Obama, il reverendo Jones e la laicità dello Stato

Michele Martelli

«Siamo una sola nazione davanti a Dio. E non importa quale sia il nome di questo Dio». Lo ha detto l’11 settembre il presidente statunitense Barack Obama, in risposta al reverendo Terry Jones, il capo della piccola chiesa battista di Gainesville, in Florida, l’“eroe mediatico” del poi rientrato Koran Burning Day (il pubblico rogo del Corano sul sagrato erboso della sua chiesetta: decisione revocata, perché, ha rivelato, «Dio mi ha parlato»: ma prima chi gli aveva parlato, Belzebù? Da reverendo di Dio a irreverendo di Satana?).

Giustamente la frase di Obama è stata giudicata un invito alla tolleranza religiosa, e la minaccia del pastore battista un’espressione di fanatismo religioso.

Che rapporto hanno – mi chiedo – con l’idea di laicità rispettivamente l’invito presidenziale e la minaccia pastorale? È ovvio che quest’ultima ne sia la negazione. Il poco reverendo Jones crede che il suo Dio, il Dio battista, sia il «vero Dio», e la sua Bibbia, la Bibbia battista, l’unico vero testo sacro. Come potrebbe considerare il Corano un libro sacro, dettato da Dio al suo profeta e scritto nella lingua di Dio, l’arabo? Di Bibbia sacra ce n’è una sola, la sua. Al macero, o al rogo le altre, false e bugiarde, dettate non da Dio, ma dal demonio. Immagini, l’irriverente Jones, come, in altre condizioni geo-religiose, per es. in Pakistan o in Afghanistan, la sua testa decapitata avrebbe felicemente rotolato tra i piedi delle migliaia di manifestanti islamici fedeli al proprio Dio offeso, Allah, almeno quanto Jones al Suo!

All’azione sciagurata di un fanatismo religioso (tanto più sciagurata oggi, nel mondo pluralista e interdipendente di oggi) segue inevitabilmente, quasi una legge fisica, una reazione uguale e contraria del fanatismo opposto vilipeso. È da sempre l’illogica dei monoteismi contrapposti, fonte di infinite guerre religiose e scontri di (in)civiltà. L’Europa ne ha fatto le spese per secoli. Pullulanti di roghi di libri, e di autori di libri. Roghi in cui con i libri e i loro autori bruciava nelle fiamme del fanatismo, del teocratismo e del totalitarismo la libertà, l’autonomia e la dignità umana. Il fondamento della laicità. E della democrazia.

Ma si concilia del tutto con l’idea di laicità l’invito di Obama? Certo, dire no all’intolleranza religiosa è laicità. Ma laicità è un concetto più ampio di tolleranza religiosa. Implica la tolleranza di ogni idea, religiosa o irreligiosa che sia. Dicendo «siamo una sola nazione davanti a Dio» (perché poi non dire «genere umano» invece di «nazione»?), il presidente Obama dà per acquisito e indiscusso che Dio ci sia e che noi siamo davanti a Dio. Dovrebbe crederlo anche chi non ci crede? Che Dio possa avere nomi diversi, va bene per promuovere la tolleranza religiosa, fra religioni diverse, anche se purtroppo per ognuna di esse spesso “il nome è la cosa” (Cristo è Dio per i cristiani, non per gli ebrei o gli islamici, e non è lo stesso Cristo/Dio nemmeno per tutti i cristiani, divisi in mille sette).

Dio, la sua esistenza, i suoi nomi, i suoi attributi, non sono un problema che riguarda il cittadino ateo, agnostico, non credente o religiosamente indifferente. O meglio: non riguarda il cittadino in quanto cittadino.
Non si sfugge. Uno Stato laico è uno Stato areligioso. Non si occupa di Dio. Di nessun Dio. E di nessun nome di Dio. Se ovviamente inteso come Verità assoluta.

(13 settembre 2010)

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