Portogallo, la sinistra che avanza

Jacopo Custodi

 

Sul confine ovest del continente europeo, il Portogallo vive una situazione politica in netta controtendenza rispetto a gran parte dei paesi europei: la sinistra, inclusa quella radicale, è forte e influente nel paese. Ma da chi è composta questa sinistra portoghese, poco conosciuta all’estero, che è stata capace di concentrare il dibattito nazionale su temi sociali e ambientali?

Il 6 ottobre 2019 in Portogallo si sono svolte le elezioni parlamentari, dopo quattro anni (l’“accozzaglia”), durante i quali il Partito Socialista, di centro-sinistra, ha governato in minoranza grazie ad un’alleanza parlamentare con la sinistra radicale, composta dai comunisti del PCP, dai verdi del PEV e dal Bloco De Esquerda. Durante questi ultimi quattro anni la sinistra radicale portoghese, in una negoziazione continua coi socialisti, è riuscita a far approvare varie leggi, soprattutto in campo sociale, che hanno aperto un nuovo ciclo politico progressista nel paese. Ciclo politico che esce confermato da questa nuova tornata elettorale: “ai portoghesi è piaciuta la geringonça”, ha commentato António Costa, il premier portoghese nonché leader del Partito Socialista, dopo aver appreso i nuovi risultati elettorali. I socialisti, infatti, crescono di circa 4 punti e ottengono il 36,65% dei voti, a soli 10 seggi dalla maggioranza assoluta. Le forze parlamentari a sinistra dei socialisti, invece, restano complessivamente stabili e sommate ottengono il 20,5% dei voti.

L’area del centrodestra, invece, si restringe complessivamente di circa 5 punti percentuali rispetto al 2015, con il PSD che perde 9 seggi e il CDS 13. Naturalmente, il Portogallo, per quanto rappresenti un’eccezione nel panorama europeo, non è totalmente al riparo dai venti d’estrema destra che soffiano in Europa. La destra reazionaria di Chega!, un partito simile alla Lega, entra in parlamento con un deputato e l’1.3% dei voti (in Portogallo vige un sistema elettorale proporzionale con correttivo d’Hont e senza soglia di sbarramento). Ma l’1.3% è davvero nulla, se paragonato a quello che il resto d’Europa continua a sperimentare.

Che il Portogallo viva un ciclo politico progressista è evidente anche dalle tematiche che dominano il dibattito politico nazionale nei talk show e sui giornali. Restano ai margini i temi identitari, etnoculturali o l’immigrazione, mentre acquistano centralità le questioni sociali. Ad esempio, nel dibattito televisivo fra i leader di tutti i partiti parlamentari in vista delle elezioni, i temi su cui si è incentrato il confronto sono stati lavoro, salario, sanità e ambiente. Lo spostamento del dibattito pubblico verso queste tematiche, è frutto in larga misura della rilevanza politica delle varie formazioni alla sinistra del Partito Socialista, che sono state capaci di incidere sull’agenda politica del paese e di influenzarla. Vediamole brevemente.

Il Bloco de Esquerda è oggi la principale forza di sinistra radicale del paese (9.67% dei voti), ed è coordinato dalla dinamica Catarina Martins, dottorata in linguistica ed ex attrice. Come spiega Cristiano Dan, “quando è stato fondato vent’anni fa poteva ridursi a un semplice cartello elettorale nel quale erano confluiti i trotskisti del PSR, gli ex maoisti dell’UDP e i comunisti dissidenti di Politica XXI. Le cose sono andate altrimenti, un processo unitario si è messo in moto e ciò che di vivo nelle tre tradizioni c’era è diventato patrimonio comune. I dirigenti delle tre organizzazioni fondatrici hanno saputo rinunciare a parte delle loro identità, per costruire una nuova identità unitaria”. Oggi il Bloco è una forza popolare capace di parlare al grande pubblico, con percentuali elettorali ormai consolidate, seppur sconti ancora un radicamento territoriale insufficiente (lo si vede ad esempio nelle varie elezioni municipali). Il Bloco negli anni è riuscito ad uscire dal minoritarismo identitario tipico dell’estrema sinistra, senza però rinunciare ai suoi cavalli di battaglia, ed è oggi il partito portoghese che con più successo e radicalità unisce la lotta per i diritti civili (incentrati su antirazzismo, femminismo ed ecologismo) alle questioni sociali (quali redistribuzione della ricchezza, difesa della classe lavoratrice, diritto alla casa, nazionalizzazioni, stato sociale).

Secondo al Bloco in termini di forza, vi è lo storico Partido Comunista Português (PCP), in coalizione col piccolo partito ecologista PEV, in un cartello elettorale immutato dal 1987 e chiamato Coligação Democrática Unitária (CDU). La CDU soffre da anni di una tendenziale riduzione del suo elettorato, ma mantiene comunque il 6,46% dei voti a livello nazionale, con percentuali molto più alte in alcune zone a basso reddito del centro-sud del paese. È un partito in cui perdura una cultura poststaliniana che gli rende difficile entrare in sintonia con i settori più giovani e dinamici della popolazione. Ciononostante, sarebbe sbrigativo accomunarlo ad altri partito veterocomunisti europei, quali il KKE greco. In primo lungo perché si tratta di un partito genuinamente popolare (basta andare alla sua celebre Festa do Avante per rendersene conto), ancora ben radicato territorialmente. In secondo luogo perché presenta una concezione della lotta politica non massimalista ma da ‘guerra di posizione’ gramsciana, che gli ha permesso di interagire tanto col Bloco quanto col PS per l’ottenimento di conquiste parziali. Non a caso, lo slogan della CDU in quest’ultima campagna elettorale è stato "avanzare è necessario". In terzo luogo per l’acceso patriottismo rivendicato (“per una politica patriottica e di sinistra” è il motto ufficiale del PCP), imperniato sulla Rivoluzione dei Garofani quale ‘mito fondativo’ della nazione. Si tratta comunque di un patriottismo che convive tanto con una retorica internazionalista quanto con la difesa dei migranti (il PCP è stato anche a bordo della nave Lifeline).

Oltre al Bloco ed alla CDU, entrano in parlamento il PAN (3,28%) e Livre (1,09%). Il PAN, acronimo che sta per Persone-Animali-Natura, è una formazione animalista ed ecologista, formalmente slegata dalla divisione destra-sinistra. Capace di raccogliere voti in modo trasversale, è un partito che negli ultimi anni ha però appoggiato tutte le misure più a sinistra del governo socialista, in sintonia col Bloco e la CDU, ed ha contribuito a portare il tema ecologista nell’agenda politica del paese in un’ottica sociale e progressista. Livre (‘Libero’) è inv
ece un piccolo partito ecosocialista nato nel 2013 da una scissione del Bloco ed oggi alleato a livello internazionale con Varoufakis. A differenza di gran parte della sinistra radicale portoghese, che è ponderatamente euroscettica, Livre rivendica l’europeismo tra i suoi valori centrali.

In ultima analisi, la combinazione (ed il mutuo rispetto) di due forze diverse e strutturate come Bloco e PCP ha permesso alla sinistra portoghese di sperimentare negli ultimi anni un dinamismo che è introvabile in molti altri paesi europei. La forza del Bloco nel tenere insieme, ben saldi, i diritti civili e quelli economici ha impedito il diffondersi in Portogallo di mostri politici quali Diego Fusaro o il neoliberalismo progressista (due facce della stessa medaglia). Infine, il legame del PCP con le aree più povere del paese, insieme al suo patriottismo includente, ha arginato il diffondersi del nazionalismo di destra. Certo, il “modello portoghese” non va né mitizzato né semplificato, ma una riflessione sulle ragioni del suo successo non può che essere salutare per la sinistra italiana, ormai da troppi anni incapace di crescere politicamente.

@JacopoCustodi
(8 ottobre 2019)






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