Novecento migranti partiti dalla Libia: è solo il primo effetto della “guerra” in corso

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Quasi novecento persone sono partite verso l’Europa, lungo la rotta del Mediterraneo centrale: la Sea Watch 3 ne ha salvate 211; la Mare Jonio 67. A Lampedusa sono arrivati 157 migranti. Intanto la sedicente Guardia costiera libica ha intercettato e riportato indietro 458 persone.

di Valerio Nicolosi

In meno di una settimana quasi novecento persone sono partite verso l’Europa sulla rotta del Mediterraneo centrale. Di queste, 268 sono state salvate dalle organizzazioni non governative. La Sea Watch 3, dell’omonima ong tedesca, ha salvato in 48 ore 211 persone in tre diverse operazioni di soccorso. La Mare Jonio, della piattaforma italiana Mediterranea Saving Humans, ha salvato 67 persone su di una piccola imbarcazione di legno.

La sedicente Guardia Costiera di Tripoli ha invece intercettato e riportato in Libia 458 persone, mentre 157 sono arrivate in autonomia a Lampedusa.

Numeri che fanno capire quanto il “tappo” in Libia non sta funzionando, nonostante Italia e Malta continuino a finanziare Tripoli per bloccare le partenze.

Non appena la situazione in Tripolitania si è stabilizzata e le milizie di Serraj e quelle turche hanno ripreso il controllo delle zone a est della capitale, i migranti sono tornati a partire. I trafficanti in una simile condizione di caos evidentemente facevano fatica a spostare gruppi di decine di uomini e donne dalle prigioni in cui li tengono segregati alle spiagge da dove partono.

Intanto la situazione libica sembra essere in fermento. Il presidente egiziano Al-Sisi ha dichiarato che se le milizie di Tripoli e quelle turche dovessero arrivare nella città di Sirte e Jufra sarebbe “una minaccia grave” per il suo Paese, “una zona rossa da non superare” ha aggiunto.

Il Libyan Observer riporta le reazioni del governo di Tripoli, che etichetta queste dichiarazioni come “una dichiarazione di guerra” alla Libia.

Una mossa disperata di Al-Sisi per non far capitolare il suo uomo in Libia, su cui ha scommesso tutto e grazie al quale punta ad avere un ruolo nel paese, con l’obiettivo, soprattutto, di arginare la Turchia, quest’ultima in una notevole fase di espansione nel Mediterraneo Orientale con dei giacimenti di gas a sud di Cipro, nel Corno d’Africa e appunto, in Libia.

La corsa agli armamenti che Al-Sisi sta facendo, in cui è coinvolta anche l’Italia, non è casuale. Il Cairo si sente accerchiato da una potenza militare molto più forte, per di più membro NATO.

Gli Emirati Arabi Uniti, anch’essi sostenitori di Haftar, sembra stiano continuando a reclutare dei mercenari sudanesi da inviare in Libia. Questa è una pratica che è stata denunciata nei mesi scorsi da diverse testate internazionali e, a quanto pare, non si è mai fermata.

Questa presa di posizione dell’Egitto potrebbe portare presto a uno stallo sul fronte di Sirte, dividendo di fatto in due la Libia con influenze internazionali diverse: da una parte la Turchia, il Qatar e in ultimo l’Italia. Dall’altra Russia, Egitto ed Emirati Arabi.


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Lo stallo potrebbe agevolare i migranti a fuggire da un paese in guerra ormai da nove anni, in cui abbiamo visto diversi attori prendere parte al conflitto, tra cui anche l’ISIS, ma che ora ha un connotato molto più internazionale.

Quasi novecento partenze in una settimana sono dati che fanno pensare che questa rotta potrebbe tornare a essere importante per i migranti, che negli ultimi due anni avevano preferito spingere più verso il Marocco o tramite i Balcani, via Istanbul.

Questo obbliga i governi europei e soprattutto Bruxelles a trovare presto un accordo per la distribuzione automatica in quote, evitando così i balletti degli scorsi anni in cui le navi, dalla Gregoretti a quelle delle ONG, non potevano sbarcare se prima non si fosse trovato un accordo tra paesi “volenterosi”.

Il dato vero in questo senso è l’inversione di tendenza del Governo italiano nell’assegnazione di un Place of Safety, ovvero un porto sicuro. La ministra Lamorgese, infatti, in poche ore ha assegnato un porto a entrambe le navi umanitarie: la Mare Jonio è stata diretta a Pozzallo in meno di 12 ore dal soccorso, mentre alla Sea Watch 3 ha indicato Porto Empedocle, dove la nave Moby Zazà sarà utilizzata da Hotspot galleggiante.

A bordo della Sea Watch 3 c’era il sospetto che un migrante sia positivo al Covid: come racconta la portavoce della ong tedesca, Giorgia Linardi, “è stato subito isolato” per evitare eventuali contagi con il resto delle persone a bordo. “Quando siamo arrivati in porto sono salite le autorità sanitarie e le forza dell’ordine, l’esito del test è stato negativo”.

I migranti faranno comunque il periodo di quarantena a bordo della nave messa a disposizione delle autorità mentre l’equipaggio della Sea Watch la farà a bordo della loro nave a largo di Porto Empedocle, nonostante siano state adottate dall’inizio delle operazioni di salvataggio tutte le misure di prevenzione.
(23 giugno 2020)





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