Chi sacrificare, l’uomo o il macaco?

Valter Tucci



Nella settimana appena trascorsa abbiamo assistito ad uno slancio di interesse, da parte dei media, su un tema caldo della ricerca scientifica, la sperimentazione animale. È ritornato un incubo già visto, ovvero la mancanza di intesa tra scienza e politica. Un progetto in particolare è ancora sotto la luce dei riflettori; si tratta del progetto LightUp, finanziato dalla Comunità Europea tramite il bando ERC e che ha come obiettivo l’indagine dei meccanismi di base che possono promuovere un recupero funzionale in casi di deficit visivi per gravi danni al cervello.

Tuttavia, per gli animalisti non ci sono dubbi, è solo un piacere sadico dei ricercatori nei confronti dei macachi!

È notizia di questi ultimi giorni che il Consiglio di Stato ha posto un ulteriore fermo cautelare al progetto, rovesciando la precedente decisione di merito del Tar.

Proviamo ad analizzare la questione più da vicino.

Il Consiglio di Stato richiede ai ricercatori di "provare l’assenza" di metodi alternativi alla sperimentazione sui macachi. Richiesta lecita? Non proprio; infatti si tratta di un controsenso sia epistemologico che giuridico. Il perché dell’errore epistemologico ce lo ricorda il filosofo della scienza Bertrand Russell con la metafora della "teiera invisibile", è impossibile provare l’assenza di alcun ché. Ciò che è invece possibile, è provare che i metodi attualmente disponibili che non prevedono il ricorso al modello animale non siano adeguati per raggiungere gli obiettivi del progetto. Questo è quello che hanno fatto i ricercatori di LightUp e che è stato sufficiente a convincere sia i loro finanziatori in Comunità Europea che gli esperti del Consiglio Superiore di Sanità, il massimo organo di consulenza tecnico-scientifica del Ministero della Salute. La valutazione di questi ultimi, che ha posto l’approvazione al progetto è inequivocabile: "alla data odierna, non esistono metodi alternativi ad una sperimentazione invasiva sugli animali così come prevista nel progetto di ricerca". Giuridico, anche questo è ovvio; se la valutazione degli scienziati che hanno proposto il progetto e degli esperti del Consiglio Superiore di Sanità fossero errate, spetterebbe allora a chi le contesta l’onere della prova. Un onere, in teoria abbastanza semplice, perché basterebbe solo dimostrare che esiste almeno un metodo che consente di perseguire gli obiettivi senza impiegare i macachi. Anche su questo, il TAR Lazio, nell’unica sentenza di merito disponibile ad oggi è ancora una volta chiaro, là dove afferma che "Le censure dedotte dalle parti ricorrenti [LAV] si rivelano generiche e prive di fondamento in fatto e in diritto".

Il Consiglio di Stato, in una originale interpretazione sembra poi vincolare "ex ante" l’approvazione di un progetto di ricerca alla certezza che i suoi risultati siano poi direttamente traslabili all’uomo. Quale progetto di ricerca, veramente innovativo e di frontiera, può dirsi con certezza traslabile in una terapia o trattamento prima ancora di essere stato condotto? La scienza, bisogna sempre ricordarlo, procede per ipotesi fatte sulla base delle migliori conoscenze disponibili, che vengono poi messe alla prova dei fatti, testate e confutate. È oramai abbastanza riconosciuto, infatti, che una scienza che si definisce “inconfutabile” non fa un buon lavoro.

Infine, in Consiglio di Stato individua due "verificatori", per rispondere alle domande cui, per legge, doveva rispondere il Consiglio Superiore di Sanità, il quale per ben due volte e con due composizioni diverse si è già espresso dicendo che "il ricorso ad un modello animale chirurgicamente indotto è ampiamente riconosciuto in letteratura e rappresenta la metodologia di studio più idonea per esplorare i meccanismi soggiacenti al fenomeno del “blindsight”.

A questo punto non rimane che domandarsi se la risposta della scienza davvero non sia sufficientemente chiara, oppure non sia semplicemente gradita ai Giudici amministrativi. In altre parole, a quanti livelli di valutazione un progetto di ricerca deve essere sottoposto nel sistema italiano?

In gioco, tuttavia, non c’è il destino di un progetto di ricerca, che essendo finanziato con lo schema ERC, certamente continuerà poiché la comunità scientifica si è già pronunciata favorevolmente. In gioco c’è la decisione se questo progetto proseguirà in Italia o altrove. Anche se questi temi non sono certamente estranei ad altri Paese europei, altrove scienza e politica si confrontano sulla base di principi razionali ma, soprattutto, sulle base delle evidenze scientifiche.

Uno scienziato vive poche esperienze più frustranti di quella che si trova a fronteggiare quando, una volta raggiunto l’approvazione della comunità scientifica attraverso il percorso estenuante della valutazione tra pari, è impossibilitato a compiere il suo progetto per ragioni non razionali. Questa delusione la può percepire forte chi nelle ultime ore ha parlato al telefono con Marco Tamietto, il coordinatore del progetto LightUp.

Le istituzioni e la società chiedono in continuazione a noi scienziati di essere rispettosi nei confronti di chi ha idee diverse da quelle scientifiche. Infatti in questi anni abbiamo ascoltato pazientemente chi “crede” di poter leggere il futuro nelle stelle, chi “crede” di curare le malattie con farmaci che non esistono o improvvisando terapie improbabili, chi “crede” che siamo tutti controllati da forze oscure, chi “crede” che la Terra sia piatta e così via dicendo, la lista sarebbe davvero troppo lunga. Purtroppo, non abbiamo ancora sentito un messaggio forte da parte delle istituzioni affinché si rispettino gli scienziati e la scienza.

La ricerca va promossa e supportata proprio lì dove esistono incertezze. Il risultato, poi, deve essere imprevedibile. Altrimenti sarebbe come andare al cinema e pretendere di pagare il biglietto solo se è garantito un finale di nostro gradimento. Nessun progetto di ricerca può garantire il finale, ma la scienza assicura alla politica che la procedura, il metodo e le forze in campo saranno sempre al massimo delle nostre conoscenze. Ma soprattutto bisogna rassegnarsi tutti che questa è la strada più razionale che abbiamo per conoscere il reale, compiere grandi scoperte, creare vera innovazione e rispondere alle esigenze della società e del benessere pubblico, anche in questo momento di confusione e paura.

(13 ottobre 2020)




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