Natale 2008, lettera aperta di dieci preti friuliani
Riceviamo e pubblichiamo.
Natale 2008: nella complessità con ragionevole speranza e rinnovato impegno
Care amiche e cari amici,
ristabiliamo, dopo la sospensione dell’ultimo Natale, la comunicazione con voi con questa quinta lettera per riflettere su alcune questioni importanti per noi tutti, per questa società, per questo mondo sempre più interdipendente, per la Chiesa di cui facciamo parte.
Premessa
In verità all’inizio dello scorso mese di luglio ci eravamo sentiti in dovere di esprimere in un documento pubblico convinzioni e denunce per la crescente ostilità nei confronti dell’altro, del diverso con particolare riferimento agli immigrati e ai nomadi, insieme alle possibili proposte percorribili per una società in cui i diritti umani siano davvero uguali per tutti.
Ci sentiamo avvolti dalla complessità e, nella costante ambivalenza di noi esseri umani, leggiamo i drammi e le speranze. Ogni giorno ci accompagna il pensiero delle migliaia di persone, a cominciare dai bambini – uno ogni cinque – uccisi dalla fame, dalla sete, da mancanza di medicine a causa della ingiustizia strutturale provocata dal capitalismo. E insieme viviamo lo sconcerto per le tante forme di violenza, per la fabbricazione e il commercio delle armi, per le guerre insensate, omicide, distruttive, per le diverse forme di terrorismo.
No alla guerra, sempre
Ci hanno molto colpito, quest’anno nella ricorrenza del 4 novembre, le parole e i gesti da parte di autorità istituzionali di esaltazione della vittoria, quindi della guerra; la mancata distinzione fra la doverosa e rispettosa memoria dei morti di quell’«inutile strage» (Benedetto XV) perpetrata in parte anche sul nostro Carso e la colpevole scelleratezza di chi li ha mandati a morire ponendo così le basi di ciò che è avvenuto poi tragicamente anche nella 2° guerra mondiale.
L’esaltazione della Patria che diventa un idolo, non una comunità di persone alla cui vita contribuire con responsabilità e impegno, copre la storia di migliaia di soldati obiettori di coscienza a quell’assurdità, bollati come disertori e per questo fucilati ma in realtà esemplari testimoni di pace. Anche nella storia attuale tante persone si sono opposte a tutte le guerre, fra di esse a quella in Iraq e per questo sono state giudicate in modo sprezzante pacifiste ingenue, imbelli, sostenitrici di un dittatore. Ora il Presidente uscente degli Usa ammette il suo errore, la falsità delle motivazioni della guerra, l’esportazione della democrazia fondata sulla menzogna e sulle armi, con conseguenze tragiche e centinaia di migliaia di morti.
No al razzismo
Ridiciamo la nostra grande preoccupazione per l’accresciuta ostilità nei confronti dell’altro, dello straniero, del nomade, di chi fa più fatica a vivere per tribolazioni psichiche e fisiche, per condizioni di marginalità di cui il carcere per la maggior parte è istituzione emblematica. Avvertiamo nitidamente la presenza del razzismo in dichiarazioni e proposte politiche a livello nazionale e regionale in un clima diffuso che si esprime negli sguardi, nelle parole, negli atteggiamenti della quotidianità.
È razzismo culturale la proposta di classi differenziate di alunni stranieri e italiani perché riconosce la diversità per discriminarla, con un segno indelebile nell’animo dei ragazzi/e. E ‘ razzismo politico non riconoscere pari diritti e opportunità insieme a uguali doveri alle persone immigrate fra noi. Esprime una visione della società davvero grossolana e illusoria l’attribuzione di un potere salvifico, per altro molto costoso, alle telecamere e alla video sorveglianza che garantirebbero la nostra sicurezza; invece di porre attenzione, e su questo investire, alla formazione delle coscienze, ad esperienze culturali di relazione, di reciprocità, di inclusione.
Constatiamo la demagogia e l’incoerenza fra promesse massimaliste di espulsione di tutti gli stranieri irregolari e poi la presenza di circa un milione di loro irregolari per la legge, ma regolari per il mercato del lavoro, necessari a questo sistema economico. La loro regolarizzazione, da stabilire in modalità serie e veritiere già rifiutata come ipotesi perché risulterebbe un segno positivo di accoglienza, sarà comunque da ora ancor più problematica per la preoccupante crisi economica che può risultare drammatica per centinaia di migliaia di lavoratori, per fasce intere della popolazione che già si trova in situazione di povertà.
Tempo di crisi
Questa crisi preoccupante generata dallo stesso sistema finanziario può anche essere l’occasione di un ripensamento dei suoi meccanismi perversi, per scelte economiche legate ai processi storici reali; e ancora di una riconsiderazione profonda dell’ideologia dell’accumulo e del consumo e di scelte di sobrietà e di condivisione.
In questo periodo tre date significative illuminano, nella doverosa memoria storica, il presente e il futuro: il 70° anniversario della promulgazione delle leggi razziali da parte del duce, proprio nella nostra regione, a Trieste; rileggerle e meditarle significa ripensare a come siano state preparate e accettate, alle complicità e ai silenzi di tanti che non si sono opposti; coinvolge nella responsabilità della vigilanza e della denuncia di parole e atteggiamenti che sembrano far eco a quelle decisioni così discriminatorie, sprezzanti e disumane.
C’è poi il 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che evidenzia la possibilità di bene dell’essere umano nell’intuire, prospettare e dichiarare i principi di una umanità veramente umana e nello stesso tempo l’incoerenza ad attuarli nelle scelte personali, istituzionali e politiche.
Ed infine sta per concludersi l’anno del 60° anniversario dell’entrata in vigore della nostra Costituzione Repubblicana, la magna charta di una democrazia rispettosa dell’unità nella diversità, di un’autentica uguaglianza di diritti tra tutti i cittadini, del ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie tra i popoli.
Del nascere e del morire
I diritti fondamentali delle persone riguardano la vita e la morte nel loro intrecciarsi continuo. Situazioni emblematiche, di cui i mezzi di informazione si sono ampiamente occupati, provocano in noi una riflessione sofferta e rispettosa della storia delle persone e alcuni interrogativi etici laceranti. Il primato oggettivo della "verità", comunque sempre da cercare ed approfondire, è tale da sopprimere la libertà di coscienza personale? E come questa può essere rapportata al sentire di una società, nel pluralismo delle ispirazioni e delle convinzioni?
La sacralità della vita riguarda la sua totalità: la corporeità e la dimensione profonda dell’anima, dello spirito. L’attenzione e la cura alla vita umana inducono ad una prudenza nei confronti della scienza e delle sue tecnologie, a una sorta di timore che non intende limitare la ricerca e la sperimentazione, ma continuamente riporre la questione etica, senza apriorismi e fanatismi.
Proprio a motivo di lancinanti interrogativi ci pare di non condividere né l’esultanza nei confronti di decisioni che sostituiscono di fatto il ritardo legislativo riguardo il testamento biologico, né la posizione di chi definisce omicidio una scelta drammatica vissuta nell’ambito di una relazione di amore. Avvertiamo l’esigenza di porsi molto di più in ascolto della vita e di tutte le sue situazioni e per questo di aprirci con rispetto a diverse possibilità.
Come è vero che nessuno dovrebbe sollecitare, tantomeno obbligare qualcuno ad anticipare la propria morte biologica, ci chiediamo s
e altrettanto è possibile che nessuno sia obbligato a vivere anche in quelle condizioni estreme che inducono a desiderare la morte come una liberazione da una vita considerata impossibile.
Fra i tanti esempi di accompagnamento per anni e anni di persone in condizioni estreme, si possono collocare anche quelle situazioni in cui le persone non ce la fanno, non per egoismo, tanto meno per cattiveria, ma per scelta personale. O ci sarebbero questioni morali che non sono di competenza della libertà di coscienza di ciascuna persona? E davvero ci si può sostituire a Dio affermando di conoscere la sua volontà riguardo alla sofferenza e alla morte delle persone? E perché non vivere con lui una relazione di fiducia, di accoglienza del nostro vivere e morire, di una vita che continua diversamente nel suo Mistero?
Religione civile?
Come preti di questa Chiesa siamo preoccupati per la religione civile che si sta affermando, per la Chiesa necessaria a questo sistema come il sistema lo è per la Chiesa che in questo rapporto perde la forza umile della profezia, la fedeltà e il coraggio nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo.
Consideriamo positive tutte le ricerche storiche anche recenti su Gesù di Nazaret avvertendone i limiti rispetto ad una relazione con lui Figlio dell’Uomo e Figlio di Dio sempre da rivivere e da rinnovare: Lui che ci rivela continuamente il Dio incarnato, il Dio della storia, delle relazioni, dell’accoglienza, del perdono, della guarigione, della salvezza nel senso più profondo e pieno della parola.
Riconoscergli la pienezza di amore, una "onnipotenza" dell’amore significa pure riconoscere che può permettersi l’impotenza dell’amore, di entrare nella sofferenza e nella morte senza soccombere e di esserci in questo itinerario guida e compagno di viaggio.
I segni dei tempi
Cogliamo dentro alla complessità i segni di una speranza ragionevole nell’impegno quotidiano e fedele di tante persone, famiglie, comunità che giorno dopo giorno esprimono amore, amicizia, disponibilità all’accoglienza dell’altro, gratuità; e nei luoghi di lavoro una professionalità motivata, competente, significativa.
Ricordiamo coloro che in diversi luoghi del Pianeta per questo rischiano la vita e che continuano ad esprimere la loro idealità e il loro impegno dopo aver subito violenze, oppressioni, uccisioni di familiari e amici elaborando il dolore e facendolo diventare proposito di riscatto, di giustizia, di verità, di lotta contro l’impunità. Riconosciamo come un segno dei tempi l’elezione di Obama , l’entusiasmo della gente che ha riconosciuto in tale evento la realizzazione del "sogno" di Martin Luther King, un afro-discendente Presidente degli Usa, capace finora di un linguaggio che unisce idealità e concretezza, speranza e dinamismo.
La realtà dunque non è immutabile, i realisti e i cinici non sempre hanno ragione: l’audacia nella speranza è indispensabile per coinvolgerci ed impegnarci a contribuire ad una umanità umana.
Dovrebbe essere un segno anche per il nostro sistema politico legato ad una logica gerarchico-piramidale in cui prevalgono situazioni di familismo, di dinastie, di corporazioni, di localismi; in cui, ancor peggio, il Parlamento viene esautorato e si consolida una democrazia formale.
La condivisione di un cammino
Si dovrebbero favorire situazioni nuove: la presenza, ad esempio, di donne e giovani, di persone motivate e competenti. Consideriamo positivo il movimento dei giovani studenti delle Scuole superiori e dell’Università perché ricco di motivazioni, di contenuti, di modalità non violente, propositive: il desiderio di esserci, di potersi esprimere sul proprio futuro chiedendo di non essere estraniati e derubati, dell’esprimere il protagonismo positivo della vita, della ricchezza di idealità, di disponibilità, della richiesta di attenzione, di ascolto, di interlocuzione.
La mancanza di risposte o la loro ottusità e grossolanità esprime mancanza di prospettiva, di speranza, opportunismo, calcolo, cinismo.
Stiamo con i giovani, partecipando alle loro paure, difficoltà, tribolazioni, alle loro speranze, alle loro potenzialità positive. Riponiamo in loro fiducia e siamo loro grati perché ci aiutano a guardare la vita, la storia, la fede anche con i loro occhi, il loro cuore, la loro intelligenza dinamica.
Ci sentiamo di condividere con tutte le donne e tutti gli uomini fatiche, tribolazioni, speranze; con chi vive con noi l’esperienza esplicita della fede in dialogo e collaborazione con le donne e gli uomini delle altre fedi religiose; e con chi senza chiamare Dio per nome o senza riferirsi a Gesù Cristo si riconosce nei nomi con cui la loro presenza è indicata nella Bibbia, nei Vangeli così come nelle altre fedi spirituali.: giustizia, pace, accoglienza, perdono, verità, disponibilità, gratuità, fedeltà, coerenza.
Anche la memoria provocatoria e consolante del Natale, di Dio che si fa totalmente uomo entrando nella storia dalla periferia, dalla grotta degli animali, non dal centro del potere politico-economico – militare – religioso, ci coinvolge nella prospettiva e nell’impegno di una società e di un mondo più giusti, di una Chiesa più evangelica ed umana.
Pierluigi Di Piazza, Federico Schiavon, Franco Saccavini, Mario Vatta, Andrea Bellavite, Luigi Fontanot, Alberto De Nadai, Giacomo Tolot, Piergiorgio Rigolo, Alessandro Paradisi.
(22 dicembre 2008)
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