Per una rivolta linguistica
Cara Micromega,
La realtà è descritta e raccontata dalla parola, ma la parola è plasmata dalla e sulla realtà. E chi controlla la parola controlla la realtà. La parola è connotativa e denotativa, è significato e significante. Una parola più descrivere, raccontare, evocare … Ascanio Celestini ha dedicato brillanti monologhi a questo argomento in cui interpreta un imprenditore che compra e vende parole: chi vi ricorda? Per fortuna sempre più persone pongono il problema, anche se è piuttosto tardi: come Ferruccio Sansa in un bell’intervento nel suo blog ospitato dal Fatto Quotidiano e, apprendo da Marco Travaglio, anche Zagrebelsky. Da quando il Cav. B. è “sceso in campo” – come ha detto e continua a ripetere, per l’appunto – le cose sono degenerate con una rapidità e con una portata senza precedenti. Forse solo il fascismo ha fatto tanto.
Berlusconi possiede tre reti televisive, controlla due delle tre reti pubbliche, ha il gruppo editoriale più grande d’Italia, agenzie pubblicitarie e molti dipendenti di vario genere, ordine e grado. Berlusconi ha cambiato il lessico italiano, e non solo quello delle “microlingue” della politica e della giustizia, ma anche di quella di uso quotidiano. Sconvolgimento linguistico cui hanno preso volentieri parte la Lega, anche perché di uomini di cultura è piuttosto scarna, e l’ex AN, e di cui è rimasta vittima (o complice, in alcuni casi) l’opposizione. Così pure giornalisti notoriamente avversi al Cav. ne sono rimasti imprigionati.
Grazie ai suoi giornali, alle sue riviste, ai suoi telegiornali, veline e veloni (vedete?) ha stravolto, svuotato e sovvertito le parole. Per cui ora “magistrato” è sinonimo di “comunista”, “stampa” di una fantomatica Spectre internazionale di una non ben definita sinistra che complotta contro il pover’ uomo, “teorema” diventa sinonimo di “complotto” (possibilmente delle “toghe rosse”; eccone un altro, di esempio); si usano termini calcistici per parlare di politica, si creano nuove terminologie in “-ismo” che nulla significano, e quegli “-ismi” che un significato, un tempo, lo avevano ora significano l’opposto o ne hanno uno di nuovo e stravolto.
Vedere che a contribuire a queste mostruosità linguistiche prendono parte anche i vari Gasparri è decisamente desolante, umiliante e preoccupante. In Italia il quotidiano più diffuso è la Gazzetta dello Sport e di riviste scandalistiche e pruriginose abbondano le edicole, e pure la sua casa editrice. Ora: Berlusconi possiede una squadra di calcio, la Gazzetta dello Sport è edita dalla Rcs Mediagroup, che ha come azionista (al 14%) Mediobanca, alla cui presidenza siede Marina Berlusconi: Non è un caso se ormai la politica è scaduta a livello di tifoserie, soprattutto in certi ambienti
Ma Berlusconi, oltre ad essere il padrone del linguaggio, è anche padrone dell’immagine, e sa benissimo che l’Italia è un Paese povero di lettori (ma stranamente ricchissimo di “scrittori”) e di teledipendenti. La sinergia di immagine e parola, piegata e asservita ad una propaganda martellante e mistificante, ha cambiato il nostro modo di percepire la realtà. Berlusconi PRESIDENTE ne è un esempio calzante: oramai è diventato un binomio inscindibile, è quasi una tautologia; quel cognome e quel sostantivo sono diventati più che sinonimi, sono equivalenti. Sul simbolo del Pdl – ma l’addestramento è di più antica data – campeggia a caratteri cubitali “Berlusconi presidente”.
Un altro condizionamento legato alla manipolazione dell’immagine è l’addestramento pavloviano alla divisa. E questo, più che riguardare direttamente il Capo, riguarda Bertolaso: Sempre (o quasi) con la sua polo a maniche lunghe o corte della Protezione (in)civile, sempre in movimento. Lui e i suoi accoliti. Un po’ come il Berlusconi in maglioncino offerto per noi e per tutti a pagine intere nel suo “Una storia italiana” in formato – guarda un po’ – Novella 2000.
“Occorre una rivolta lessicale” titola Sansa l’intervento sopra menzionato. E scrive, “Non c’è soltanto lo smog. Esiste anche l’inquinamento delle parole. “Chi parla male, pensa male”, diceva Nanni Moretti. Vero, quanto è vero”. E prosegue “a me sembra che questa alluvione di “ismi” rifletta uno stato d’animo profondo. Un tentativo lucido, violento perfino, di distorcere […] modi di sentire preziosi fino a immiserirli. Rendendoli inoffensivi. Depotenziandoli, insomma, della loro forza dirompente. Quasi una strategia politico-lessicale che tenta di anestetizzare la nostra sensibilità.” Procedendo verso la conclusione leggiamo, “Difficile cambiare, ma forse si può cominciare dalle parole, poi verranno i pensieri”.
Mi chiedo: chi sarà a voler iniziare questa opera di pulizia linguistica?
Francesco Viaro
(27 ottobre 2010)
Condividi | |
MicroMega rimane a disposizione dei titolari di copyright che non fosse riuscita a raggiungere.