Quale opposizione?

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C’è la concreta possibilità che il centrodestra (questo nostro pessimo centrodestra!) occupi tutte le posizioni di governo, a tutti i livelli, vincendo tutte le elezioni dei prossimi anni. Berlusconi e i suoi affiliati, da lui nominati direttamente o indirettamente, minacciano di prendere tutto, compresa la carica di Presidente della Repubblica. Una iattura.
C’è la necessità di organizzare un’efficace opposizione democratica, che utilizzi tutti i mezzi e le energie a disposizione. Non è possibile farlo né con il Pd, per come si è avviato, né con un ritorno a formule del passato, con improbabili accozzaglie di alleati.
C’è bisogno di guardare avanti, nella consapevolezza che prima o poi tutto
il panorama politico cambierà. Abbastanza presto, se non altro per ragioni anagrafiche e raggiunti limiti di età di molti protagonisti. È assurdo, altra anomalia italiana, che almeno da un ventennio sono sempre gli stessi a calcare la scena, almeno quella limitata del piccolo schermo, intervistatori e intervistati.
C’è chi invecchia, anche tra i politici spuntano chieriche e capelli bianchi, tranne per qualcuno che miracolosamente ne ha sempre di più e sempre più neri. Esce qualche ruga, ma le facce sono sempre le stesse. E soprattutto le teste sono sempre quelle, col relativo contenuto, in un mondo che cambia in gran fretta e necessita di energie vitali. È come se negli Usa l’attuale profonda crisi economica la dovesse affrontare ancora, di nuovo, il vecchio Bush padre.
C’è chi pensa che l’opposizione per crescere dovrebbe sfondare al centro, cercare di catturare i moderati e smettere di “demonizzare” Berlusconi.
Ricetta vecchia e perdente. Era l’idea di D’Alema, già prima della bicamerale, e anche Veltroni ci ha provato, scegliendo di non nominare mai nell’ultima campagna elettorale “il maggior esponente dello schieramento a noi avverso”. Incomprensibile. E come si fa a non considerare il padrone di governo, parlamento, tv, case editrici, cinema, musica, calcio, banche, assicurazioni e chi più ne ha più ne metta?
C’è chi s’è bevuto che i moderati sono i berluscones, tipo Ferrara o Sgarbi, Feltri o Belpietro; i neo fascisti, tipo Gasparri o La Russa; i leghisti, tipo Bossi, Calderoli o Borghezio. Certo, non gli possiamo contrapporre i Caruso o i Paolo Cento. C’è bisogno di una classe dirigente moderna, misurata, competente, credibile. Ci vuole una grande mobilitazione di gente che, al di là di sigle e schieramenti, prenda in considerazione i dati della realtà, quella attuale, si faccia interprete della società, quella vera, affronti con fiducia e positività le sfide future.
C’è chi pensa che l’Italia sia tarata da vizi antichi, chi parla dell’eterno fascismo che riemerge sempre dopo brevi parentesi di crescita civile. È una visione pessimistica e rassegnata, che trova una continuità tra l’indolenza degli staterelli pre-moderni e i ritardi ottocenteschi, l’unità nazionale abortita e la ricaduta nel totalitarismo fascista, l’inattuazione della Costituzione e la stagione delle stragi di Stato, fino al berlusconismo che riabilita i corrotti dopo Mani pulite. Il filo nero che lega Mussolini a Craxi e Berlusconi, secondo l’analisi di Tommaso Fattori.
C’è bisogno di ottimismo, in ogni caso. Non credo che il blocco sociale attualmente dominante sia incrollabile. Berlusconi ammicca alla parte peggiore del carattere nazionale, bigotto e corporativo, malato di familismo e campanilismo, di chi vuole arricchire senza scrupoli e restare impunito, a forza di sanatorie e condoni, allergico alle regole e alle tasse, intollerante verso immigrati e diversi.
C’è urgenza, al contrario, come diceva Curzio Maltese qualche tempo fa su Micromega, di dare una compiuta rappresentanza a quella parte della società che non evade le tasse, è sinceramente democratica e legata alla legalità, alla onestà, alla sobrietà, si sente modernamente laica ed europea, vorrebbe più servizi, innovazione, cultura, pari opportunità.
C’è chi, come D’Alema e tanti altri, parla di “minoranza strutturale”. Io non credo che sia così minoritario parlare di sanità, scuola e servizi pubblici, per renderli più efficienti, difesa dei principi e valori della Costituzione, ampiamente legittimati dall’ ultimo referendum, di sana e ragionevole laicità: quanti, messi serenamente e razionalmente di fronte a casi gravissimi come quello della Englaro, non concordano che si debba solo adottare un rispettoso silenzio nei confronti delle scelte dei medicie dei familiari. Facendo fare un passo indietro a certa politica sguaiata e sbraitante.

Giovanni Iacomini



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