Minacce su Facebook, due pesi e due misure

MicroMega

Preg.ma Redazione di Micromega,

da qualche giorno, con un sincronismo ad orologeria, veniamo quotidianamente informati di minacce di morte rivolte, in forma di lettera anonima e di gruppi costituiti su social network, al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

Minacce, ritenute dai correi del Premier, talmente serie da prefigurare, leggiamo sui giornali di oggi, “l’apologia di reato” e sintomatiche dell’esistenza di un “problema di cultura”; in questo modo si sono espressi il Ministro della Giustizia On.le Alfano e il Ministro dell’Interno, On.le Maroni.

La loro indignazione, mista a preoccupazione, si spinge al punto da chiedere, oltre alla chiusura delle pagine che tramite il web offendono e minacciano Berlusconi, la denuncia degli utenti alla magistratura.

La motivazione manifesta dal Ministro Maroni può esser riassunta in queste righe che riportano fedelmente il suo pensiero: “se passa il concetto che uno può scrivere impunemente queste cose, c’è il rischio che poi a qualcuno venga in mente di metterle in atto. Non riesco a capacitarmi che ci sia qualcuno che possa esprimere l’intenzione di uccidere un’altra persona.” (Corriere della Sera)

Eppure i Ministri Maroni e Alfano non manifestarono le stesse preoccupazioni riguardo alla possibilità di “scrivere impunemente queste cose” quando, nello stesso social network oggetto di attenzione e monitoraggio, si inneggiava alla legittimità delle torture inferte ai clandestini, probabilmente perché conosceva buona parte dei circa 400 iscritti tra cui figuravano il senatore Umberto Bossi, suo figlio Renzo e il capogruppo alla Camera dei Deputati per la Lega Roberto Cota.

Allora possedevano ancora la capacità di distinguere tra la boutade, anche di pessimo gusto quale la minaccia di morte di un individuo, e l’istigazione a delinquere. I fatti delle settimane ormai trascorse hanno dimostrato invece che il picchiare un giorno gli extracomunitari, l’altro gli immigrati clandestini, l’altro ancora gli omosessuali, non sono rimaste lettera morta, ma hanno trovato esecutori ed è venuto in mente a qualcuno di ”metterle in atto” in diverse città d’Italia senza che nessuno pensasse di denunciare alla magistratura i 400 utenti che sotto queste minacce si ritrovavano e, almeno formalmente condividevano.

Non sono a conoscenza di indagini in corso da parte di alcuna Procura della Repubblica riguardo le notizie di reato presenti in quelle farneticazioni, né mi risulta che i due autorevoli rappresentanti del Parlamento Italiano siano stati oggetto di indagini da parte degli organi giudiziari competenti per status e incarico istituzionale.

Gradirei che la mia denuncia trovasse spazio per comprendere fino a che punto la vita e la serenità del Premier valgano più di quelle di un qualunque essere umano.

Giuseppe D’Urso insegnante molto precario, da Catania

(22 ottobre 2009)

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