Sulla prostituzione errori e ipocrisie
In questi giorni, per effetto del ddl del Ministro delle Pari Opportunità Mara Carfagna, è iniziata una vera e propria caccia alle streghe nei confronti di tutti coloro che esercitano il meretricio nei luoghi pubblici.
Non entro nel merito di questo provvedimento. Mi limito ad analizzare i possibili effetti che detto ddl produrrà nel nostro contesto sociale.
Nutro seri dubbi sulla sua efficacia. Appare evidente, infatti, che il Ministro Carfagna non vuole eliminare il fenomeno della prostituzione. Vuole, molto più semplicemente, far diminuire la sua percezione sociale e nascondere sotto il tappeto, come si fa con la polvere, le decine di migliaia di ragazze vittime di questo racket. Le vuole rendere fisicamente invisibili. Da parte delle istituzioni non vi è alcuna volontà di debellare questa forma di reato, se non quella di celarne ogni variabile espressiva agli occhi dei cosiddetti perbenisti della prima e dell’ultima ora.
Ipocriti e benpensanti (forse gli stessi che sovente, di nascosto, non disdegnano fugaci rendez-vous con graziose signorine da marciapiede) saranno così accontentati.
Molto presto, magari, non vedremo più alcuna prostituta esercitare il proprio mestiere sull’asfalto grigio delle nostre città. In quel preciso momento, sono certo che molti saranno pronti a tessere le lodi al Ministro Carfagna per il lavoro svolto.
I più attenti però non avranno particolare difficoltà a notare che la prostituzione non sarà affatto diminuita. Sarà soltanto migrata verso altri lidi: dalle strade alle case (tralascio volutamente tutte quelle forme di prostituzione “nascosta”, già oggi esercitata in fantomatici centri-relax da prodighe massaggiatrici, nelle discoteche e nei clubs privè da generose ballerine, da intrepide escort presenti su internet e da onnipresenti accompagnatrici care ormai a numerosi quotidiani nazionali).
Adolescenti, ragazze e donne mature che, sfruttate dal racket, portate a forza nel nostro Paese, ricattate, malmenate e costrette a vendere il proprio corpo sui marciapiedi della nostra italica penisola, saranno ora posizionate all’interno di anonime e tranquille abitazioni, pronte ancora una volta ad assecondare le recondite voglie degli avventori più “affezionati”.
Se prima avevano pochissime possibilità di salvarsi e liberarsi da questa condizione inumana di schiavitù (perlomeno la strada portava loro visibilità, il loro disagio era socialmente percepibile), ora ne avranno ancora meno. Cliente di turno a parte, chi si ricorderà di loro?
Viviamo un momento storico particolare: pur abitando l’interno di un mondo globalizzato, che ha annullato ogni distanza spazio/temporale, ognuno di noi è solo.
Alla mondializzazione della sfera politica ed economica, non ha fatto seguito una universalizzazione dei sentimenti. Oggi siamo soli davanti a noi stessi, chiusi nei nostri fortini ideologici, prigionieri dei nostri retaggi culturali. Questa deriva era stata ampiamente annunciata, nei secoli precedenti, da sociologi di diverse correnti di pensiero, ma è dentro questo periodo storico che ha preso forma e sostanza.
L’avvento di politiche neo-liberiste, la perdita di potere degli Stati, la crisi del welfare, la nascita di un capitalismo selvaggio, la presenza di un sistema mediatico sempre più pervasivo ed invasivo, hanno portato ad una revisione culturale del concetto di “solidarietà”, sentimento sempre più in contraddizione con i meccanismi e le dinamiche di funzionamento della società moderna.
E allora poco importa se questo mercato coatto del corpo umano, basato sullo sfruttamento e sulla mercificazione del piacere, continuerà ad esistere “indoor”, l’importante è che le strade siano libere e che le coscienze siano pulite. Occhio non vede, cuore non duole.
Ma alcuni giorni fa, sfogliando per sbaglio le pagine di un noto settimanale, sono venuto a conoscenza di una strana e imbarazzante notizia: tale Raffaella Fico, ragazza oggettivamente carina, di sana e robusta costituzione, ex concorrente dell’ultima edizione del Grande Fratello (il che la dice lunga sulle capacità psico-cognitive della suddetta), si dice pronta ad offrire la propria verginità in cambio della modica cifra di un milione di euro. Di questo annuncio, poi, ho trovato ampia conferma in alcuni programmi televisivi e su moltissime pagine web.
A questo punto Vi chiedo: non è prostituzione questa? A me sembrerebbe proprio di sì; e lo è addirittura in una forma più pericolosa e subdola di quella cosiddetta convenzionale. Sapete perché? Perché la tv e i media in generale, sono oggi un modello culturale: sono entrati di prepotenza all’interno dei processi educativi e di formazione degli individui, plasmandone le coscienze. Hanno reso debole l’influenza delle agenzie primarie, sostituendosi alla famiglia e alla scuola, riuscendo a svolgere anche una funzione pedagogica. Già quarant’anni fa, un certo signore che rispondeva al nome di Pierpaolo Pasolini, criticava aspramente i media di massa e i loro effetti sulla collettività.
Oggi l’omologazione culturale è ormai più di un semplice rischio e il pericolo dello svilupparsi di dinamiche emulative è molto alto. Il fenomeno non è affatto da sottovalutare. Noi, purtroppo, siamo ciò che vediamo. Ci percepiamo come il sistema mediatico vuole farci credere che siamo: un popolo di veline, tronisti e amici di Maria (De Filippi).
Nel nostro caso, allora, perché questa “prostituta dell’alta borghesia” non è stata invitata a tacere e non è stata multata o denunciata (secondo quanto recita il discutibile ddl della Carfagna) per istigazione alla prostituzione? Perché nessuno ha detto niente? Perché nessuno si è scandalizzato?
E invece tutt’altro: la stampa e la tv hanno dato ampia visibilità a questo appello (chiamiamolo così), non facendo altro che legittimare la richiesta di questa fanciulla dalla dubbia moralità che, invece di cercarsi un lavoro come tutti i comuni mortali, si dichiara fieramente pronta ad allargare per la prima volta le gambe al miglior offerente.
Purtroppo questa, oggi, è la società in cui viviamo: ipocrita, perbenista, marcia e contraddittoria.
Da una parte le istituzioni colpiscono e stigmatizzano l’atavica figura della prostituta, quella sfruttata e costretta dalle organizzazioni criminali ad esercitare sui marciapiedi la professione più antica del mondo;
dall’altra invece il sistema mediatico, sempre più braccio armato del potere, esalta e dà voce agli insensati appelli di una sedicente e amorale starlet televisiva che per un milione di euro sarebbe pronta a svendere i suoi valori.
Vergognamoci tutti.
Marco Filippi
(1 ottobre 2008)
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