Miracolo a Palermo

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di Cinzia Sciuto, inviata a Palermo

A Brancaccio, quartiere della periferia sud di Palermo, il quartiere di don Puglisi, ieri è accaduto un mezzo miracolo. I genitori dei ragazzi della scuola media Salvatore Quasimodo hanno partecipato numerosi a un’assemblea indetta dai docenti per spiegare le conseguenze che la «riforma» Gelmini avrebbe sulla vita quotidiana dei loro figli. È stato loro spiegato, per esempio, che l’orario scolastico verrà ridotto, cancellando due ore di italiano e un’ora di inglese dal programma. E in una scuola in cui si fa la colletta anche per comprare la carta igienica, i genitori – le mamme perlopiù, come spesso accade – hanno capito. «Non è stato difficile», racconta entusiasta Mila Spicola, che in quella scuola insegna (e che fa anche con passione politica nel Pd), «basta spiegare quello che la televisione non spiega: che la presunta riforma Gelmini non è una questione di grembiulini e voti in condotta, ma l’inizio della distruzione della scuola pubblica in questo paese». È bastato dire che «giovedì scioperiamo non per avere un giorno di vacanza, ma per garantire ai vostri figli il diritto ad una scuola pubblica e di qualità». E oggi pomeriggio i genitori della Quasimodo prepareranno insieme ai docenti gli striscioni per lo sciopero di giovedì prossimo. Un mezzo miracolo. «Ma ci rendiamo conto», si chiede allarmata Mila, «delle conseguenze che avrebbe "razionalizzare" le scuole con meno di 500 studenti, come intende fare la Gelmini? In quartieri come lo Zen, significherebbe togliere quello che spesso è l’unico presidio dello Stato sul territorio».
E mentre Mila e i suoi colleghi tentavano di coinvolgere i genitori dei loro alunni nella loro battaglia per una scuola pubblica che sia presidio di civiltà, le strade del centro di Palermo venivano invase da un lunghissimo e rumorosissimo serpentone, che ha attraversato il centro della città da piazza Politeama fino a piazza Indipendenza. Quarantamila, dicono gli organizzatori. Di certo una folla enorme. C’erano tutti: gli studenti medi, i maestri elementari, gli universitari. Addirittura alcuni presidi. Tutti con le idee molto chiare. I ragazzi del Liceo Meli scandiscono lo slogan «Il governo come la mafia» perché, spiega Mauro, «come la mafia, questo governo pensa soltanto ai propri interessi, per esempio con le leggi ad personam». La gran parte degli istituti superiori di Palermo è in stato di agitazione, per lo più in «cogestione»: in pieno accordo con gli insegnanti si utilizzano le ore di lezione per fare informazione sulle leggi che stravolgono il sistema scolastico e tagliano le risorse alle scuole. Il corteo si ferma e applaude di fronte alla sede della facoltà di scienze politiche, da oggi occupata. «Avevamo chiesto il blocco della didattica», spiega Andrea Gattuso, «ma il preside non ce l’ha concessa e quindi abbiamo deciso di occupare. Vogliamo riempire questa occupazione di contenuti». E allora via a seminari, incontri, dibattiti. In piazza ci sono anche gli studenti di Medicina e Farmacia, tradizionalmente non inclini alle proteste.
La parola d’ordine degli studenti è una: la scuola è e deve essere pubblica. Dietro lo slogan «la cultura non si vende, le università non sono aziende», c’è l’idea che la formazione e la ricerca debbano essere pubbliche, non debbano essere asservite a nessuna logica economica, debbano essere strumento di promozione dell’eguaglianza, e non mezzo di creazione delle disuguaglianze. Un’idea di mondo, diversa da quella di Berlusconi e della sua corte.
C’è anche un gruppo di insegnanti delle scuole elementari del centro storico: «Nella nostra scuola», racconta la dirigente di una delle scuole che fa parte del coordinamento scuola aperta, Giuseppina Sorce, «c’è quasi il 50 per cento di bambini stranieri e non ci sogneremmo mai di chiuderli in classi differenziate. Stiamo tornando indietro di quarant’anni, su tutti i fronti».
La ministra Gelmini farebbe bene a evitare il sarcasmo e a prendere un po’ più sul serio chi protesta. Che lo fa non perché vuole «difendere l’indifendibile» o perché schiacciato «sulle posizioni più conservatrici» (parole della Gelmini, nell’intervista rilasciata ieri al Corriere della Sera), ma semplicemente perché ha un’idea di scuola e università diversa – anni luce lontana da quella di questo governo. «La vera crisi è il futuro dei nostri figli», sta scritto su un lenzuolo appeso ad un cavalcavia. Ed è per provare a costruirlo, questo futuro, che Palermo continuerà a mobilitarsi.

Link:
http://www.protestaunipa.info
http://www.scuolaaperta-pa.blogspot.com/

(28 ottobre 2008)



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