Pera e Ratzinger contro la laicità
di Michele Martelli
Dialogo tra Marcello Pera e Joseph Ratzinger. Perfomance pubblica in due Atti. Il Primo Atto? Le due rispettive conferenze sulle “radici cristiane dell’Europa”, tenute in rapida successione da Pera, allora presidente del Senato, alla Pontificia Università Lateranense, il 12 maggio 2004, e da Ratzinger, allora Prefetto della Fede, nella Sala del Capitolo del Senato, il 13 maggio 2004. Due alti rappresentanti politici, dello Stato italiano e dello Stato Vaticano, ospitati l’uno dalle strutture istituzionali dell’altro. Uno scambio combinato, frutto di un’abile messinscena e di un’occulta regia? Oppure mera casualità, come giurava Pera? Indubitabile comunque la convergenza dei due discorsi. Pera rivendicava, come Ratzinger, le “radici cristiane” e antirelativistiche dell’Europa, invocando, elmo in testa, la “guerra” (non solo culturale) contro l’islam. Ratzinger, a sua volta, invitava l’Europa a ricongiungersi al suo passato cristiano, aprendo le porte al “reingresso di Dio [= della Chiesa gerarchica romana] nella sfera pubblica politica”. Due tattiche, diverse e complementari, contro l’Europa laica e liberaldemocratica.
Oggi. Secondo Atto del Dialogo. Gli argomenti sono più avanzati. Pera, non più presidente del Senato e non più senatore: “Perché dobbiamo dirci cristiani”. Ratzinger, nel frattempo divenuto papa Benedetto XVI: “Non v’è liberalismo senza Dio” (come ha titolato il “Corriere della sera” di oggi la lettera papale pubblicata in apertura al nuovo libro dell’ex senatore). La vecchia convergenza è quasi diventata identità di vedute.
Per Pera «dobbiamo dirci cristiani» perché tutti i valori moderni, liberali e democratici, derivano dal cristianesimo; un “liberalismo anticristiano” sarebbe un controsenso disfattista; dunque in ogni questione (dalla bioetica all’immigrazione e alla multiculturalità) non si può che o essere cristiani (se si ha la fede), o agire come se lo fossimo (veluti si Christus daretur). Non c’è via di mezzo. Dunque, gli islamici, o altrimenti credenti, vanno ributtati in mare, o ridotti a minoranze silenziose, ininfluenti? I non-cristiani e non-credenti messi alla gogna? Chi si oppone ai diktat vaticani, come Beppino Englaro, è il nuovo eretico? I medici abortisti vanno isolati e magari perseguiti penalmente? E i farmacisti che vendono i contraccettivi? E gli scienziati che “non mettono il lucchetto [pontificio] al loro cervello” (Rita Levi Montalcini)? E le coppie di fatto? È chiaro: la liberaldemocrazia di Pera è la vecchia teocrazia riverniciata. Sarebbe il caso di dire, se non fossimo laici, anzi laicisti: Dio ce ne guardi!
Benedetto XVI nella sua breve lettera approva e radicalizza ulteriormente le tesi dell’ex senatore. «Dio è il fondamento della libertà»; dunque, senza Dio, che è fondamento (ma chi o dov’è il fondamento del fondamento del fondamento?), non c’è libertà, né teoria liberale della libertà. Né, di conseguenza, i diritti umani, civili e politici, che dal liberalismo prendono avvio. Un Dio fondamentalista! O con me o contro di me! «Un vero dialogo interreligioso non è possibile. La fede non si può mettere tra parentesi. Le decisioni religiose di fondo esulano dal confronto pubblico»; solo un «dialogo interculturale» è possibile. Ma se è così, ogni credente è intrappolato nella gabbia delle proprie Verità di fede. Il dialogo interculturale diventa una farsa. Oppure si risolve in tragedia. Dalle premesse delle proprie Verità di fede, ogni religione ricava le proprie Verità politiche ed etiche. Sulle quali, se manca l’accordo, non può esserci che conflitto e “guerra”. E su matrimonio, adulterio, sessualità, scuole e insegnamento, legislazione politica e civile, non sempre si è d’accordo. Chi ha ragione?
Per lo Stato laico, liberaldemocratico, la libertà, anche religiosa, è possibile, se c’è pluralismo. E il pluralismo è possibile, quando lo Stato non parteggia per nessun Dio. Se Dio, qualsiasi Dio, è tenuto fuori dalla politica. Libere le religioni, ma nel quadro democratico-costituzionale del rispetto dei diritti di tutti e di ciascuno.
Senza leggi ad personam, nemmeno religiose.
(24 novembre 2008)
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