Noi Siamo Chiesa: “Su politica e corruzione la Cei deve fare autocritica”
Vittorio Bellavite
, coordinatore nazionale di “Noi Siamo Chiesa”
“Il comunicato finale del Consiglio Episcopale Permanente della CEI è, al solito, ripetitivo della prolusione del Card. Bagnasco che, il primo giorno, “detta” la linea. Ci resta un interrogativo relativo al fatto se i vescovi non discutano perché tutto è già stato deciso oppure se vi sia sempre una effettiva unanimità.
Nella prolusione emerge la consapevolezza della situazione del paese; vi si parla di “crisi di sistema”, di “reticolo di corruttele e di scandali”, di “supremazia arbitraria della finanza”, di assillo per la condizione dei giovani (“il precariato sta diventando una malattia dell’anima”) e via di seguito. Scontato il consenso al governo Monti, Bagnasco non si richiama in nessun modo ai ragionamenti fatti a suo tempo nell’incontro di Todi dello scorso autunno e non a caso. Dalle sue parole, infatti, mi sembra emerga indirettamente, in presenza di una situazione politica troppo aperta, una evidente reticenza sulle diverse ipotesi fatte negli ultimi mesi per quanto riguarda il tanto discusso e atteso nuovo impegno dei cattolici in politica.
Di fronte a questa incertezza della situazione e all’ondata dell’antipolitica, che coinvolge i cattolici come tutti, Bagnasco rilancia, dopo mesi di silenzio, le tradizionali campagne identitarie; esse saranno comunque utili nel prossimo futuro per stabilire paletti e per lanciare messaggi anche di schieramento politico, non “a favore” di qualcuno ma “contro” chi non riconosca facilmente i c.d. “principi non negoziabili”. Tra le altre occasioni di scontro si sta prefigurando anche quella sull’ora di religione con il rifiuto pregiudiziale, anche solo alla discussione, delle ragionevoli riflessioni del ministro Profumo su una situazione del tutto insoddisfacente.
Faccio alcune osservazioni:
1) la credibilità delle posizioni della CEI sulla situazione politica e sociale sarà sempre molto scarsa fino a quando essa non farà una radicale autocritica sul consenso prestato per anni, in diverse forme e tempi, al centrodestra, senza alcun limite e, in qualche caso, senza alcun pudore. Gli scandali in Lazio e Lombardia, per esempio, emergono da situazioni esplicitamente da sempre supportate dalla gran parte delle gerarchie ecclesiastiche.
2) il rilancio dell’ostilità alla regolamentazione delle unioni di fatto è una “imposizione simbolica” non da parte di chi la propone ma da chi la contraddice, prefigurando così la crisi della famiglia. Troppo vecchia questione: a Milano cattolici “adulti” (il vicesindaco Maria Grazia Guida, Valerio Onida e Bruno Tabacci) hanno detto di no al Card. Scola come Romano Prodi e Rosy Bindi, a suo tempo, al Card. Ruini. Fino a quando durerà questa situazione portata avanti con ben scarsa attenzione alla sua debolezza, anche dal punto di vista pastorale ?
3) il rilancio, anche in questo caso dopo un lungo silenzio per non disturbare la grande coalizione di governo, della richiesta
di varare in via definitiva la legge sulle DAT (testamento biologico) ripropone uno scontro frontale. Su di essa non sono d’accordo i cattolici “adulti”, gran parte degli operatori sanitari, le indicazioni di altre conferenze episcopali (quella tedesca, per esempio) e la maggioranza dell’opinione pubblica (per quanto emerge dai sondaggi). “Noi Siamo Chiesa” ha lungamente trattato tutta la questione sostenendo che le linea dei vescovi italiani ha operato una svolta rispetto allo stesso Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992. Il ridondante disegno di legge in discussione (che noi chiamiamo Bagnasco-Calabrò) ha senso solo per l’art.3 quarto comma e per l’art. 7 primo comma che permetterebbero una piena rivincita politica dei vescovi sull’esito del caso Englaro, stabilendo che le volontà del malato in stato vegetativo permanente, preventivamente espresse, non siano vincolanti per i medici. Una tale legge, qualora venga approvata, sarebbe poi smantellata dalla magistratura (come sta avvenendo per la legge 40) e creerebbe contraddizioni profonde all’interno della stessa opinione cattolica.
4) tutta la prolusione e il comunicato tendono a indicare che la Chiesa in Italia è unita, che si deve fare fronte a ostilità anticattoliche, a “fantasmi antireligiosi”. A noi sembra invece che questa ottica non sia la migliore per chi vuole ricordare, con spirito sincero, il cinquantesimo dell’inizio del Concilio che fu di apertura verso il mondo e di riforma vera della Chiesa, a partire da una sua gestione maggiormente collegiale. A noi non sembra che in Italia i cattolici siano molto coesi. E’ necessario perciò aprire il dibattito sulle grandi questioni pastorali che la Chiesa si trova di fronte e rispetto alle quali le risposte autoritarie delle gerarchie dimostrano gravi limiti. Una testimonianza di quale sia la realtà pluriforme del cattolicesimo italiano lo ha portato alla luce l’assemblea “Chiesa di tutti Chiesa dei poveri” tenutasi a Roma il 15 settembre, convocata dal basso da 105 associazioni e riviste, con quasi mille partecipanti. Lì il richiamo al Concilio era ben diverso dalla cultura delle “campagne” e dei ritorni all’indietro che, aldilà delle parole, vengono proposte dal Vaticano e dai nostri vescovi”.
(30 settembre 2012)
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