Perché è giusto vietare il burkini
Paolo Flores d'Arcais
, da Repubblica, 18 agosto 2016
La proibizione del burkini costituisce una giusta misura in difesa dei “principi di laicità”, come recita l’ordinanza del sindaco di Cannes, o viola la libertà personale e fomenta l’islamofobia, come ha sostenuto su queste pagine lo scrittore francese Bruno-Nassim Aboudrar (e con lui tanti altri in tutta Europa)?
Il burkini non è “una moda” (Aboudrar), è la versione da spiaggia o piscina del burqa, con cui padri e mariti islamici non catafrattamente fondamentalisti vollero concedere alle loro donne la possibilità di prendere un bagno, riaffermando al contempo la loro non-libertà sessuale di essere viste, desiderate e liberamente contraccambiare. Del resto Tariq Ramadan, una star dell’islamismo considerato “riformatore” dal sottomesso pensiero occidentale finto- liberal, predicava (ad Abidjan; a Parigi e Londra si arrampica sugli specchi) che “non è permesso alle donne fare sport in condizioni che svelano il loro corpo agli uomini”.
Il burkini e il burqa sono due simboli di rapina conclamata ed esibita contro le donne nei loro diritti civili individuali — tra cui una stessa identica libertà sessuale con l’uomo — ricamati in ogni costituzione democratica. Consentirla significa avallare e mitridatizzarsi visivamente a questa ripugnante diseguaglianza tra i sessi. Tanto più urgente da sradicare con inesausto impegno educativo/repressivo, perché ancora allignante in troppi comportamenti e fondali psichici di troppi maschi occidentali.
Di più: la “proprietà” maschile sul corpo della donna che burqa e burkini sbandierano, in molte comunità islamiche ghettizzate è solo la punta dell’iceberg di un’oppressione sessuale che ha i nomi tragici di matrimonio coatto e prima ancora mutilazione sessuale delle bambine, pratiche dalla diffusione enorme che si preferisce ignorare. Raccapriccianti sofferenze che durano tutta la vita e che rimuoviamo perché non riusciremmo più a considerarci civili e a non fare nulla (eguale comportamento abbiamo verso la schiavitù delle braccia “nere” in agricoltura in Campania e Sicilia). Per non parlare della moneta corrente di bastonate e altre punizioni per qualsiasi comportamento femminile anche minimamente “emancipato” agli occhi del maschio credente e padrone .
Raccontarsi che indossare burqa o burkini può essere una libera scelta è il colmo dell’ipocrisia. Una scelta è libera se chi la compie è al riparo, fin da bambina, da ogni minaccia/paura, e viene cresciuta nel progressivo esercizio dello spirito critico e dell’autodeterminazione. È possibile che un caso di burkini su un milione abbia queste caratteristiche, ma un problema sociale (una piaga devastante come è la non-libertà/eguaglianza della donna in tutte le sue manifestazioni) non si affronta a partire dall’eccezione, ma dalla regola.
E la realtà diffusa è che il burkini (e le vessazioni non solo simboliche che vi sono dietro, massicciamente) è l’espressione di una oppressione della donna che ha una specificità religiosa: oppressione islamica. Se c’è un islam capace di garantire assoluta eguaglianza/ libertà sessuale alla donna si faccia avanti e rompa ogni omertà (le religioni cristiane non lo hanno fatto, finché non sono state travolte dalla secolarizzazione dei costumi).
Questa è islamofobia? Personalmente sono religiosofobo, perché considero tutte le religioni una minaccia per l’eguaglianza e per la ragione. Ma oggi, per motivi storici stranoti, l’islam è più minaccioso delle altre. Questo non mi impedisce di cercare il confronto.
Naturalmente non ci può essere integrazione nei valori repubblicani se non si offrono all’immigrato le effettive possibilità di “essere simile” sotto il profilo economico, sociale, culturale, cioè un eguale diritto al perseguimento della felicità, per dirla con Jefferson. E le risorse necessarie (che esistono, nelle mani di minoranze straricche) scateneranno razzismi, se prima non si sarà garantito a tutti i cittadini italiani il benessere sicuro di un welfare in espansione.
Ma questo è un altro… No: questo è lo stesso imprescindibile discorso.
(18 agosto 2016)
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