Parma “capitale” anche nel 2021. Pizzarotti: “La cultura sarà aiutata dalla tecnologia, non sostituita”
Daniele Nalbone
Il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, racconta a MicroMega come la città ducale si sta preparando per la “nuova” edizione della kermesse. Sarà un evento diffuso sul territorio in cui la cultura incontrerà la tecnologia. Paura? «No, è il momento di guardare avanti senza sottovalutare i rischi. Nelle settimane di lockdown i cittadini hanno mostrato alla politica che cambiare modello di vita si può. Ma serve coraggio».
intervista a Federico Pizzarotti
«Costruiremo spazi e tempi di incontro e di dialogo, riconoscendo la ricchezza multiculturale della nostra storia trasformando con essa il nostro sguardo sull’oggi. Avremo il compito di suscitare cultura nei quartieri, di creare pensiero e benessere insieme a tutte le istituzioni e le associazioni della città, arrivando, con ogni sforzo, a coinvolgere ogni singolo cittadino. Lo faremo senza dimenticare che stiamo parlando all’Italia, che dobbiamo guardare sempre fuori dai nostri confini, perché Italia significa Europa e, di nuovo, il grande Tempo che ci ha portati fino a questo traguardo». Il messaggio, firmato dal sindaco di Parma Federico Pizzarotti e dall’assessore alla Cultura, Michele Guerra, è ancora lì, sulla homepage del sito parma2020.it. Ora, però, è tutto da rifare. E non è una notizia negativa. Parma sarà infatti Capitale della Cultura anche nel 2021 grazie a una norma inserita nel decreto Rilancio dopo lo stop imposto dall’emergenza sanitaria agli eventi in programma quest’anno. Ma le cose dovranno, per forza di cose, essere fatte in maniera diversa: lo impone il Covid-19.
Per Federico Pizzarotti non è ancora il momento di svelare il messaggio che Parma 2021 vuole mandare ai cittadini. «Lo faremo al momento della presentazione per la ripartenza, anzi, per la nuova partenza» spiega a MicroMega. «Se il primo claim era “La cultura batte il tempo”, per questa opportunità abbiamo scelto un messaggio diverso, che parte dalla consapevolezza di vivere in un mondo cambiato dal Covid-19. Ma lasciatemi tenere ancora un po’ nascosta la sorpresa».
Una cosa, però, il sindaco la anticipa: «Al centro ci sarà proprio l’importanza della cultura che in questa emergenza è stata, insieme ai servizi educativi, la più bistrattata, dimenticata. Fin dall’inizio il presidente Conte non ha dedicato una sola parola, nelle sue tante conferenze stampa, al mondo della cultura. Nella presentazione della “fase due” ha invece ridotto il tutto a “gli attori che ci fanno divertire”. Passatemi una battuta: è evidente che il premier non si è mai occupato di cultura».
Avevate lavorato per un 2020 che vedesse al centro un modo diverso di «usufruire» della cultura. Era un evento diffuso su tutto il territorio. Questa linea sarà comunque mantenuta per Parma 2021?
Stiamo già rifacendo il palinsesto perché Parma 2021 non sarà un semplice spostamento in avanti, a livello temporale, di quello che era previsto per quest’anno. A cambiare saranno soprattutto i tanti eventi, grandi e piccoli, proposti e organizzati dalle associazioni culturali e dalla cittadinanza. Sarà un palinsesto in gran parte nuovo ma una cosa è certa: continuerà a essere diffuso su tutto il territorio. Il “grande evento” a livello numerico che già non ci interessava prima ora è anche difficile da immaginare. La kermesse di Parma 2021 sarà caratterizzata da tante iniziative sparse per la città e oltre. Guarderemo ovviamente ai turisti, ma soprattutto ai parmigiani affinché possano riappropriarsi della città.
Come sarà la convivenza tra Parma 2021 e il Covid-19?
In molti continuano a sostenere che, vista la necessità di mantenere la distanza fisica tra le persone, i luoghi tradizionali della cultura come il cinema, il teatro, i concerti dovranno “trasferirsi” sul digitale. Sarebbe un errore madornale e, soprattutto, non potrà mai essere così. Dobbiamo sfruttare le nuove tecnologie ma senza abbandonare la parte empatica della cultura, che non può prescindere dalla presenza fisica. Per questo dovremo essere bravi a sfruttare le occasioni che la tecnologia ci ha dato: il nostro obiettivo è che il digitale “contamini” il reale. E viceversa. È evidente che la fruibilità degli spazi dovrà cambiare – più di mille persone nel teatro Regio non posso entrare – ma dobbiamo trovare delle strategie di affiancamento al pubblico tradizionale per una fruizione digitale di contenuti ed eventi pensati ad hoc. La nostra parola d’ordine è affiancare, non sostituire.
Può farci qualche esempio concreto?
Lanceremo il nuovo palinsesto a giugno e in quell’occasione vogliamo presentare la nuova piattaforma digitale e la nuova app che avevamo creato per Parma 2020 nelle quali inseriremo una funzione “anti-Covid19” relativa alla gestione delle code. In tempo reale sarà possibile sapere quanta gente c’è non solo in un museo o in un teatro ma anche in biblioteca: tutto ciò che riguarderà Parma 2021 dovrà servire, dal 2022, per i servizi tradizionali. Sarà possibile prenotare quando andare al museo, in questo caso per ridurre l’affollamento, ma anche quando l’emergenza sanitaria sarà alle spalle il servizio servirà per gestire meglio il proprio tempo.
Questo grande evento è ovviamente atteso da Parma anche per provare a superare la crisi economica che la pandemia ha innescato. A riguardo voglio sottoporle una considerazione: in questa emergenza i comuni sono stati relegati a una sorta di “front office”, a uno sportello al quale presentare la modulistica, mentre le decisioni che contano sono state centralizzate dallo Stato e dalle Regioni. Lei è stato sempre critico rispetto a questo modello, chiedendo invece un ruolo da protagonista per le amministrazioni comunali. In questa situazione, qual è la posizione del Comune di Parma?
Non credo che ci sia stato un disegno per penalizzare i comuni, ma da Roma non hanno colto quanto è grande la distanza tra la Capitale e i cittadini e, a cascata, la distanza tra una regione e i cittadini. Il comune vive, invece, la pressione e la responsabilità, le esigenze, le grida d’aiuto della gente. Faccio un esempio: chi meglio, chi peggio, in due settimane i comuni hanno gestito il tema dei “buoni spesa” per le famiglie in difficoltà introducendo il sistema delle carte elettroniche, che saranno usate anche dopo la fine dell’emergenza. Un costo, oggi, che va letto come un investimento futuro: abbiamo usato l’emergenza per imparare qualcosa e metterla a frutto. Dall’altra parte, a livello centrale, guardate cosa è successo con la cassa integrazione: il fallimento totale, con la grande maggioranza dei cittadini che non ha ricevuto un solo euro. Ecco, questo dimostra quanto l’Inps e il governo siano “lontani” dalle persone. E lo stesso vale per il ruolo assunto dalle regioni: non si può delegare tutto all’efficienza o meno di un’amministrazione. Ogni giorno tantissimi cittadini mi scrivono per sapere cosa succederà “dopo”. È assurdo che la mia unica risposta sia: “Non lo so”. Un sindaco per sapere cosa accadrà è costretto a seguire le conferenze stampa o i messaggi Facebook del premier.
< strong>Tornando a Parma 2021, quali sono le aspettative della cittadinanza per questo evento?
Diciamo che ci sono due linee di pensiero: chi – posizione assolutamente condivisibile – dice “pensiamo a sopravvivere, a quello che sarà ci pensiamo dopo” e chi, invece, sostiene di dover guardare subito oltre l’emergenza. Per il settore legato al turismo, alla ristorazione, soprattutto al mondo della cultura è ovvio che questo evento è percepito come la grande occasione per ripartire. Da parte nostra confidiamo che quando, a metà giugno, presenteremo Parma 2021 la situazione sarà di una convivenza normalizzata con il virus e che quindi potremo concentrarci sulle opportunità di questo evento.
Il 2021 non sarà però un anno facile, anzi. In questi mesi sono venuti meno introiti fondamentali per le casse comunali, penso alla tassa di soggiorno o alla biglietteria dei mezzi di trasporto. Prima del 2021 si dovrà gestire una seconda parte del 2020 che sarà, sotto questo punto di vista, difficilissima.
Lo dico chiaramente. Oggi alle casse del comune di Parma mancano 20 milioni di euro. Con l’ultimo decreto più o meno ce ne tornano 6. Ce ne mancano comunque 14. Io ho sempre detto in modo responsabile che non mi aspetto che “da Roma” me li diano tutti perché la situazione è oggettivamente difficile, ma di certo non posso cancellare 14 milioni dal bilancio comunale perché significherebbe tagliare la spesa per il sociale o per l’educazione. Parliamo di servizi alla persona che, invece, mai come in questo anno dovrebbero essere incrementati. L’Anci ha stimato in otto miliardi la spesa necessaria per non far precipitare i comuni nel baratro. Il fondo istituito presso il Ministero dell’Interno ha una dotazione di tre miliardi. Ne mancano cinque.
Da sindaco, qual è il suo giudizio sull’operato del governo nella gestione della pandemia e quali sono, invece, i passi più urgenti da fare in questa “fase 2”?
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Ci sono stati diversi errori, ma va considerato che è stata la crisi più improvvisa e inaspettata dal dopoguerra a oggi. Inutile fare i fenomeni, e mi riferisco in particolare a Matteo Salvini: avrei voluto vederlo lì, a gestire una simile situazione. In fondo è sufficiente guardare ai suoi modelli, a Trump e Bolsonaro, per renderci conto di cosa sarebbe potuto accadere con il “capitano” alla guida. Il giudizio, dal mio punto di vista, all’operato di un governo anormale dal punto di vista delle alleanze è quindi sostanzialmente positivo. In prospettiva, però, vedo un’assenza di coraggio. Faccio solo un esempio: la misura del ministro Teresa Bellanova per la regolarizzazione dei migranti è, appunto, poco coraggiosa. Il permesso temporaneo di sei mesi solo per chi lavora è una mediazione al ribasso che, di fatto, nega un’esigenza umanitaria reale. Mancano poi misure concrete per trasformare le città: si è tanto ripetuto che la fase due sarebbe stata legata all’ambiente, ma in questi decreti – sia dal punto di vista degli stanziamenti economici che da quello delle normative – c’è poco o nulla. Serve più coraggio per cambiare le abitudini delle persone e se c’è una lezione che il governo avrebbe dovuto apprendere dalle settimane di lockdown è che i cittadini sono stati in grado di adattarsi, in poche ore, a uno stile di vita radicalmente diverso. Hanno mostrato un coraggio che sta mancando alla classe politica italiana.
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