“Noi, insegnanti precari, usati come kleenex”
di Viviana Vuoso, maestra alla Scuola elementare statale F. Crispi
Sono una precaria della scuola, ma non per un caso!
Ho partecipato e superato due concorsi pubblici e ho frequentato la SSIS (Scuola di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario) ottenendo in totale l’abilitazione all’insegnamento nella scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo e secondo grado. Da otto anni insegno e per poter intraprendere questa carriera ho accettato di trasferirmi dalla mia terra e dai miei affetti. Prima a Bergamo e provincia, nelle stesse condizioni disagevoli vissute dai miei genitori trent’anni fa e poi a Roma, con affitti insostenibili, in spazi che gli stessi extracomunitari giustamente rifiutano e senza quei rimborsi di cui i vari Tremonti, Brunetta, Gelmini e compagni godono, come aventi diritto ad incomprensibili e insopportabili privilegi, alla faccia della Costituzione. E’ stata dura all’inizio, ma la prospettiva di un lavoro attraverso cui esprimere la dignità di cittadino per partecipare attivamente alla vita politica, economica e sociale di questo Paese è stata la vera molla che mi ha spinto. In questi otto anni ho acquisito competenze, ho fatto esperienze, aggiornamento continuo, spesso con corsi autofinanziati. Ho partecipato a progetti, ho proposto progetti alla scuola, ho stabilito contatti e rapporti professionali e proprio adesso che sembravo vicina alla meta qualcuno mi dice che dal prossimo anno dovrò fare altro, ma non si sa bene cosa di preciso.
Il decreto Gelmini è un taglio anticostituzionale.
L’articolo 3 della Costituzione recita:
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
L’articolo 4 dice:
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Bene, in questo momento la Repubblica non rimuove gli ostacoli, ma li crea!
In questo modo limita la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impedendo lo sviluppo della persona umana, nonché la partecipazione alla vita politica, economica e sociale del paese. Se il lavoro è un diritto, le scelte dittatoriali e cieche di questo governo stanno ledendo il diritto di chi da anni lavora per lo Stato. In questi anni noi precari abbiamo servito il Paese come soldati sempre pronti e disponibili. Abbiamo accettato di essere usati come kleenex: nominati il 1 settembre e licenziati il 30 giugno senza lo stipendio estivo, abbiamo accettato di lasciare le classi in cui tanto avevamo creduto, abbiamo accettato di non poter usufruire alle 150 ore del diritto allo studio, abbiamo accettato di non godere dei 3 giorni di assenza per motivi familiari, ma tanto, come il ministro Brunetta potrà costatare, i precari sono i meno assenteisti, altro che fannulloni!. Ebbene, abbiamo accettato tali umiliazioni a confronto dei nostri colleghi di ruolo rispetto ai quali non abbiamo meno responsabilità, ma quello che sta accadendo adesso è inaccettabile.
130.000 cattedre in meno coinvolgono altrettante famiglie, ma se consideriamo l’introduzione del maestro unico alla primaria e la contrazione del tempo scuola, i cittadini coinvolti in questi tagli saranno molti di più. Il decreto Gelmini colpisce i soggetti più deboli della società: donne e bambini. Le donne, molte delle quali insegnanti, ma soprattutto mamme che dovranno ripiegare sui lavori part-time o ricorreranno alla baby-sitter con un’ ulteriore spesa nel budget familiare, ancor più pesante per le donne sole con figli. E’ una legge maschilista frutto di un pensiero chiuso e retrogrado che senza aver trovato il supporto in nessuna teoria pedagogica, colpisce i bambini propinando il pensiero unico del consumatore che professa l’avere piuttosto che l’essere.
Non è una manovra grave solo per la scuola, ma per la società. Questo decreto apre un problema sociale dalla portata enorme. E’ uno tsunami, sul nostro Paese ma la protezione civile non sente l’SOS e non viene a soccorrerci!
Da precaria e da cittadina esigo sapere come questo governo intende utilizzare le risorse umane attualmente impiegate nella scuola, soprattutto in quella primaria che vedrà una considerevole contrazione delle cattedre.
Che diritto hanno Brunetta, Gelmini, Tremonti, Berlusconi & C. di decidere le sorti della nostra vita e il nostro futuro?.
(8 novembre 2008)
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