Migranti, l’ipocrisia della Germania e le soluzioni europee che non arriveranno
Wolfgang Streeck
Quasi tutti i migranti, quelli già in Grecia e quelli che si aspettano di poterci arrivare, vorrebbero potersi spostare in Germania, non in Ungheria o in Francia o in Danimarca, dove sanno di non essere i benvenuti. E se nell’ambito di un regime di immigrazione europeo fossero stati inviati in Lettonia o in Bulgaria (un regime che peraltro nessuno dei due paesi accetterà mai), sarebbero comunque rientrati di nuovo in Germania nel giro di poche settimane.
E perché no? Ampi settori della società tedesca, tra i quali la comunità degli industriali tedeschi, ma anche i sindacati, sono felici di accoglierli. Il mercato del lavoro tedesco sembra avere una capacità illimitata di assorbire immigrati qualificati e non qualificati; le chiese, politicamente potenti e finanziariamente ben dotate, vogliono dimostrare la loro disponibilità ad aiutare; e i comuni vogliono riempire gli alloggi costruiti per i richiedenti asilo nel 2015 e incassare in questo modo l’indennità giornaliera pagata dal governo tedesco per ogni nuovo arrivato – per non parlare poi dei centri di formazione linguistica e delle altre istituzioni simili a cui ora mancano clienti e fonti di reddito. Nella piena consapevolezza del profondo senso di colpa degli elettori di centro-sinistra, dovuto alla prosperità tedesca e in considerazione del loro desiderio di trasformare la Germania in un modello di virtù per tutta l’Europa, i politici tedeschi nelle scorse settimane hanno chiesto che migliaia, se non tutti, i migranti di Moria fossero trasferiti immediatamente in Germania.
Perché Merkel non ha riaperto i confini?
Allora perché il governo federale sotto la guida della stessa Merkel non riapre un’altra volta le frontiere? Ed è qui che entra in gioco “l’Europa" – più precisamente, la "soluzione europea", la stessa che nel 2015 era stata ritenuta inutile. Mentre tutti sanno che non ci sarà mai una ”soluzione europea”, il messaggio ora è che una soluzione nazionale è fuori discussione. Perché?
I confini aperti tendono a polarizzare l’opinione pubblica. I politici tedeschi ricordano molto bene come Merkel nel 2015 abbia salvato AfD dal declino elettorale che l’affliggeva in quel momento, aiutandola ad affermarsi qualche anno piu’ tardi come il più grande partito di opposizione. C’è un limite al numero di immigrati che un paese può accettare, oltre il quale la xenofobia si trasforma in risentimento contro gli stranieri – come si può vedere dall’esempio della Danimarca, della Svezia, dell’Italia e delle stesse isole greche: Lesbo un tempo non veniva forse celebrata in tutto il mondo per aver accolto i primi rifugiati arrivati via mare? Non è un caso che già nel novembre 2015 Merkel abbia tenuto colloqui segreti con Erdogan per un accordo in base al quale la Turchia avrebbe impedito ai rifugiati siriani di entrare in Europa, e ”l’Europa” gli avrebbe pagato diversi miliardi di euro di costi sostenuti per controllare i confini dell’Europa – o più precisamente i confini esterni della Germania.
Ma se i rifugiati sono benvenuti, a condizione che il loro numero sia limitato, perché allora non dovremmo riceverne tanti quanti gli abitanti sono disposti ad accettarne? La legge tedesca sull’immigrazione, nata in un’altra epoca, per ragioni pratiche rende di fatto impossibile respingere qualcuno che è entrato legalmente o illegalmente, nel caso in cui egli richieda asilo. Se l’asilo viene respinto, inoltre, e dopo anni di procedimenti legali, quasi tutti riescono a trovare un modo per evitare l’espulsione. Dato che è politicamente troppo delicato per il governo tedesco proporre agli elettori una revisione della legge sull’immigrazione, Berlino allora cerca il supporto "dell’Europa” e della "Turchia" per riuscire a tenere i migranti lontani dalla Germania, essenzialmente rinchiudendoli a Moira e in molti altri luoghi simili.
L’immigrazione non può essere regolata senza un limite massimo
Qual’è la logica bizzarra dietro di ciò? Il diritto tedesco e l’umanitarismo secondo lo stile tedesco, dei Verdi in particolare, chiedono che non vi sia alcun limite massimo all’immigrazione, né in Germania né in Europa. Ma senza un limite massimo, l’immigrazione non può essere in alcun modo regolata: in altre parole, non si possono fissare quote, priorità, etc. Dato che prima o poi ciò condurrà a un contraccolpo politico, l’immigrazione non regolamentata resta fuori dalla discussione.
Per questo motivo ”l’Europa” deve impedirlo per noi, soprattutto paesi come Grecia e Italia, insieme all’Austria, all’Ungheria e ad altri che stanno sigillando le loro frontiere per rinchiudere i migranti nei campi greci e italiani. In questo modo fanno un favore alla Germania, bloccano una ”soluzione europea” compatibile con il diritto tedesco, ma non con la situazione politica tedesca. Finché ”l’Europa” tiene i migranti lontani dal confine tedesco, la Germania potrà mantenere le sue leggi sull’asilo senza doverle mai applicare, rimproverando pubblicamente l’Ungheria, l’Austria, la Polonia e altri paesi, ma lodandoli privatamente per aver rifiutato quote nazionali fisse per la distribuzione di un numero illimitato di migranti.
Questo certo non esclude ”gesti umanitari” – o, nel linguaggio di Merkel, ”mostrare un volto amichevole”. Subito dopo l’incendio di Moria, infatti, il governo tedesco ha annunciato che avrebbe accolto 150 (!) minori non accompagnati dal campo greco. Pochi giorni dopo, sono arrivati in aggiunta esattamente 1.553 migranti, appartenenti a 408 famiglie, né più né meno. Come si è poi scoperto, nessuno di loro arrivava da Moria, e tutti avevano già ottenuto dalle autorità greche lo status legale di rifugiato, dopo essere stati portati nella Grecia continentale. Si è anche scoperto poi che il governo greco aveva insistito sulla necessità di evitare di dare l’impressione che dando fuoco a un campo profughi greco, si possa poi arrivare in Germania oppure, una volta arrivati in Grecia, ci si possa poi aspettare di essere portati in Germania, invece di far esaminare la propria domanda d’asilo alle autorità greche, per poi aspettare in Grecia una ”soluzione europea”, praticamente senza speranza.
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