Naturale impressione

Mariasole Garacci

La mostra “Da Corot a Monet. La sinfonia della natura” al Vittoriano di Roma: attraverso una panoramica sulla rappresentazione della natura nella pittura francese dell’Ottocento, una riflessione sulla percezione dell’ambiente e sul rapporto uomo-natura all’alba della moderna ecologia. Tra scienza e utopie rivoluzionarie.

“L’armonia nasce solo dai contrasti, altrimenti quello che ottieni è l’unisono, una melodia composta da una sola nota”, scriveva Pissarro. La tesi di fondo della mostra inaugurata al Vittoriano il 5 marzo 2010 può essere così sintetizzata. Rispetto ai pittori della Scuola di Barbizon che rinnovarono il paesaggio classico di marca poussiniana -Corot, Rousseau, Dìaz de la Peňa, Dupré, Daubigny – gli impressionisti diedero origine a una nuova idea di superficie pittorica, e su una rinnovata gamma di soggetti aprirono una nuova visione, immediata e puramente fenomenica. Una visione che apre la strada a interrogativi critici e sposta all’infinito i confini dell’arte, con conseguenze di lunghissima portata: come Achille Bonito Oliva ricordava su Repubblica (4 marzo 2010), le Ninfee di Monet sono una emblematica, possente profezia dell’informale in Europa e dell’action painting negli Stati Uniti. Senza certo dimenticare il nobile padre Turner. Nella nuova pittura degli impressionisti la frammentarietà della realtà materiale è riunita in un’unità percettiva, in una sinfonia, come recita appunto il titolo della mostra, che i curatori riconducono qui ad una concezione olistica della natura influenzata dai contemporanei dibattiti scientifici e sociali in cui l’ambiente si andava definendo come un complesso di rapporti tra sistemi naturali e umani.

Da Charles Darwin, che parlò di “compagine” o “economia della natura” – in una parola, di ecologia – e della infinita complessità dei rapporti reciproci all’interno di un ambiente fisico e sociale (L’origine della specie, 1859), e il suo sostenitore tedesco Ernst Haeckel, che utilizzò per la prima volta il termine “ecologia”, fino al francese Elisée Reclus, romantica figura di geografo, naturalista, comunardo e anarchico vicino al collega Kropotkin e a Bakunin, che contribuì a diffondere in Francia le idee di ecologia sociale e olismo geografico. Reclus, evoluzionista, descrive la Terra come un insieme di sistemi naturali e umani interdipendenti in un rapporto positivo di reciproco adattamento. Un rapporto applicabile anche alla storia delle popolazioni umane: “I popoli si mischieranno con altri popoli come i ruscelli con i ruscelli e i fiumi con i fiumi; prima o poi formeranno una sola e unica nazione, così come tutte le acque di un unico bacino finiscono per confluire inseparabilmente in un unico fiume” (Storia di un ruscello, 1867). Indipendentemente dall’influenza diretta che tali idee di rinnovamento sociale possono aver avuto su alcuni artisti, come, ad esempio, Camille Pissarro, i curatori della mostra romana intendono indicare più generalmente come la nuova rappresentazione della natura nelle opere degli impressionisti non sia solo una nuova tecnica e un nuovo linguaggio, ma riveli una nuova visione nata contestualmente alle idee che circolavano in Europa. Questi pittori, scrive nel suo interessante saggio in catalogo Stephen Eisenman -ordinario di Storia dell’Arte della Northwestern University di Chicago- rappresentarono “‘l’economia della natura’, ovvero la terra come un insieme di sistemi umani e naturali collegati tra loro, con tutte le parti ugualmente vitali e reciprocamente collegate”.

In questa chiave dunque si può leggere una tela come La sente du Chou di Camille Pissarro (1878, Douai, Musée de La Chartreuse): un contadino e un pastore si fermano a conversare su un sentiero di campagna, terra battuta ai margini di piccoli campi, erba bassa già brucata su cui si proiettano le ombre di un cielo carico di nuvole; più in fondo radi alberi, e ancora oltre, verso il grigio e l’azzurro, l’orizzonte è frastagliato di monti e di case; sulla sinistra, oltre il fiume, dall’abitato svettano le ciminiere degli stabilimenti industriali sorti nel paese. La natura antica e infinita, che vive nel tempo lunghissimo della geologia, è stata addomesticata dall’uomo che vi ha tracciato il suo passaggio, ma già il ritmo della pastorizia e della vita contadina è superato dall’industria, da una nuova economia. Nell’Inondazione a Pont-Marly di Alfred Sisley (1872, Washington, National Gallery of Art) si vorrebbe rappresentato invece il fenomeno descritto da Reclus della adattabilità delle popolazioni umane ai cicli della natura, anche quando questi sono stravolti, in realtà, dall’intervento invasivo dell’uomo (grandi e ripetute inondazioni che tormentarono la Francia nella seconda metà del XIX secolo furono attribuite alla deforestazione).

Che gli impressionisti per primi abbiano rappresentato la campagna in una visione “assimilazionista” (come vuole l’autore di uno dei saggi in catalogo), con inclusioni inedite degli elementi umani simbolici della modernità nella natura, in un insieme che mostra la comprensione di una interazione produttiva e talvolta forzosa tra uomo e natura, tra cultura umana e natura, è una tesi forse da discutere. Come non pensare ai paesaggisti olandesi del XVII secolo? Anche la famosa Veduta di Delft di Jan Vermeer è, se vogliamo, illustrazione dell’inurbamento umano in un ambiente naturale, e le vedute di Jan Van Goyen della umana interazione con l’acqua. Tuttavia i saggi contenuti nel catalogo sono interessanti perché illustrano un aspetto culturale da non trascurare, in una generale circolazione delle idee che certamente gli artisti respiravano.
Il movimento che portò gli impressionisti a scardinare le regole del paesaggio classico già discusse della Scuola di Barbizon, non si esaurisce in una nuova gamma di soggetti ma nella percezione non mediata della unitarietà indistinta di una realtà fenomenica fatta di luce. Un movimento che il percorso della mostra fa a ragione concludere con un esempio delle Ninfee di Monet, concrezioni cosmiche di luce e colore in campo azzurro.

Da Corot a Monet. La sinfonia della natura
Roma – Complesso del Vittoriano, via San Pietro in Carcere snc
Orario: dal lunedì al giovedì, 9.30 – 19.30; venerdì e sabato, 9.30 – 23.30; domenica, 9.30 – 20.30
Catalogo Skira.
www.comunicareorganizzando.it

(9 marzo 2010)

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