Mumbai, terroristi in nome di Dio

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di Michele Martelli

L’incubo di Mumbai (la vecchia Bombay inglese) è finito. Non c’è stato il temuto 11 Settembre dell’India. Quasi 200 i morti. «Volevamo ucciderne 5.000»; «il Taj Mahal doveva crollare come a New York crollarono le Torri Gemelle»; «volevamo colpire gli israeliani per vendicare le atrocità commesse contro i palestinesi», – così avrebbe confessato Azam Amir Qasab, l’unico terrorista vivo catturato. Tra le vittime del massacro, morti o feriti, gli ospiti dei due hotel internazionali Taj Mahal e Trident-Oberoi, passeggeri nella Stazione ferroviaria Chhatrapati, avventori del Leopold Cafe e membri del Centro ebraico Nariman (tre rabbini trovati morti con le bibbie insanguinate tra le mani); attaccati anche due ospedali della capitale finanziaria dell’India.
Dunque, una vera follia omicida, e suicida. Dettata da che cosa? Il primo e più importante motivo è sicuramente la questione del Kashmir, regione di confine, divisa tra l’India a maggioranza induista e il Pakistan musulmano, rivendicata da entrambe. Dunque, un conflitto al tempo stesso politico e religioso. E quando la religione si salda con la politica, quando Dio, qualsiasi Dio, ebraico o cristiano, induista o musulmano, entra in politica, tutto è permesso. Il «combattente di Dio», crociato o jihadista, apocalittico, ultraortodosso o shivaista, al pari di Dio, non ha limiti. Il nemico va annientato, con ogni mezzo, perché Dio lo vuole. Il criminale più sanguinario è strumento di Dio.
Facciamo un rapido esame dell’attacco terroristico di Mumbai. Innanzitutto, a quale gruppo appartenevano gli attentatori kamikaze? Al LeT (Laskhar-e-Taiba = Esercito dei Puri), con sede nel Punjab pakistano, che confina col Kashmir, e con la regione montuosa dell’Afghanistan in mano ai Talibani e Al-Qaeda. L’attacco al Centro ebraico ortodosso di Mumbai (uno dei 4.000 centri diffusi in ogni parte del mondo), giustificato come vendetta delle «atrocità commesse dagli israeliani contro i palestinesi», si salda strategicamente ad Hamas palestinese. La volontà di sterminare, oltre agli indiani, gli stranieri, soprattutto inglesi e americani, ospiti nei due hotel, e il richiamo all’attentato alle due Torri Gemelle, rendono plausibili i legami con Al Qaeda e la sua strategia terroristica globale. E con i Talebani, gli studenti di teologia delle scuole coraniche che dal 1996 al 2001 trasformarono l’Afghanistan nella teocrazia più feroce e retriva del pianeta. Irriducibili nemici dell’Occidente, ma anche dell’India: la distruzione con la dinamite delle millenarie statue del Buddha scolpite sulla roccia del Bamiyan fu anche un atto simbolico di guerra religiosa e politica contro l’India.
«L’India è diventata la prima linea del Jihad globale», ha titolato in prima pagina l’Hindustan Times. L’India: un vero e proprio “universo o multiverso religioso”, unico al mondo. Oltre alla maggioranza indù, ma frammentata in mille sette, convivono in quel paese musulmani (140 milioni), cristiani, buddisti, sikh (10 milioni: una religione che vuol conciliare induismo e islam), seguaci del jainismo e del parsismo zoroastriano (queste due ultime religioni esistono solo in India). L’India è la più grande democrazia dell’Oriente, con la più grande libertà religiosa. Magnifici templi induisti, buddisti, jainisti, moschee e chiese svettano ovunque. Ma ovunque le religioni, anche in India, convivono pacificamente, finché operano nella società civile, fuori dalla sfera politico-statuale in senso stretto. Allorché si gettano in politica, generano violenza e terrorismo. Prevale il Dio del Terrore. Si scatena il Terrore di Dio. Fiammeggiano le spade di Dio. Non solo quelle di Allah e del Jihad globale, ma anche dell’estremismo e del nazionalismo indù. (Ma l’ideologia della violenza è tipica anche di altri gruppi religiosi estremisti, come per es. quelli ebraici israeliani o evangelici statunitensi). Il LeT stragista di Mumbai è l’Esercito dei Puri (guerrieri puri dal peccato, destinati al paradiso coranico). Un suo corrispettivo indù è lo Shiv Sena, l’Esercito di Shiva (il dio distruttore della Trimurti induista), attivisti religiosi di estrema destra che vorrebbero fare piazza pulita di 1 su 2 indiani islamici (un genocidio), tutti ritenuti assurdamente responsabili del massacro di Mumbai. Organizzati sotto simili sigle, i nazionalisti indù si sono di recente macchiati di atroci crimini contro i cristiani d’India. Un paese che, dall’assassinio del Mahatma Gandhi (1948, ad opera di un fanatico radicale indù legato ad un gruppo estremista antipakistano) ad oggi, ha conosciuto una sanguinosa storia di assassinii e stragi politiche in nome di questo o quel fanatismo religioso. Ma che, almeno finora, non sono bastati a fermare la marcia in avanti dell’India democratica.
L’Europa contemporanea ha anch’essa alle sue spalle una storia di feroci conflitti e guerre di religione. Ma ne è uscita. Con la tolleranza, la democrazia e la laicità. Eppure c’è oggi chi, come i vari Magdì Cristiano Allam e Marcello Pera, punti di diamante di un nutrito gruppo di teocon e atei devoti nostrani, guardano indietro, e di quella terribile storia sembrano avere nostalgia. Il primo, da poco convertitosi dall’islam al cattolicesimo, e solennemente battezzato dal papa a S. Pietro, ha appena fondato (era questo il fine nascosto della sua conversione?) il Partito Protagonisti per l’Europa Cristiana, col viatico di monsignor Marco Malizia, cappellano militare della Guardia di Finanza, e del berlusconiano Maurizio Lupi, deputato ciellino e attuale vicepresidente della Camera. Non c’è che dire! Un perfetto polpettone clerico-populista di destra. Il secondo, col plauso pubblico di Benedetto XVI, ha a sua volta appena conclamato in un suo libro il presunto passato liberalcristiano dell’Europa; nel 2004, berlusconiano di punta, in qualità di presidente del Senato, nel suo famoso “casuale” dialogo a distanza ravvicinata col cardinale Ratzinger, non pago della devastante guerra in atto del cristiano rinato George W. Bush contro l’Iraq, aveva cautamente ipotizzato future “guerre giuste” contro l’islam terroristico. Sull’esempio delle Crociate.
Fortuna che la loro Europa cristiana è, finora, un’Europa soltanto immaginaria!

(2 dicembre 2008)



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