Miriam Mafai e i pomodori di Bologna

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Leggo su La Repubblica di ieri l’articolo di Miriam Mafai e sento anche mie l’apprensione e la preoccupazione che lei manifesta; e mi fermo lì. Non condivido invece la sua disapprovazione per la contestazione di cui Ferrara è stato fatto oggetto.
Fossi stato a Bologna, me ne sarei andato a spasso, il più lontano possibile, per non sentire neppure i riverberi delle blasfeme giaculatorie ferraresche. Fossi stato a Bologna, sarei magari salito al santuario di San Luca in cerca di aria meno tossica e in compagnia di pensieri più gratificanti. Dall’alto avrei avuto modo di individuare meglio dove fosse più di casa la violenza: se nei pomodori dei contestatori o nelle invettive e negli insulti dell’oratore.
L’episodio di Bologna, se avulso dal contesto di rabbia e di frustrazione in cui molta della gente comune si ritrova, potrebbe anche prestarsi alle di per sé giuste riflessioni della Mafai. Ma si da il caso che il momento che viviamo è contrassegnato esso stesso da violenze e soprusi, guerre di potere e strumentalizzazioni di parte.
Che dire quando sulle libertà formali attecchiscono le violenze reali? Quando la libertà di parola diventa libertà di offesa? Quando, allargando il discorso, sulla libertà di mercato si impianta la libertà di latrocinio? Quando la libertà democratica sta sotto ricatto della libertà plutocratica e quella di informazione cede il posto alla libertà di deformazione? C’è qualcosa che non va in questo paese in cui la libertà diventa un vuoto a perdere che una potente minoranza può riempire di tutto ciò che vuole! Il Bel Paese è diventato una landa desertificata per scorrerie di ogni genere. Ci sarebbe da chiedere cosa fanno le istituzioni contro l’assopimento generale delle coscienze e questa omologazione alla stupidità che le cronache quotidiane strillano a voce sempre più alta. Siamo ormai spettatori muti e impotenti di una trasposizione di ruoli veramente destabilizzante. Le strade diventano piste da Formula Uno; gli stadi somigliano più a degli zoo mentre le piazze diventano stadi da tifoserie. Per non dire dei cardinali che fanno i politici e dei politici che predicano da cardinali…
In tutto questo bailamme le vittime sono sempre e solo loro: i cittadini. Costretti a vendersi sui banchi dei negozi, nei distributori di benzina, nelle anticamere dei ministeri, negli uffici comunali e lungo i marciapiedi delle città.
E allora, accontentiamoci, per adesso, dei pomodori.

don Aldo Antonelli è parroco di Antrosano, paese in provincia dell’Aquila.

(3 Aprile 2007)



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