – in edicola, libreria, ebook e iPad dal 17 dicembre – non finisce qui. Ad arricchirlo, il saggio in cui Wolfgang Streeck ripercorre gli approfonditi e rigorosi studi sulla guerra e la tecnologia di Friedrich Engels, in occasione del bicentenario della sua nascita; l’ampia recensione a firma dell’ultima, monumentale opera di Jürgen Habermas, nella quale il filosofo tedesco tira le fila di un discorso sul rapporto fra religione e filosofia che lo accompagna da diversi anni; il dialogo sulla socialità umana tra il biologo statunitense Mark W. Moffett e Telmo Pievani; e il “reportage” dal Tribunale di Norimberga firmato dai giornalisti di Die Zeit Moritz Aisslinger e Tanja Stelzer, in cui – a 75 anni dal suo inizio – quattro testimoni di quel processo storico ci conducono in un viaggio della memoria.
Paolo Flores d’Arcais – Gli inganni di Foucault
Le analisi con cui Foucault impone all’attenzione filosofica la categoria di biopolitica si dimostrano, a una lettura attenta, di carattere inservibile, aprioristiche, vuote, concettualmente e politicamente fuorvianti. Foucault aveva promesso ipotesi verificabili e confutabili, le ha invece sostituite con ipostasi che del significato di quei fatti diventano matrice e demiurgo. La sua bestia nera finisce per essere l’impegno riformatore, anche il più radicale.
Roberto Esposito – Immunitas: oltre le feconde contraddizioni di Foucault
Foucault, il padre della biopolitica, è spesso accusato di essere contraddittorio. Ma come per tutti i grandi pensatori, sono proprio quelle ‘contraddizioni’ la parte più vitale del suo pensiero. Perché sono i suoi punti di tensione, i suoi margini in movimento, i momenti in cui quel pensiero sembra sfondare il proprio contorno per attingere un nuovo paradigma. Come quello rappresentato dalla biopolitica che, integrato con il concetto di immunizzazione, è diventato la categoria costitutiva del nostro tempo.
Il vulnus originario della biopolitica è che è composta da due termini ambigui. Cosa si intende infatti con ‘vita’? Se pensiamo alla ‘vita umana’ e a tutti i dispositivi atti a preservarla, ci rendiamo subito conto che il catalogo di ciò che rientra nella ‘nuda vita’ si amplia a dismisura. Per non parlare dell’altro corno del concetto, quello della ‘politica’, mai stato più ambiguo e confuso di oggi. E due concetti monchi difficilmente possono produrre un ibrido vitale.
Il ‘corpo’, la ‘vita’, la ‘nuda vita’ e così via: che si intende con queste espressioni? Esse vengono prese solitamente come ovvie, pacifiche, ben note e comuni. Ma lo sono davvero? Le nuove acquisizioni che ci fornisce l’epigenetica, per esempio, non sono forse destinate a mettere in radicale discussione l’ingenua visione naturalistica del corpo? E in definitiva a sconvolgere quelle filosofie – a partire da quella di Foucault – che su questi concetti si fondano?
Gli oggetti attuali della biopolitica hanno a che fare molto di più con il cervello che con il corpo. Il complesso mente/cervello è infatti un oggetto biologico e come tale può essere oggetto di biopolitica: può essere sorvegliato, guidato, incanalato, ammaestrato, tanto che oggi si parla di neuropolitica. E la nostra attenzione è diventata la risorsa biopolitica per eccellenza.
Se da un lato l’approccio dell’empirismo radicale rischia di semplificare in modo esagerato la proposta filosofica di Foucault, dall’altro lato si fatica a comprendere l’originalità di una serie di tesi per sostenere le quali il filosofo francese si sarebbe sforzato di coniare parole, sì, nuove, ma condannate a dire le stesse cose che la grande metafisica aveva già detto e ha sempre continuato a dire.
Foucault appartiene a quella costellazione antiumanistica, antirazionalistica e antimetafisica che possiamo indicare con l’espressione ‘pensiero del Negativo’, nella quale ciascun filone ha il merito di individuare dei nodi critici del Moderno e allo stesso tempo il limite di pretendere che quel nodo sia la dimensione essenziale, quando non l’unica, della modernità, perdendone di vista il carattere intrinsecamente pluridimensionale.
“Quando finirà questa pandemia, perché suppongo che prima o poi finirà, i governi avranno appreso molto in termini di biopolitica, vale a dire che invocare la salute è il miglior modo di disporre liberamente della popolazione senza paura di essere contestati. Prevedo che d’ora in poi le epidemie diventeranno più frequenti… Stiamo entrando nell’era dello Stato clinico e del biocivismo”.
Non c’è dubbio che le premesse per portare la biopolitica in una terra di nessuno, dove gli opposti si toccano e i contrari si confondono, siano già tutte in Foucault. Ma non è detto che la strada per superare questa impasse sia quella di una ragione ridotta unidimensionalmente alla ragione scientifica. La storia cui apparteniamo, pur sempre la storia della ragione, sta infatti tutta nel segno di un’ambiguità irriducibile e di un’equivocità insuperabile. Se non cogliamo questo punto, il rifiuto della ragione ideologica rischia di rovesciarsi in una sorta di nuova ideologia, per non dire idolatria, della ragione.
La filosofia di Foucault accompagna la fine di un’era, quella dell’antropocentrismo, del cartesianesimo, del soggetto moderno. In questo senso specifico la nozione di biopolitica, o meglio il concetto di biopotere, si rivela particolarmente utile a pensare l’attacco brutale contro il vivente che si è andato accelerando e intensificando nel corso degli ultimi decenni e, allo stesso tempo, a ripensare il soggetto in relazione al mondo. Un uso ‘anarchico’ e spregiudicato delle categorie foucaultiane, messe al servizio di un pensiero della situazione.
Di fronte a una ragazza che vorrebbe abortire e non può, le metafore foucaultiane – talvolta anche illuminanti di alcuni oscuri e ambigui meccanismi del potere – lasciano completamente disarmati. È questo che ci aspettiamo da una filosofia pubblica? O piuttosto la sfida di fronte alla quale si trova oggi il pensiero filosofico (ma non solo) è che i problemi pubblici (dal mondo della vita verso le istituzioni) stanno diventando sempre più chiaramente problemi di fondamenti, ossia di premesse condivise, concetti primi, aristotelicamente: ‘primi princìpi’?
Foucault intuì una tendenza: la creazione di un brodo di coltura capace di produrre persone in linea con le relazioni di potere dominante, che le assumano con naturalezza e senza stridìo. In questo contesto si fa pressante la questione della libertà, grande enigma di Michel Foucault: quale posto le riserva nella sua opera filosofica? È la grande assente o si limita solo ad apparire tale?
Da diverso tempo uno spettro si aggira nel pensiero filosofico-politico di sinistra: quello di un rassegnato vittimismo. Si postula che le forme della signoria – di solito un capitale intelligentissimo che si serve di una tecnologia potentissima – vincano sempre e che l’unico compito della riflessione di sinistra consista nel versare qualche lacrima sugli sconfitti, o addirittura non piangere affatto, atteggiandosi a esprits forts che guardano all’ineluttabile con rassegnata forza. Un atteggiamento di cui Foucault – che però di sinistra non era – è insigne esempio.
Alle origini degli Stati Uniti d’America c’è la profonda convinzione dei coloni bianchi di essere i destinatari di un preciso disegno della Provvidenza. Occupare le sterminate terre incolte – ma anche quelle già coltivate dagli indiani – e popolarle per generazioni e generazioni, senza mischiare il proprio sangue con quello degli indigeni e dei neri, è stato il primo imperativo biopolitico che ha segnato profondamente tutta la storia americana fino a oggi.
Mark W. Moffett in conversazione con Telmo Pievani – Siamo scimmie o formiche?
La socialità umana – molto più simile a quella delle formiche che a quella degli scimpanzé – è ambivalente: cooperiamo molto bene con chi appartiene al nostro gruppo, mentre tendiamo a vedere una minaccia in chi è ‘altro da noi’. È più facile infatti fidarsi di persone della stessa società o di società amiche, perché il loro comportamento è molto più prevedibile. Oggi però, in un mondo fittamente popolato e intimamente interconnesso, quei pregiudizi sugli outsiders, un tempo adattativi, possono ritorcersi contro di noi.
SAGGIO 1
Stefano Petrucciani – Habermas tra filosofia e religione
Nella sua ultima, monumentale opera Jürgen Habermas tira le fila di un discorso sul rapporto fra religione e filosofia che lo accompagna da diversi anni. La sua tesi è che la religione ha costituito – e continua a costituire – un modo d’essere dello spirito come la filosofia, la scienza, l’arte e così via. Un modo d’essere con il quale la filosofia ha avuto un costante e proficuo scambio. Questa singolare storia della filosofia è in sostanza una storia del pensiero occidentale ripercorsa attraversando tutti quei momenti in cui filosofia e religione si sono incontrate o scontrate. E soprattutto hanno imparato l’una dall’altra.
INEDITO
Voltaire – Sull’anima (con una presentazione di Marco Menin)
Nel breve trattato De l’âme, qui per la prima volta in italiano, Voltaire approfondisce uno dei temi più controversi della filosofia del XVIII secolo: la natura dell’anima. Dissimulandosi dietro la ‘maschera’ del medico romano Sorano di Efeso, il filosofo illuminista presenta la sua peculiare forma di fatalismo deista e materialista: poiché esistiamo, non può che esistere Dio. Un Dio che però è indifferente al destino umano, un potere necessario, eterno, che governa tutta la natura. E la cui esistenza rende quella dell’anima superflua.
Wolfgang Streeck – Engels sociologo empirico: tecnologia, guerra e crescita dello Stato
Friedrich Engels ha sempre vissuto nell’ombra di Karl Marx. Oggi, nel bicentenario della sua nascita, vale la pena riscoprire l’originalità di un pensiero che alla concezione materialistica della storia ha dato un contributo determinante sottolineando come i mezzi di distruzione esistano accanto ai mezzi di produzione e mettendo l’accento sulla formazione dello Stato, che si inquadra e si sovrappone a quella della classe. Ripercorriamo qui gli approfonditi e rigorosi studi sulla guerra e la tecnologia di colui che può essere definito come uno dei primi sociologi empirici.
Moritz Aisslinger e Tanja Stelzer – Reportage dal Tribunale di Norimberga
Il 29 novembre 1945, nell’aula numero 600 del Palazzo di Giustizia di Norimberga, miracolosamente risparmiato dalle bombe, vengono spente le luci. Su un grande telo bianco scorrono le immagini riprese dagli Alleati al momento della liberazione di alcuni campi di sterminio: cumuli di cadaveri, corpi emaciati che vagano spettrali. Elly Kupfer, giovane segretaria di un avvocato della difesa, scopre per la prima volta gli orrori del nazismo. E con lei l’umanità intera. Settantacinque anni dopo è lei, oggi novantatreenne, a condurci, insieme ad altri testimoni oculari di quel processo, nelle aule di quello che fu il primo Tribunale internazionale della storia.
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