Prestito patriottico o emissione di titoli fiscali “quasi moneta”?

Enrico Grazzini

Macron vuole gli Eurobond e Conte dice che l’Italia può farcela da sola. La partita è aperta. Se perdono, dilagherà in tutta Europa il nazionalismo di destra. Ma il “prestito patriottico” è fuffa, avrebbe esiti quasi certamente fallimentari sia sul piano economico che a livello politico. Meglio emettere Titoli di Sconto Fiscale.

La crisi del coronavirus rimescola tutte le carte. Per la prima volta dal Trattato di Maastricht si presenta un’occasione storica per l’Unione Europea e per l’Italia. La UE, costretta dalla crisi, suo malgrado può forse essere indotta dai governi francese, italiano e spagnolo a svoltare in senso cooperativo e solidaristico. La novità è che per la prima volta la Francia di Emmanuel Macron si schiera apertamente contro la Germania e il governo tedesco. I due paesi guida della UE sono uno contro l’altro. La strada è in salita, è anche possibile che Macron faccia marcia indietro, ma l’occasione non può essere sprecata. Il governo del premier Giuseppe Conte sta scommettendo quasi tutto su questa eventuale “rivoluzione” europea, che non è assolutamente detto che si realizzi, ma che per la prima volta, almeno in parte, potrebbe davvero avverarsi. La partita è aperta.

Sarebbe stupido e vile se il governo Conte non ci puntasse, soprattutto perché ha tre carte forti da giocare nelle imminenti trattative dell’Eurogruppo: la prima carta, la più importante si chiama Emmanuel Macron; la seconda porta il nome di Christine Lagarde, la presidente della Banca Centrale Europea. La terza carta potrebbe essere quella di creare in Italia titoli fiscali “quasi moneta” per mantenere l’impegno che “l’Italia può farcela anche da sola”. È infatti difficile che Conte possa trovare i soldi necessari per rilanciare l’economia con un “prestito patriottico”, come propongono quasi all’unisono personalità molto diverse come Giovanni Bazoli, Matteo Salvini, Mario Monti, Ferruccio de Bortoli e Giulio Tremonti.

Il Presidente francese è stato drastico nella sua recentissima intervista al Financial Times[1]: parlando solennemente dal Palazzo dell’Eliseo Macron ha affermato che di fronte al coronavirus “non c’è altra scelta che istituire un fondo che possa emettere debito comune con una garanzia comune per finanziare gli Stati membri in base alle loro esigenze piuttosto che alle dimensioni del loro economie”. Macron vuole realizzare un fondo europeo di solidarietà formalmente “temporaneo” (possibilmente del valore di almeno 400 miliardi di euro) contro la crisi economica e sanitaria provocata dal Coronavirus. Buona parte dei titoli sarebbero comprati dalla BCE emettendo nuova moneta (quindi a costo zero per i contribuenti europei). Così però Macron va allo scontro diretto con Germania, Paesi Bassi e gli altri ricchi paesi rigoristi del Nord Europa.

Macron, Conte e Pedro Sanchez, il leader spagnolo, hanno capito benissimo che nell’eurozona, a causa della gravissima crisi sanitaria, economica e finanziaria, la lotta è per la vita o la morte.

È il momento della verità” ha dichiarato il presidente francese ex banchiere. “Bisogna comprendere che o l’Europa diventa qualcosa di più di un semplice mercato comune oppure i movimenti nazionalistici di destra arriveranno al governo, in Italia, in Spagna, forse in Francia e negli altri paesi europei”.

I debiti pubblici da sostenere in Europa saliranno alle stelle. Le spese che gli stati dovranno sostenere per affrontare la crisi sanitaria e per riparare i danni arrecati all’economia dalle fermate produttive saranno altissime: per gli stati la nuova normalità sarà quella di avere un debito pubblico pari a circa il 150% del Pil[2]. È difficile che i mercati potranno reggere questa onda d’urto. Occorrerebbe che la BCE, formalmente o di fatto, monetizzasse i debiti pubblici: ovvero creare nuova moneta per abbattere la marea crescente di deficit pubblici e contrastare la speculazione che potrebbe spaccare l’eurozona[3].

Poiché non è chiaro per quanto tempo dureranno i blocchi della produzione, gli analisti hanno difficoltà a prevedere il debito e il PIL. Tuttavia, Goldman Sachs ha previsto che il rapporto debito/PIL dell’Italia quest’anno salirà al 161%. Il Pil italiano potrebbe cadere del 10%. La banca d’investimento prevede che Francia e Spagna supereranno il 100% di debito su PIL.

La Francia ha infatti già raggiunto un debito pubblico del 100% sul PIL e il suo debito è destinato rapidamente a schizzare verso l’alto, come quello italiano. Le grandi banche francesi, che finora hanno guadagnato enormi somme con l’euro, potrebbero facilmente cadere in crisi profonda.

Germania e Olanda si sentono al sicuro perché hanno un debito pubblico intorno al 60%. Soprattutto i paesi più ricchi del nord Europa vogliono continuare a guadagnare dallo spread[4]. Il meccanismo dell’euro è micidiale: più avanza la crisi e più i capitali fuggono verso i “porti sicuri” cioè la Germania, l’Olanda e i Paesi del nord Europa. Così loro possono indebitarsi a prezzi bassissimi e l’Italia e gli altri Paesi del Sud a prezzi sempre più alti. Con la crescita dello spread anche l’euro potrebbe spaccarsi.

Macron e Conte (con il sostegno autorevolissimo del Presidente italiano Sergio Mattarella) non sono soli a condurre questa difficile battaglia contro i miopi interessi economici e nazionalistici dei Paesi del nord Europa. Macron non ha solo l’appoggio dell’Italia e della Spagna ma anche di altri sei paesi europei: Portogallo, Belgio, Irlanda, Grecia, Lussemburgo e Slovenia. Ha anche e soprattutto l’appoggio pressoché incondizionato della BCE di Christine Lagarde.

Macron si è assicurato il potere sull’unica istituzione europea che veramente conta, forse più del Bundestag: quella che emette la moneta comune. “Il consiglio direttivo della Bce è impegnato a fare qualunque cosa necessaria, nel suo mandato, per aiutare l’Eurozona a uscire da questa crisi”. Così ha affermato Christine Lagarde nel suo recentissimo discorso del 16 aprile alla riunione ‘virtuale’ del Fmi. “La Bce – ha detto – è pronta ad aumentare le dimensioni dei suoi programmi di acquisti titoli e aggiustare la loro composizione, nella misura necessaria e per tutti il tempo necessario e a valutare ogni azione e ogni contingenza”.

Alla BCE dalla parte di Macron non c’è solo la presidente francese Christine Lagarde: nel comitato esecutivo della banca tre membri su cinque sono a suo favore. Uno è spagnolo, uno del Lussemburgo, un altro è l’italiano Fabio Panetta; sull’altra sponda c’è la rappresentante tedesca e quello dell’Irlanda.

Eppure stampare soldi non costa nulla alla BCE dal momento che la moneta fiat è fatta solo di bit e non è una risorsa scarsa ma un bene artificiale incrementabile a piacere. È quindi falso che i contribuenti tedeschi dovrebbero pagare i nostri debiti. Il problema è piuttosto che con la fuga di capitali noi paghiamo i debiti del nord Europa. Se la BCE potesse stampare soldi ci guadagnerebbero tutti e nessuno in Europa perderebbe nulla. Ma non si può per l’opposizione interessata e miope del governo tedesco (finora).

Che cosa accadrà nessuno può saperlo. Molto dipende da quello che Angela Merkel riuscirà a combinare all’interno del parlamen
to tedesco. Personalmente tuttavia non credo che la Merkel voglia passare alla storia come l’esponente politico che è riuscito a disgregare completamente l’Unione Europea. Credo che alla fine tenterà di trovare una soluzione di compromesso.

Non credo che la Germania non possa procedere da sola senza un’alleanza con la Francia, che non è solo una potenza finanziaria ed economica ma che è anche l’unico paese dell’eurozona a detenere un arsenale atomico di deterrenza ed ha forze militari di pronto intervento all’estero. La Francia è indispensabile per la costituzione di un esercito europeo.

Se Macron e Conte perdono, dilagherà in tutta Europa il nazionalismo di destra

Macron sa che, se la crisi europea non verrà superata, è facile che la sua principale avversaria, Marine Le Pen, possa vincere le prossime elezioni. Se l’Europa non avvierà iniziative al livello necessario per superare la crisi, laUE perderà ogni legittimità nei confronti dei cittadini europei e l’onda grigia dei partiti ultra-nazionalisti e sciovinisti di destra sommergerà i paesi europei, Italia compresa.

Non a caso Mario Draghi in un suo recente intervento sulla necessità di sostenere la rapida crescita dei debiti pubblici, ha evocato gli anni ‘20 del secolo scorso, quelli che portarono al fascismo e al nazismo[5]. In Italia Matteo Salvini e Giorgia Meloni sono pronti ad andare a nuove elezioni sull’onda anti-europea per tentare di abolire la repubblica parlamentare e instaurare una repubblica presidenziale che dia a loro i “pieni poteri”.

Il dibattito provinciale sul MES

I nostri più accrediti politologi, a parte pochi, come Sergio Fabbrini sulle colonne del Sole 24 Ore[6], guardano il dito ma non vedono la luna. In maniera per la verità un po’ provinciale si accaniscono a discutere dei problemi del governo Conte diviso sul famigerato MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità. Gli amici della destra guidata da Salvini e Meloni puntano il dito contro “il fallimento” dell’ultima riunione dei ministri europei delle finanze e il “tradimento” di Conte. Sulle colonne del Sole 24 Ore la politologa Lina Palmerini si accanisce sulle divisioni tra il PD, che come sempre è molto incline a subire le decisioni di Berlino-Bruxelles, e i 5 Stelle che non vogliono neppure sentire la parola MES. In realtà il vero problema è altrove.

Sembra che i nostri eminenti politologi non si accorgano che l’alleanza con Macron, Lagarde e Sanchez è la vera carta potenzialmente vincente di Giuseppe Conte nelle sue trattative europee. Conte non solo ha – almeno per ora – scavalcato il MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità, ma ha costruito un’alleanza strategica con Macron che i “sovranisti” di Matteo Salvini neppure potrebbero concepire.

Prestito patriottico o emissione di titoli fiscali “quasi moneta”?

Grazie all’intelligente alleanza con Macron e Sanchez, Conte ha il merito di avere fatto sentire, praticamente per la prima volta, la voce chiara e forte del governo italiano a favore degli interessi nazionali. I governi del passato, sia di centrodestra che di centrosinistra, si sono sempre inginocchiati di fronte a Bruxelles, a Berlino e a Francoforte. Il suo governo finora no!

Conte ha fatto però una affermazione molto impegnativa, che deve ancora chiarire. “L’Italia è in grado di fare da sola”. In effetti sia che gli eurobond vengano almeno parzialmente accettati sia che vengano respinti, l’Italia deve comunque recuperare rapidamente decine di miliardi per affrontare gli ingenti costi della crisi e la competizione internazionale.

Con o senza gli eurobond occorre “creare moneta” il più presto possibile ovvero, con la metafora di John Maynard Keynes, bisogna “estrarre soldi gratis dalle miniere di moneta” da immettere nell’economia reale. I soldi sono indispensabili per la ripresa. Molti propongono di coprire la forte crescita del debito pubblico nazionale con i risparmi degli italiani. Molti temono o invece pretendono la tassa patrimoniale, ma qualsiasi governo che la proporrà cadrà il giorno dopo.

L’ex banchiere Giovanni Bazoli, il fondatore di Intesa Sanpaolo, ha recentemente sottolineato sulle colonne del Corriere della Sera che “abbiamo un anomalo rapporto tra grande debito pubblico ed enorme ricchezza privata: 4.374 miliardi di attività finanziarie delle famiglie (contro 926 miliardi di passività), 1.840 miliardi di attività finanziarie delle società non finanziarie; contro 2.409 miliardi di debito pubblico. Penso a un grande prestito non forzoso, finanziato dagli italiani e garantito dai beni dello Stato. Ne hanno scritto Ferruccio de Bortoli e Giulio Tremonti[7].

Anche Salvini vuole “il prestito patriottico” con esenzione fiscale perpetua. Il problema è che ben difficilmente gli italiani correranno in massa a sottoscriverlo. Il prestito dovrebbe presentare vantaggi sostanziali (e difficilmente l’esenzione fiscale sarà sufficiente). Inoltre dovrebbe essere garantito. Bisognerebbe che lo stato lo coprisse con i suoi beni immobiliari, ma questi sono in mano agli enti locali e l’esproprio a favore del governo centrale – ammesso e non concesso che si possa fare – comporterebbe anni. Troppo poco e troppo tardi.

L’unica soluzione possibile è quella di emettere Titoli di Sconto Fiscale e di distribuirli alle famiglie, alle imprese e agli enti pubblici[8]. Grazie ai TSF l’economia potrebbe ricominciare a correre. I TSF rivitalizzerebbero la domanda aggregata (consumi, investimenti, spesa pubblica) senza procurare aumenti di deficit, e avrebbero l’enorme vantaggio di essere completamente compatibili con le regole dell’eurozona, di venire accettati dalla BCE, e quindi dalle banche e dai mercati finanziari.

L’emissione di Titoli di Sconto Fiscale garantirebbe l’appoggio e l’entusiasmo dell’intera comunità nazionale. Mentre un’operazione di prelievo più o meno forzoso per finanziare patriotticamente i titoli di debito nazionale avrebbe esiti assai più incerti, quasi certamente fallimentari, sia sul piano economico che a livello politico.

NOTE
[1] Emmanuel Macron, intervista al Financial Times “Macron warns of EU unravelling unless it embraces financial solidarity”, 16 aprile 2020 
[2] Reuters, 26 marzo 2020 “Breakingviews – Why 150% is the new 100% for public debt/GDP“ 
[3] Micromega “: Enrico Grazzini, Micromega: ““ 
[4] Micromega, Enrico Grazzini ““ 
[5] Financial Times, Mario Draghi: “We face a war against coronavirus and must mobilise accordingly” . Marzo 25 Nell’articolo Draghi ha scritto: “The loss of income is not the fault of any of those who suffer from it. The cost of hesitation may be irreversible. The memory of the sufferings of Europeans in the 1920s is enough of a cautionary tale.”
[6] Sole 24 Ore, Sergio Fabbrini, “Al summit di aprile la Ue si gioca tutto” 12 aprile 2020
[7] Corriere della Sera, Giovanni Bazoli, intervista di Aldo Cazzullo “Coronavirus, Bazoli: «In guerra eravamo nascosti ma sapevamo chi era il nemico», 4 aprile 2020
[8] Enrico Grazzini, Micromega: ““; e ““

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