Noi Siamo Chiesa: “No alla beatificazione di don Giussani”

Noi Siamo Chiesa

Da tempo esiste nella Chiesa un’opinione critica sul complesso di procedure canoniche, di gruppi di pressione e di culture, fondate più sulla devozione che sulla fede, che sono alla base del “sistema” vaticano delle beatificazioni e delle santificazioni. Ci si chiede, in particolare, se questa accondiscendenza agli aspetti meno evangelici della religiosità popolare non sia un ostacolo da una parte alla tanta conclamata volontà di promuovere una nuova evangelizzazione, dall’altra a un più accelerato percorso ecumenico.

“Noi Siamo Chiesa” da sempre condivide la preoccupazione per questo tipo di pastorale fatta di immagini, cerimonie, preghiere finalizzate e attese, che rende difficile la concentrazione, in una parte del popolo cristiano, sul vero e unico atto di fede, quello in Gesù Cristo morto e risorto. La situazione si è molto aggravata nel corso degli ultimi due pontificati. Al cosidetto “onore degli altari” vengono chiamati, in numero mai così elevato nella storia della Chiesa, suore, preti, fondatori di ordini religiosi, papi (le eccezioni sono proprio poche). Mai troviamo tra i beati e i santi una madre di tanti figli, mai un qualche “sans papier”, mai un operaio o un contadino, mai qualche cristiano impegnato in prassi di liberazione sociale o politica. I tempi e le procedure del sistema lasciano ugualmente perplessi ed i modelli di santità che si propongono sono la conseguenza di un orientamento preciso, quello di una Chiesa della tradizione e della devozione, e sono apprezzati solo da una parte dei credenti nell’Evangelo che fanno parte della comunità dei battezzati.

Ciò premesso, “Noi Siamo Chiesa” ritiene che sia giunto il momento di fermarsi e che, per un lungo periodo, per esempio cinquanta anni, sia molto opportuno sospendere beatificazioni e canonizzazioni e iniziare una generalizzata fase di riflessione sul senso stesso di questo modo di essere Chiesa. In questo periodo si potrà approfondire il concetto stesso di santità come elemento intrinseco all’essere “normale” di ogni cristiano (Padre Alberto Maggi ricorda che S.Paolo chiamava i cristiani delle diverse comunità “santi”, cioè consacrati che avevano accolto lo spirito di Dio e che si sentivano perciò attratti verso il bene al servizio degli uomini). Dopo tale periodo si potrà decidere per il meglio.

Queste considerazioni sono alla base di una opinione critica sulla decisione di aprire il processo di canonizzazione di don Luigi Giussani ma ne possiamo aggiungere di più specifiche, a partire da quella sui tempi. Il “santo subito”lo abbiamo considerato del tutto inopportuno per papa Wojtyla, lo ripetiamo per don Giussani. Nell’ambito di questa nostra posizione critica, con convinzione prendiamo atto di quanto don Giussani sia stato una personalità eccezionale dal grande carisma, che ha lasciato e lascia un segno forte nella cattolicità, non solo nel nostro paese. Ma la figura di don Giussani è proposta non solo per riconoscere la sua personale vita di fede (che nessuno di noi mette in dubbio) ma anche per il complesso del suo messaggio e delle iniziative che ha fondato e ispirato per molti anni. Su di esse la nostra opinione è severa. Elenchiamo i punti:

1) la presenza di Comunione e Liberazione nella Chiesa è sempre stata tesa a organizzarsi come realtà a sé, rispetto al generale corpo ecclesiale. L’aspro lungo conflitto con la “scelta religiosa” dell’Azione Cattolica (che era di ispirazione conciliare e che tendeva a separare l’impegno religioso da quello politico) è ben noto a tutti. Nella Chiesa ambrosiana portò a uno scontro diretto con una buona parte delle strutture parrocchiali e con il vescovo. Questo avvenne con il Card. Colombo ed è nota la diffidenza di CL nei confronti del magistero del Card. Martini. Tutti sanno che il seminarista Angelo Scola fu allontanato dal seminario di Venegono perché ritenuto appartenere a una specie di altra Chiesa. Da questo punto di vista don Giussani e la sua opera sono stati motivo di divisione nella Chiesa.

2) la stretta e teorizzata connessione tra vita di fede e impegno politico e sociale in C.L .ha portato a una presenza politica monolitica, molto coesa, con caratteristiche costanti nel tempo, sotto il segno dell’integralismo culturale e della spregiudicatezza nelle alleanze in ragione della “causa”. Così è nata la convergenza, che dura da quasi vent’anni, dei militanti di C.L. con le forze più squalificate della destra italiana (da Andreotti a Bossi, a Berlusconi) . Si sono così difese leggi dichiaratamente in contrasto con il bene comune e la giustizia (tra le tante pensiamo, per esempio, alle leggi antimmigrati), mentre chi obiettava veniva accusato di moralismo in nome del fine che giustifica ogni mezzo. I grandi meeting di Rimini, la ferrea mobilitazione per organizzare voti di preferenza, la ben scarsa volontà di dialogo con la cultura laica, il forte spirito di corpo oltre qualsiasi ragionevolezza, sono le caratteristiche della presenza di C.L., sempre in polemica con i “cristiani adulti” e con il cattolicesimo democratico. Proprio questa ripetuta affermazione del legame tra fede e questa militanza politica di gruppo attribuisce una grande responsabilità agli ispiratori ultimi che questa connessione teorizzavano, chiedendone la realizzazione concreta. Di don Giussani si può dire che ciò avvenisse “a sua insaputa”? Perlomeno si può dire che egli proponeva un modello di comunità ecclesiale molto discutibile, anzi, a nostro parere, per molti versi poco evangelico.

3) Ammessa e concessa ogni assoluta buona fede a tanti militanti generosi e trasparenti di C.L., i dubbi su quanto siano “cristiane” le prassi di governo della galassia del Movimento sono veramente tanti se si esamina la situazione a Milano e in Lombardia, città e regione in primis della presenza di don Giussani e di C.L. Il controllo stretto di molte istituzioni locali, a partire dall’amministrazione regionale con le sue strutture sanitarie, con clientelismi e gravi illegalità di tanti tipi, è fatto ben noto e documentato. Questa situazione locale è un caso da manuale della deriva a cui si è arrivati. Questa presenza istituzionale è poi intrecciata da tempo con la Compagnia delle Opere, che è diventata una struttura complessa e in continua crescita e che pratica, richiamandosi allo spirito del Movimento e per promuoverlo, capacità di business, alleanze e pratiche concrete spesso molto spregiudicate.

Oltre alle iniziali considerazioni sul sistema della creazione di beati e di santi, ci sembra che la richiesta di C.L. fatta il 22 febbraio nel duomo di Milano, evidentemente concordata col Card. Scola e subito formalizzata, di iniziare in tempi molto ravvicinati il procedimento per la canonizzazione di don Giussani sia inopportuna, anzi sbagliata. Ci sembra che serva a dare immagine a un movimento che è appoggiato dai vertici ecclesiastici ma con molti problemi nella Chiesa e nella società. La memoria di don Giussani può essere benissimo ricordata e vissuta nella coscienza di quanti ne apprezzano il messaggio e all’interno del loro Movimento, senza altri riconoscimenti che sono in molti nella Chiesa a non condividere.

(1 marzo 2012)

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