Monti e la “lobby di Dio”: quando il premier non è di tutti

Anna Rita Longo

Rimini, 19 agosto. Una folla di giovani vestiti di tutto punto, tra casual di marca e completi sartoriali, si stringe intorno al premier Mario Monti, incurante del caldo dell’anticiclone. Si celebra in pompa magna l’apertura dell’annuale meeting “per l’amicizia tra i popoli” promosso da CL, la tentacolare multinazionale fondata da don Luigi Giussani, con un piede in sagrestia e un altro piantato saldamente nell’alta finanza e nelle istituzioni.

Parla di crisi e di sviluppo economico Monti alla platea festosa di Rimini; di opportunità future per i giovani e di difficoltà a uscire da una situazione ancora incerta, ma anche di chiari – bontà sua – segnali di ripresa. Parla come se si rivolgesse ai giovani di tutto il Paese, indirizzando la propria esortazione a tutti coloro che paventano un’uscita stentata e difficoltosa dalla crisi economica. Parla come se si sentisse il premier di tutti gli Italiani, senza cogliere l’ambiguità della propria posizione che invece lo identifica, inesorabilmente, nel premier di una singola parte, di un’élite che, come ci ha mostrato il saggio di Ferruccio Pinotti, La lobby di Dio, si è ormai radicata tanto nelle istituzioni da esserne indistinguibile.

Il discorso del premier Mario Monti al meeting di CL – seguito da quello di altri illustri rappresentanti del governo, tra i quali la Fornero e Passera – si può inquadrare nella lunga tradizione degli interventi dei politici alla manifestazione riminese, che è un appuntamento al quale diverse personalità, di tutti gli schieramenti politici, tengono a partecipare. I tanti precedenti potranno anche sembrare un comodo sgravio per la coscienza del nostro capo del governo, ma, a mio modesto avviso, l’episodio va valutato da un altro punto di vista.

Mario Monti è il premier di uno stato ufficialmente laico e, stante il suo ruolo di capo del governo, non si comprende né si può accettare la sua presenza istituzionale a un meeting organizzato da un movimento confessionale, men che meno quando su tale associazione gravano da tempo fondati sospetti di lobbismo e fondamentalismo.

La vicinanza di Monti a CL è risaputa quanto fuori discussione. Da privato cittadino e al di fuori del proprio mandato istituzionale l’attuale presidente del consiglio ha il diritto di partecipare a tutti i meeting religiosi che crede. Ma quel salire sul palco in una veste che appare pomposamente ufficiale (e come tale è stata ripresa da TV e stampa nell’immediato, nella buona tradizione della propaganda ciellina), quel parlare di crisi economica come se i presenti fossero un campione rappresentativo di tutti i giovani italiani, quel rassicurarli come se tutti vi si potessero riconoscere è stata un’ulteriore sconfitta dello stato laico.

Il presidente del consiglio “cattolicissimo”, la “persona grata” al Vaticano ha mostrato il proprio volto più autentico. Nel vederlo arringare i ciellini, una buona parte d’Italia si è sentita fuori dal gruppo e, di conseguenza, abbandonata dalle istituzioni.
Solo lo stato laico è stato di tutti: confessionalismo e lobbismo trasformano la res publica in res privata.

(29 agosto 2012)



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