Perchè lo sciopero della messa è una proposta velleitaria
Francesco Volterra
Ferruccio Sansa (giornalista encomiabile per molte sue battaglie, in primis quella in difesa dell’ambiente) ha almeno una cosa in comune con il cardinal Bagnasco, membro di quelle gerarchie vaticane che critica con tanta indignazione.
Bagnasco, nel settembre scorso, ha svolto un intervento che la maggior parte dei commentatori ha interpretato come una critica, per quanto implicita e un po’ tortuosa, nello stile della casa, ai comportamenti dell’allora presidente del consiglio Berlusconi. A parere di molti, tale presa di distanza da parte delle gerarchie d’oltretevere avrebbe dato un sensibile contributo all’accelerazione della crisi del regime berlusconiano. La cosa che, invece, colpi maggiormente alcuni, fra cui me, fu che si desse tanto peso ad una presa di posizione così tardiva e, davvero, fuori tempo massimo.
Quando Bagnasco intervenne, Berlusconi aveva per anni, con la connivenza se non con l’esplicito appoggio del Vaticano, fatto strame di ogni principio di legalità, di ogni regola costituzionale, di ogni valore etico, sia di quelli di natura religiosa, sia di quelli, più semplicemente, fondati su un’etica laica di impostazione utilitaristica (il bene è ciò che va nella direzione della “massima felicità per il massimo numero di persone”). Era sotto processo per una serie sorprendente di gravi reati contro la collettività, che avrebbero costretto alle dimissioni un esponente politico in qualsiasi paese del globo dotato di un minimo di etica civica, da molti era uscito solo per prescrizione e/o grazie a leggi votate dalle sue maggioranze, i provvedimenti ad personam si erano moltiplicati rendendolo legibus solutus, in barba ad ogni principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.
Per completare il quadro, gli attacchi indecorosi alla magistratura e agli organi di garanzia costituzionale, l’utilizzo spregiudicato dei media in suo possesso, fino ai ben noti episodi di autentico “squadrismo mediatico”, l’uso vergognosamente strumentale e inverecondo della religione in casi drammatici come quello di Eluana Englaro, le frequentazioni e la difesa di personaggi contigui alla mafia rendevano la situazione italiana scandalosa ed inverosimile agli occhi dei cittadini di tutti i paesi civili.
Dopo anni di silenzio o complicità, in seguito a vari scandali a sfondo sessuale (che, indubbiamente, non riguardavano solo comportamenti privati, giacché aggiungevano nuovi particolari, peraltro, a quel punto, superflui, su una concezione del tutto privatistica e predatoria dei beni pubblici, ma che non erano certo più gravi, in termini di etica razionale, dei precedenti sopra citati), la Chiesa si decise a dare un debole segnale di disapprovazione, nel plauso di alcuni, nello sconcerto, per la natura coatta e tardiva dell’intervento, di altri. “Tarde non fur mai grazie divine”, direbbe Machiavelli, citando Petrarca.
Non è meno sconcertante l’intervento di Ferruccio Sansa che, dichiarandosi cattolico, si suppone “adulto”, scopre con raccapriccio, e denuncia in toni accorati, che la Chiesa si compromette col potere secolare, si occupa più dei beni di questo mondo che delle anime (e delle vite degli abitanti dei paesi più disagiati), è spesso corrotta e propugna una concezione sessuofobica che ha effetti deleteri sulla psiche e la qualità della vita di chi la fa propria. Ora, a parte che, per trovare una Chiesa non compromessa col potere occorre risalire a prima di Bonifacio VIII, anzi di Silvestro I, ed anche gli Atti degli Apostoli sono, in questo senso, già piuttosto sospetti, ci si chiede cosa Sansa pensi del pontificato precedente l’attuale. E’ vero che Benedetto XV è meno mediaticamente efficace di Wojtyla e che ha un accento tedesco poco simpatico (di questi tempi, poi), ma è innegabile che il suo pontificato non si discosti in niente dalla linea portata avanti dal suo predecessore, anzi.
Gli scandali più gravi riguardanti lo IOR sono avvenuti sotto Giovanni Paolo II (nel ’87, Marcinkus evitò l’arresto grazie al passaporto diplomatico vaticano), così come il caso Orlandi e le compromissioni con la banda della Magliana. Se ora si beatifica Don Giussani, Wojtyla è stato il primo ad aumentare fortemente il peso di Comunione e Liberazione (Comunione e Fatturazione, come direbbe Travaglio e come ben sanno i lombardi) fra i movimenti del variegato mondo dell’associazionismo cattolico e ha beatificato Escrivà de Balaguer, colui che diede la sua benedizione ai massacri franchisti. Inoltre, ha combattuto aspramente la teologia della liberazione ed ogni forma di dissenso e, last but not least, si è affacciato al balcone del Palazzo della Moneda (da cui era stato cacciato via a cannonate, uscendone cadavere, il presidente democraticamente eletto Allende), con uno dei dittatori più sanguinari del ‘900, Augusto Pinochet, che la Chiesa ha difeso fino all’ultimo.
Riguardo alla morale sessuale, poi, e a tutto ciò che concerne le libertà individuali in materia di inizio e fine vita, Giovanni Paolo II ha condotto una continua battaglia oscurantista contro ogni forma di autodeterminazione dell’individuo, tanto per quanto riguarda l’eutanasia, quanto su questioni come omosessualità, contraccezione, ricerca sugli embrioni, aborto (arrivando a paragonare la donna che abortisce all’SS che getta il bambino ebreo nel forno crematorio-sic-, distorsione etica di cui è impossibile sopravvalutare la gravità).
Accorgersi ora di come l’operato della Chiesa abbia poco a che fare con i valori evangelici e di come il suo messaggio sia, per molti aspetti, incompatibile con la democrazia liberale fondata sull’autodeteminazione dell’individuo appare perlomeno sconcertante. In quanto allo sciopero della messa, attuarlo significa essere già fuori della Chiesa, che fonda il suo primato proprio sulla sua funzione di mediatrice imprescindibile fra i fedeli e Dio e sulla distinzione fra le colpe e le debolezze dei suoi ministri e la natura sacra ed indispensabile del loro ruolo.
Perché, a questo punto, non dire semplicemente che si può essere cristiani, nel senso evangelico, fuori dalla Chiesa? Quanti sono, nella nostra epoca post-metafisica, i cattolici che saprebbero indicare le differenze dottrinali esistenti fra la Chiesa cui aderiscono e le varie confessioni protestanti? Se Sansa, e chi la pensa come lui, ha bisogno di una condivisione comunitaria della propria fede e cerca dei cristiani che non si compromettono col potere, danno spazio alle donne, hanno, sui temi di bioetica e sui diritti civili, posizioni accettabili da qualsiasi laico, esistono i valdesi, che le persecuzioni subite hanno educato alla tolleranza ed al rispetto dell’individuo.
Diventare valdesi, e rompere il cordone ombelicale con una Chiesa di cui non si approva niente o quasi niente, sarebbe un autentico gesto da “cristiani adulti”, un modo rivoluzionario, e molto poco italiano, di mettere finalmente in accordo parole ed atti, in conformità col precetto evangelico: “Sia il vostro parlare sì sì, no no”.
(1 marzo 2012)
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