Noi Siamo Chiesa alla Cei: Basta do ut des con il governo
da www.noisiamochiesa.org
Lunedì si riunisce l’assemblea annuale dei vescovi italiani. Non potrà essere un incontro di ordinaria amministrazione perché non è di ordinaria amministrazione la situazione del nostro paese. La crisi economica non è per niente in fase di superamento. La sua gestione da parte dei soggetti che hanno più responsabilità contribuisce all’aumento delle disuguaglianze e la condizione dei soggetti più deboli rimane tale o peggiora.
Si aggrava poi la crisi politica per responsabilità soprattutto di chi governa: delegittimazione degli organi costituzionali, illegalità diffusa nella Pubblica Amministrazione, poteri mafiosi e criminali sempre più forti e diffusi sul territorio, politiche di rifiuto dell’accoglienza dello “straniero”, la figura femminile pensata e vissuta solo in ordine al facile consumo sessuale, uso fazioso dei mass-media, politica di riarmo e di guerra, in violazione dell’art. 11 della Costituzione.
Ciò constatato, ci chiediamo se il predicare il Vangelo, nella nostra difficile storia di oggi, non debba significare, per chi ha le maggiori responsabilità nella guida del Popolo di Dio, il dovere di esprimersi sulla situazione in modo comprensibile ed inequivocabile, con parresia evangelica e non con qualche mormorio di sacrestia, unito a rumorosi silenzi o a prese di posizioni ambigue, reticenti o direttamente conniventi col potere. Il rischio è che, dietro di esse, si nasconda la politica del do ut des praticata dalla S. Sede e dai vertici della CEI con il governo. Essa baratta il silenzio su ogni mancanza di etica nella gestione individuale e istituzionale della cosa pubblica da parte di chi ora ci governa, con qualche privilegio materiale o con la difesa di “principi non negoziabili”, la cui fragilità “Noi Siamo Chiesa” ha ripetutamente cercato di spiegare.
Nella Comunità ecclesiale, nelle parrocchie, negli ordini religiosi, nelle associazioni e in qualche organo della stampa cattolica, l’insofferenza per la posizione passiva o complice delle gerarchie si è spesso manifestata negli ultimi mesi, anche se in modo non organizzato, sia da parte di laici che di chierici. Ma nessuno risponde, non c’è dialogo, non c’è ricerca, né tantomeno discussione aperta. Le prolusioni di Bagnasco decidono tutto per tutti. Ma fino a quando – ci chiediamo – continuerà il silenzio, poco responsabile, della generalità dei vescovi? Sappiamo per certo che anche tra di loro ci sono insofferenze, dissensi, volontà di affrontare diversamente i problemi, in qualche caso emersi nei dibattiti giornalistici (si leggano, per esempio, le parole di Mons. Mogavero sulla condotta morale di Berlusconi). L’assemblea sarà ancora un’occasione persa? Troppi vescovi rinunceranno alla loro missione, che dovrebbe essere profetica, a solo vantaggio di una struttura ecclesiastica ossificata?
L’assemblea dovrà tornare a discutere a fondo della pedofilia del clero. Nel momento più caldo dello scandalo (primavera 2010) i vescovi italiani, sostenendo la presunta minore rilevanza del fenomeno in Italia, scelsero la via più comoda, quella del rifugiarsi in una pretesa obbedienza alle norme canoniche; non fecero nessuna autocritica, prestarono poca attenzione alle vittime, non si impegnarono a un nuovo rapporto con le autorità civili, concludendo che la vittima avrebbe dovuto rivolgersi al proprio vescovo con fiducia!! E’ una fiducia che, da troppi diffusi episodi, sappiamo non meritata.
“Noi Siamo Chiesa” intervenne (con propri testi del 31 marzo e del 1 giugno 2010) facendo una proposta concreta, che si richiamava a quanto già deciso da alcuni episcopati del Nord Europa e, in Italia, dal solo vescovo di Bolzano-Bressanone Mons. Karl Golser. Essa non fu presa in considerazione. La situazione è rimasta pesante e le vittime cominciano ad organizzarsi.
L’episodio di Genova di questi giorni testimonia sì un forte e condivisibile intervento del Card. Bagnasco, che è però avvenuto a posteriori, come sempre, poiché la situazione era ben nota da tempo in Curia. Possiamo sperare che il Cardinale sia prudente e non si spinga a dichiarazioni che potrebbero un domani essere smentite?
La Congregazione per la Dottrina della Fede ha emanato il 3 maggio una “Lettera circolare per aiutare le Conferenze Episcopali nel preparare Linee guida per il trattamento dei casi di abuso sessuale nei confronti dei minori da parte dei chierici”. Ci sembra un documento con aspetti positivi; esso si preoccupa delle vittime, della prevenzione degli abusi, della formazione del clero e dei religiosi, della cooperazione con le autorità civili. I vescovi italiani, più di tutti, hanno bisogno di questa circolare che apparirà loro come una vera e propria bacchettata sulle dita, se avranno l’onestà di riflettere sulle conclusioni dell’assemblea dell’anno scorso.
Noi ci aspettiamo che ora i nostri vescovi preparino seriamente delle Linee guida che partano dalla convinzione che l’Italia non è una isola a sé stante, rispetto al resto dell’universo cattolico, e che è necessaria una seria autocritica per quanto riguarda la sottovalutazione del problema e le prassi seguite qui, come altrove. Noi speriamo che l’assemblea deliberi anche sui due punti non risolti dalla Circolare. Da una parte, la denuncia all’Autorità civile sia prevista nelle Linee guida come obbligatoria per i vescovi italiani, dall’altra si preveda in ogni diocesi l’istituzione di una struttura indipendente (tipo un “Collegio per l’ascolto e la trasparenza”, secondo la proposta di “Noi Siamo Chiesa”) che in ogni diocesi sia il primo referente per le vittime, sul modello di quelle già realizzate in altri paesi (Olanda, Austria, Germania, diocesi di Bolzano).
L’assemblea dei vescovi non perda questa occasione per cercare di affrontare seriamente il problema, senza limitarsi, come lo scorso anno, a belle parole e senza quindi rispondere, con i fatti, alla verità richiesta dal Vangelo e attesa dal popolo di Dio che è in Italia.
(22 maggio 2011)
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