“No all’apartheid islamista”. L’appello di 100 intellettuali francesi, che invitiamo gli intellettuali italiani di sinistra a condividere

MicroMega

Questo appello merita la massima diffusione. Il mondo della sinistra egualitaria, libertaria, illuminista, insomma della sinistra giustizia e libertà, dovrebbe farlo proprio. MicroMega da decenni è impegnata in questa campagna di opinione, purtroppo minoritaria, che grazie alla latitanza della sinistra (anche intellettuale) ha consentito alle destre di strumentalizzare come omaggio ipocrita ai valori repubblicani una politica che resta invece di difesa del privilegio e di creazione di capri espiatori.
E’ sempre più urgente che sia il mondo di sinistra, della società civile, ad assumersi l’impegno perché la laicità più rigorosa e intransigente sia il fondamento di una politica di accoglienza che ha bisogno delle risorse che solo una politica sociale di eguaglianze può garantire. (pdf’a)

L’appello di 100 intellettuali contro il “separatismo islamista”

da Le Figaro, traduzione di Ingrid Colanicchia

Siamo cittadini con opinioni diverse e molto spesso opposte che si sono trovati d’accordo nell’esprimere, al di fuori di ogni attualità, la propria inquietudine di fronte al crescere dell’islamismo. Non sono le nostre affinità a unirci ma la sensazione che un pericolo minacci la libertà e non solo quella di pensiero. Ciò che ci unisce oggi è più importante di ciò che certamente ci separerà domani.

Il nuovo totalitarismo islamista cerca di guadagnare terreno con ogni mezzo e di passare per una vittima dell’intolleranza. È stato possibile osservare questa strategia qualche settimana fa, quando il sindacato degli insegnanti SUD Éducation 93 ha proposto uno stage di formazione comprensivo di laboratori di riflessione sul “razzismo di Stato” vietati ai “bianchi”. Alcuni animatori erano membri o simpatizzanti del Collectif contre l’islamophobie en France e del Parti des indigènes de la République. Esempi di questo tipo si sono moltiplicati negli ultimi tempi. Abbiamo anche appreso che il miglior modo di combattere il razzismo consisterebbe nel separare le razze. Se questa idea ci offende è perché siamo repubblicani.

Sentiamo anche dire che, dal momento che le religioni in Francia sono oggetto di scherno da parte di una laicità “strumentalizzata”, è necessario garantire alla religione minoritaria, vale a dire l’islam, un posto speciale affinché cessi di essere umiliata. E ancora: sembra che coprendosi con un velo le donne si proteggano dagli uomini e che segregarle permetterebbe loro di emanciparsi.

Il punto comune di questi proclami sta nel pensare che il solo modo di difendere i “dominati” (non è un termine nostro ma quello usato da SUD Éducation 93) consisterebbe nel separarli dagli altri e nel concedere loro dei privilegi.

Non molto tempo fa, l’apartheid regnava in Sudafrica. Fondata sulla segregazione dei neri, voleva mettersi la coscienza in pace creando dei bantustan in cui era concessa ai neri un’autonomia fittizia. Un sistema che fortunatamente è scomparso.

Ed ecco che oggi è un apartheid di nuovo tipo che viene proposto in Francia, una segregazione al contrario grazie alla quale i “dominati” preserverebbero la loro dignità mettendosi al riparo dai “dominanti”.

Ma questo significa che una donna che si tolga il velo ed esca per strada sarebbe una preda? Significa che una “razza” che frequenti le altre sarebbe umiliata? Significa che una religione che accetti di essere una tra le altre perderebbe la faccia?

E i francesi musulmani, o di cultura musulmana ma non credenti, che amano la democrazia e vogliono vivere con tutti? L’islamismo ha previsto di segregare anche loro? E le donne che rifiutano di essere segregate: chi deciderà per loro? E gli altri, quelli che apparentemente non meritano di essere protetti: saranno rinchiusi nel campo dei “dominanti”?

Tutto ciò va contro quanto è stato fatto in Francia per garantire la pace civile. Da molto tempo, l’unità del paese è stata fondata sull’indifferenza rispetto ai particolarismi che potrebbero essere causa di conflitto. Ciò che viene chiamato universalismo repubblicano non consiste nel negare sesso, razza o religione ma nel definire lo spazio pubblico indipendentemente da questi aspetti affinché nessuno ne sia escluso. E come non vedere che la laicità tutela anche le religioni minoritarie? Metterla in pericolo ci espone al ritorno delle guerre di religione.

A cosa può dunque giovare questo segregazionismo di nuovo tipo? Deve solo permettere ai sedicenti “dominati” di salvaguardare la loro purezza vivendo distaccati dagli altri? Il suo scopo non è soprattutto quello di affermare la secessione dalla comunità nazionale, dalle sue leggi e dai suoi costumi? Non è espressione dell’odio più caratteristico nei confronti del nostro paese e della democrazia?

Che ciascuno viva sotto la legge della propria comunità o casta e nel disprezzo di quella degli altri, che ciascuno non sia giudicato che dal proprio gruppo, è contrario allo spirito della Repubblica. Questa è stata fondata sul rifiuto dei diritti privati applicati a categorie specifiche ed esclusive, sull’abolizione dei privilegi. Le stesse leggi per tutti, ecco cosa al contrario ci garantisce la Repubblica. Ciò che semplicemente va sotto il nome di Giustizia.

Il nuovo separatismo avanza sotto mentite spoglie. Vuole apparire benigno ma in realtà è l’arma di conquista politica e culturale dell’islamismo. L’islamismo vuole la separazione perché rifiuta gli altri, compresi i musulmani che non condividono le sue idee. L’islamismo detesta la sovranità democratica perché questa gli nega ogni legittimità. L’islamismo si sente umiliato quando non domina.

Accettare tutto ciò è fuori discussione. Noi vogliamo vivere in un mondo completo in cui i due sessi si guardano senza sentirsi insultati dalla presenza dell’altro. Vogliamo vivere in un mondo completo in cui le donne non siano giudicate inferiori per natura. Vogliamo vivere in un mondo completo in cui le persone possano frequentarsi senza avere paura le une delle altre. Vogliamo vivere in un mondo completo in cui nessuna religione detti legge.

Firmatari:

Waleed al-Husseini
Arnaud d’Aunay
Pierre Avril
Vida Azimi
Isabelle Barbéris
Kenza Belliard
Georges Bensoussan
Corinne Berron
Alain Besançon
Fatiha Boudjahlat
Michel Bouleau
Rémi Brague
Philippe Braunstein
Stéphane Breton
Claire Brière-Blanchet
Marie-Laure Brossier
Pascal Bruckner
Eylem Can
Sylvie Catellin
Gérard Chaliand
Patrice Champion
Brice Couturier
Éric Delbecque
Chantal Delsol
Vincent Descombes
David Duquesne
Luc Ferry
Alain Finkielkraut
Patrice Franceschi
Renée Fregosi
Christian Frère
Claudine Gamba-Gontard
Jacques Gilbert
Gilles-William Goldnadel
Monique Gosselin-Noat
Gabriel Gras
Gaël Gratet
Patrice Gueniffey
Alain Guéry
Éric Guichard
Claude Habib
Nathalie Heinich
Clarisse Herrenschmidt
Philippe d’Iribarne
Roland Jaccard
Jacques Jedwab
Catherine
Kintzler
Bernard Kouchner
Bernard de La Villardière
Françoise Laborde
Alexandra Laignel-Lavastine
Dominique Lanza
Philippe de Lara
Josepha Laroche
Alain Laurent
Michel Le Bris
Jean-Pierre Le Goff
Damien Le Guay
Anne-Marie Le Pourhiet
Barbara Lefebvre
Patrick Leroux-Hugon
Élisabeth Lévy
Laurent Loty
Mohamed Louizi
Jérôme Maucourant
Jean-Michel Meurice
Juliette Minces
Marc Nacht
Morgan Navarro
Pierre Nora
Robert Pépin
Céline Pina
Yann Queffélec
Jean Queyrat
Philippe Raynaud
Robert Redeker
Pierre Rigoulot
Ivan Rioufol
Philippe San Marco
Boualem Sansal
Jean-Marie Schaeffer
Martine Segalen
André Senik
Patrick Sommier
Antoine Spire
Wiktor Stoczkowski
Véronique Tacquin
Pierre-André Taguieff
Maxime Tandonnet
Sylvain Tesson
Paul Thibaud
Bruno Tinel
Michèle Tribalat
Caroline Valentin
David Vallat
Éric Vanzieleghem
Jeannine Verdès-Leroux
Emmanuel de Waresquiel
Ibn Warraq
Yves-Charles Zarka
Fawzia Zouari

(27 marzo 2018)



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