Presidenziali Usa, chi controllerà il Congresso?

Fabrizio Tonello

Circola un vento di ottimismo tra i democratici americani, esasperati da quattro anni di dominio repubblicano e dalle quotidiane provocazioni di Trump. Una brezza che ha portato il serissimo FiveThirtyEight (un sito di analisi politica basato sui dati statistici) a pubblicare un articolo intitolato “What Would Democrats Do If They Controlled Congress And The White House?”. Un’analisi che stima addirittura al 72% le probabilità che, a gennaio, il partito dell’asinello controlli non solo la presidenza ma anche il Senato e la Camera, potendo finalmente iniziare a riparare i danni fatti dal clown al potere e dai suoi scherani.

Purtroppo le cose non sono così semplici.

Queste riflessioni si concentrano solo sul Congresso, supponendo che Biden effettivamente diventi presidente senza che ci sia una prolungata battaglia legale o addirittura un “golpe bianco” per far restare Trump alla Casa Bianca, un’eventualità del tutto possibile. A partire dal 3 novembre lo stress test per la democrazia americana sarà tremendo.

Supponendo che i sondaggi siano corretti (Biden ha avuto fin qui un vantaggio nelle intenzioni di voto fra i 5 e i 10 punti percentuali) e quindi che la presidenza torni ai democratici, cosa succederà in Congresso? La Camera, controllata dai democratici, dovrebbe restare nelle loro mani ed è anche possibile che la maggioranza di Nancy Pelosi aumenti di qualche seggio. Il problema è il Senato, senza il quale qualsiasi presidente ben poco può fare: per esempio tocca ai senatori approvare tutte le nomine di ministri, alti funzionari e giudici. Biden potrebbe perdere mesi solo per formare la sua amministrazione se i repubblicani facessero ostruzionismo su ogni nomina, come certamente farebbero. Potrebbero però perdere la maggioranza di cui godono, oggi 53 seggi contro 47.

I democratici dovrebbero guadagnare tre o quattro seggi per tornare maggioranza: ne basterebbero tre se il Senato fosse diviso esattamente 50-50 perché la costituzione prevede che in questo caso il vicepresidente in carica potrebbe far valere il suo voto e il vicepresidente sarebbe Kamala Harris. In ogni caso l’impresa non è facile.

Mentre Trump sembra aver disgustato una maggioranza degli americani con la sua gestione inetta dell’epidemia, i senatori repubblicani in carica da decenni hanno il vantaggio di essere ben conosciuti, possono talvolta vantarsi di aver fatto molto per il loro stato, di solito possono spendere quanto vogliono per la loro rielezione grazie a generosi donatori miliardari. Non è quindi impossibile che gli elettori di stati in bilico come Iowa, Maine, Colorado e Arizona votino per Biden presidente ma preferiscano il senatore repubblicano in carica a un democratico meno conosciuto.


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Gli esperti dell’università della Virginia guidati dal politologo Larry Sabato fanno queste previsioni: in Iowa potrebbero vincere i democratici e così pure in Maine, in Colorado e in Arizona. Sono 4 seggi, che porterebbero i democratici a 51 su 100. Purtroppo, il partito è quasi certamente destinato a perdere un seggio vinto per caso in Alabama grazie a un’elezione speciale in cui i repubblicani avevano schierato un candidato impresentabile, quindi si torna a 50. E il cinquantunesimo seggio, quello che permetterebbe di avere la maggioranza e di permettere a Biden di governare, dove sta? Si trova in North Carolina, nelle mani di un repubblicano a cui si oppone il candidato democratico Cal Cunningham, 47 anni, sposato, due figli adolescenti, militare nella riserva e faccia da bravo ragazzo.

Unico problema: il “bravo ragazzo” scriveva in chat all’amante: “Mi manchi… Ti ho sognata” e altri messaggini adolescenziali che sono diventati di dominio pubblico per la felicità dell’avversario repubblicano. Quindi, al momento le speranze dei democratici di conquistare la maggioranza anche in Senato sono appese alla chat del tenente colonnello in vena di romanticherie fuori tempo massimo, il che ci dice qualcosa sulla rappresentatività e sulla funzionalità del sistema politico americano (e comunque delle camere con un numero troppo basso di seggi, visto che l’Italia ha scelto recentemente di ridurre il numero di senatori a 200).

È possibile che altri seggi del Senato considerati solidamente repubblicani quest’anno tornino in gioco: per esempio i democratici potrebbero vincere un seggio in Georgia, o in Alaska ma in entrambi i casi si tratta di long shot, di bersagli centrati solo se la dea Fortuna guida la freccia al bersaglio (in Georgia, a dire la verità, si vota per due seggi e in uno i democratici hanno buone possibilità). In questo momento l’ipotesi più probabile è che Biden diventi presidente ma il Senato rimanga controllato dai repubblicani, azzoppando la sua amministrazione fin dall’inizio. Prima di arrivarci, comunque, occorre vedere se il giorno dopo la chiusura dei seggi non inizierà una battaglia legale che potrebbe sfociare in scontri armati: le milizie suprematiste fedeli a Trump sono pronte a tutto.

(26 ottobre 2020)





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