Nessuno resti indietro. Iniziamo a costruire un “dopo” più giusto

Fabrizio Barca*


Davanti all’immane crisi in atto, la Repubblica dell’articolo 3 della Costituzione, quella che ha il compito di rimuovere gli “ostacoli al pieno sviluppo della persona umana”, ha tre compiti: scongiurare l’impoverimento delle persone; evitare il collasso del sistema produttivo e sociale; promuovere sin da ora un cambio di rotta dello sviluppo, verso la giustizia sociale e ambientale.

Il Decreto “Cura Italia” del Governo ha iniziato ad affrontare il primo e il secondo obiettivo. Per completare il lavoro e dedicarci con intelligenza e passione al terzo decisivo obiettivo, il Forum Disuguaglianze e Diversità e l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, assieme a Cristiano Gori, hanno avanzato una proposta di immediata attuazione. Più grande sarà la mobilitazione attorno a essa, maggiore la possibilità che il Governo la adotti.

La proposta fa due cose. Primo, capitalizza la scelta del Governo di riconoscere per la prima volta una tutela sociale a lavoratrici e lavoratori autonomi, per rafforzare e rendere più giusta tale tutela. Secondo, in nome di un’indispensabile universalità della protezione sociale, raggiunge i 6-7 milioni di lavoratori privati che sfuggono oggi al Decreto del Governo. Lo stesso Stato che, in modo sacrosanto chiede a gran parte della popolazione di stare in casa e chiede a un’altra parte di stare in prima linea per curare e produrre per chi sta a casa, deve tutelare ogni persona a misura delle sue condizioni.

Proponiamo allora in primo luogo un Sostegno di Emergenza per il Lavoro Autonomo che sostituisce il bonus una tantum di 600 euro per gli autonomi. L’importo da riconoscere a ogni lavoratrice e lavoratore autonomo non è fisso, come ora, ma cambia in base alle diverse situazioni. Al fine di mantenere la capacità produttiva del lavoro, il contributo è tanto più alto quanto maggiore è la perdita di guadagno (in proporzione al proprio volume abituale di attività). Al fine di sostenere soprattutto chi è in grave difficoltà, il contributo è al tempo stesso tanto maggiore quanto peggiori sono le condizioni economiche del nucleo familiare del lavoratore o lavoratrice.

Il secondo strumento introdotto è il Reddito di Cittadinanza per l’Emergenza che utilizza i dispositivi del Reddito di Cittadinanza, sfruttando così l’opportunità di cui il nostro paese ha saputo dotarsi. Questo strumento si rivolge potenzialmente a figure assai diverse: oltre due milioni e mezzo di lavoratori a tempo determinato; meno di mezzo milione di lavoratori con contratti a chiamata; ex-occupati che man mano escono dal sussidio di disoccupazione; inoccupati che già prima avrebbero potuto accedere al Reddito di cittadinanza, ma non lo facevano perché scoraggiati da una cattiva propaganda; e, infine, oltre tre milioni di lavoratrici e lavoratori irregolari. L’obiettivo è di costruire subito una diga contro l’impoverimento raggiungendo tutte queste categorie, che non beneficiano di altre prestazioni di welfare.


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La forza di questa scelta sta nel fatto che, come insegna l’esperienza internazionale in casi di emergenza, viene utilizzato uno strumento già esistente, con regole temporanee adatte alle circostanze. E così, per velocizzare l’attuazione viene ridotta la documentazione necessaria e vengono semplificate le procedure. E soprattutto si utilizza la possibilità di fare calcolare alle Autorità i parametri necessari per accedere all’aiuto, puntando all’informazione automatica degli aventi diritto, una rivoluzione per il nostro paese. Viene eliminato il vincolo al patrimonio immobiliare, perché non vogliamo spingere nessuno a svendere ciò che ha con fatica accumulato. E sono allentate, sempre temporaneamente, le sanzioni legate alla condizione di lavoro irregolare. Viene infine doverosamente rafforzata la possibilità di fare domanda alle persone di cittadinanza non italiana.

Il fatto che il Reddito di Emergenza si rivolga espressamente anche al lavoro irregolare – comunque meno di metà dei beneficiari potenziali stimati – deve trovare l’appoggio di tutte le persone ragionevoli. Non solo perché la Repubblica non può abbandonare nessuno. Non solo perché stabilendo nelle attuali drammatiche circostanze un rapporto con il lavoro irregolare, lo Stato ricostruisce con esse una fiducia e un dialogo che possono accrescere la possibilità che quel lavoro stesso trovi i modi e la forza per uscire da condizioni di sudditanza. Ma anche per altre due ragioni. Perché in queste giornate una larga parte del lavoro irregolare non può essere più esercitato. Perché l’esperienza internazionale insegna che in simili circostanze si deve essere pronti ad accettare maggiori “errori di inclusione”.

Se verranno adottate queste due misure, la Repubblica riuscirà a contenere l’aumento delle disuguaglianze. La coesione sociale e la democrazia verranno tutelate e accresciute. E si creeranno le basi per quel cambio di rotta che l’impreparazione mondiale davanti a Covid-19 ha reso, se possibile, ancora più urgente.

Se queste parole vi hanno convinto o lo ha fatto la lettura del testo della proposta, potete aderire a essa firmando qui.
* Forum Disuguaglianze Diversità
(31 marzo 2020)





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